A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema, Osservatorio Fondazione Prada, Milano. Ph Piercarlo Quecchia – DSL Studio Courtesy Fondazione Prada
All’Osservatorio di Fondazione Prada a Milano è visitabile fino all’8 settembre 2025 la mostra A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema, un percorso espositivo che esplora l’invisibile, cioè il processo creativo che sta dietro alla realizzazione di un prodotto cinematografico.
La mostra, curata da Melissa Harris, raccoglie una moltitudine di materiali, spesso di difficile visione, tra storyboard, moodboard, schizzi, note e fotografie, offrendo un progetto che si sviluppa attraverso più di cinquanta autori, dai pionieri del cinema come Georges Méliès fino ai contemporanei come Wes Anderson.
Come si fissa una storia? Come si dà forma ai sogni su pellicola? Quando i materiali di lavoro diventano vere e proprie opere indipendenti? L’esposizione analizza l’evoluzione dello storyboard, da semplice supporto creativo ad elemento essenziale per la narrazione e per plasmare l’idea in film, capace di monitorare il ritmo di una scena e la struttura di un’inquadratura.
A Kind of Language: Storyboards and Other Renderings for Cinema è una mostra ampia, un archivio del dietro le quinte che presenta opere che spaziano dal classico Fantasia (1940) ai film di Ingmar Bergman, Sofia Coppola e Christopher Nolan.
Percorrendo la mostra, uno degli aspetti più interessanti è sicuramente la sua impostazione spaziale con l’allestimento, curato dallo studio berlinese Sub, che trasforma lo spazio in una sorta di laboratorio cinematografico, in un paesaggio del tecnigrafo.
Ecco allora che dei piani inclinati scandiscono lo spazio, danno forma agli ipotetici tavoli da lavoro dove i registi, i disegnatori e gli autori creano quella specifica sequenza di frame. Come dei coni ottici, i piani tagliano lo spazio, lo porzionano e lo semplificano, rendendo la mostra stessa uno storyboard, un susseguirsi di ritagli di ciò che spesso non è visibile.
Qui gli storyboard diventano un filo conduttore tra l’idea e l’immagine finale, dove è possibile vedere anche i diversi processi creativi che hanno portato alla genesi del film che noi conosciamo. Ecco allora che è possibile vedere le tavole colorate, ricche di particolari e forme dei classici Disney, oppure gli schizzi veloci, accostati da note scritte a mano, tendente all’illeggibile, di Pasolini, oppure la minuzia di dettagli e note che si trovano nello storyboard de Il ragazzo e l’airone di Miyazaki.
La mostra, dal forte carattere archivistico, non si limita alla pura esposizione di materiali, ma crea connessioni tra cinema, arte e geografie in movimento. Vengono messe in evidenza le differenze tra i metodi, le ossessioni, la rigidità e il flusso creativo che ogni film, o meglio ogni regista, possiede. Così opere filmiche nascono da schizzi veloci e confusi, dove la penna si mischia alla matita e le parole diventano suggerimenti, oppure dal rigore della sequenza immaginata, dai tagli visivi, dai movimenti delle mani già dettagliate tra le pagine di note presenti nello storyboard.
In mostra sono presenti gli schizzi di Federico Fellini per Amarcord e gli storyboard di Charlie Chaplin per Il grande dittatore; oppure i fogli di Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, e le idee visive per l’Orlando di Sally Potter e molti altri ancora. A Kind of Language è un’esperienza dell’invisibile, un tentativo costato due anni di ricerca che dà onore a quei materiali tecnici, alcune volte calpestati, strappati o macchiati, che hanno reso tangibile ciò che noi siamo abituati a vedere sullo schermo. La mostra racconta come lo storyboard sia un linguaggio in continua evoluzione, intimo, personale, capace di trasmettere emozioni e visioni prima ancora che la macchina cinematografica entri in funzione.
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