Veduta della mostra “Who the Bær” di Simon Fujiwara, Fondazione Prada, Milano, Foto: Andrea Rossetti, Courtesy: Fondazione Prada
Nel Podium della Fondazione Prada a Milano, Simon Fujiwara (Londra, 1982) ha creato un labirinto di cartone e materiali riciclati, un mondo fatto di collage, disegni, sculture e video, il cui protagonista è Who: un* ors*, così descritto poiché Who non ha un’identità definita. Tema centrale della mostra è l’indagine della moltitudine di elementi che costituiscono l’espressione di sé dell’ors*, e per estensione di tutti gli individui.
Le pareti curve dell’installazione creano, in pianta, la sagoma dell’ors* ed invitano a seguire, curva dopo curva, la storia di Who attraverso una narrazione tridimensionale e multimediale. La mostra si apre con un grande libro di favole che riassume i temi trattati all suo interno, come un trailer di ciò che attende il visitatore lungo tutto il percorso, che ha inizio con la nascita del protagonista: la prima bozza. In questa sezione Who, cartoonesco personaggio per bambini, è ancora un disegno incompiuto, è l’archetipo dell’infanzia e di tutto ciò che ancora deve crescere ed evolvere. Qui Fujiwara sposta la narrazione da favolistica a contemporanea: il personaggio, infatti, non può essere slegato dalle logiche capitalistiche del mondo odierno, non è solo un disegno ma anche creazione di un brand, che ricorda Walt Disney e del suo impero. Quello che sembrava l’inizio felice di una favola è realmente la raffigurazione delle assurde logiche contemporanee e della distopia dell’ipercapitalismo. Questo il dualismo sottotraccia di tutta l’esposizione.
Collocata al centro segue la sezione più importante, riguardo l’identità sessuale e di genere. Collage e immagini, in cornici azzurre per il maschile e rosa per il femminile, mischiano elementi infantili e immagini falliche, schizzi a matita colorata e parole stereotipate sui due generi. “Attraverso la lente di Who the Bær gli stereotipi sono al contempo preservati e rovesciati”, l’estetica innocente e spontanea si scontra con immagini esplicite per creare un glitch cognitivo, una riflessione sul bombardamento visivo e mediatico a cui si è sottoposti, soprattutto attraverso i social media. Ed è proprio accanto che si trova la scultura Who’s in the Mirror?, lo specchio, icona delle più note fiabe, è esautorato dalla sua funzione riflettente e, al posto di specchiarvisi, lo spettatore viene accolto dalle domande fondanti sulla sua identità: Who is Who? – tradotto – Chi è chi?
Attorno a questo nucleo centrale ruotano, come satelliti, altre sezioni minori dedicate allo schieramento politico e al credo religioso. Nella prima, come in un universo parallelo, il Whoniverse, viene rappresentata la grottesca campagna elettorale -colori repubblicani e democratici – di Who, candidato a presidente. Nella seconda, una cattedrale in legno, all’interno della quale troneggia un grande punto di domanda, è sovrastata da una riproduzioni di iconografie bibliche dalle sembianze di orso, come la riproduzione della Pietà di Michelangelo, fino a culminare con la crocifissione di Who The Bær.
Il lavoro di Fujiwara è denso e complesso, tratta una moltitudine di temi che riflettono la capacità odierna di costruire identità e narrazioni. Grazie all’essere essere indefinito e malleabile di Who, è possibile la creazione di un mondo di totale libertà, un universo aristotelico in potenza.
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