Beya Rebai, Senza Titolo 2, 2023, pastelli a olio su carta, 14 x 21 cm
Rapidi ritratti di elementi vegetali, piante in vaso, alberi e arbusti selvatici, come il diario di un viaggio sentimentale che riporta impressioni e ricordi fugaci, emozioni fresche e intatte, visioni alternate di pagine interiori ed esteriori. Così, su questa tenue superficie di incontro, dialogano le opere di Marco La Rocca e Beya Rebaï, in occasione di Flowers and something, la doppia personale a cura di Martina Corbetta e Chiara Pozzi, che inaugurerà il 29 settembre alla Galleria Martina Corbetta a Giussano, in via Milano 98.
Nato a Sapri, nel 1991, La Rocca lavora sul limite della pittura, intesa come un processo di comprensione e rappresentazione dell’esistenza. «Per lui dipingere significa spingere oltre le nozioni di rappresentazione o astrazione e sintonizzare sentimenti ed emozioni. Il suo lavoro desidera tracciare i modi in cui osserva il mondo», spiegano dalla Galleria. Solitamente lavora su tela con olio e acrilico, spray e aerografo ma anche colori subcristallini su ceramica, materiale a lui caro che gli permette di collaborare con un maestro artigiano molto stimato. Nelle sue opere risuonano i principi ispiratori dei grandi maestri della natura morta, il genere per eccellenza incentrato sul concetto del tempo, da De Pisis e Matisse ai contemporanei, come Tursic & Millet. Il suo metodo si svolge come un rito: ogni mattina, alle 6, nel suo studio al buio, aiutato dalla luce di un proiettore, dipinge mazzi e vasi. Nessun bozzetto, nessun gesto o intenzione precedono il lavoro mattutino, l’artista decide questa condizione come fatto imprevedibile. La quotidianità è composta da incognite e mistero, che generano desiderio di sapere, di conoscenza di sé e dell’altro, inteso come tutto ciò che ci circonda.
Beya Rebaï è nata a Parigi, nel 1995, e le sue opere derivano da una ricerca in movimento. I suoi viaggi sono sempre accompagnati da taccuino e pastelli, con i quali disegna tutto ciò che osserva. Scene di vita quotidiana, una donna al bar, un mazzo di fiori, la grazia delle montagne, tutto è un pretesto per disegnare. Idealmente vicina ai modi bidimensionali e alle campiture pure, amate dai post impressionisti Nabis, per Rebaï, la natura e il suo afflato rivestono un ruolo di fondamentale importanza. Le sue opere, realizzate nella limitata palette di pastelli a cera tipica dell’artista, sono una figurazione carica di sfumature personali dei luoghi che la circondano. «Nelle sue opere, cultura e natura collimano e rendono tributo a madre natura come forza vivente, attraverso la quale siamo in grado di connetterci alla grandiosità dell’universo».
La mostra sarà visitabile fino al 30 novembre 2023.
Tempesta Gallery di Milano ospita, fino al 6 febbraio, "Pain of Pleasure", mostra collettiva che riunisce le ricerche di Christa…
Da Raffaello a Bernini, la mostra gratuita al Complesso di San Francesco racconta la visione rivoluzionaria di Scipione Borghese e…
Dal lutto reinventato di Idun-Tawiah alle regine popolari di Ferrero, fino alla ribellione delle donne iraniane secondo Moeini: il Photo…
Esce per Silvana Editoriale “Marina Previtali. Milano messa in opera”, volume curato da Lorenzo Valentino che restituisce un ritratto stratificato…
È stata commissionata da Madame Adélaïde, figlia di Luigi XV, sul finire del Settecento. Questo dicembre, è andata all’asta a…
Il MAAM di Roma è stato il primo museo abitato del mondo: attualmente quasi 200 persone convivono oltre 500 opere…