Umberto Manzo, Untitled, 2024. Courtesy l'artista e Studio Trisorio
Sosteneva Platone che ogni sapere è reminiscenza, ossia che tutto ciò che siamo oggi proviene dalla sedimentazione e sovrapposizione di cose che abbiamo appreso in un’altra vita, precedente a questa. Superando la dimensione ultraterrena del pensiero del filosofo greco, c’è molto del concetto platonico di memoria nell’ultima mostra di Umberto Manzo, ancora visitabile alla galleria Studio Trisorio di Napoli in queste festività natalizie. Nelle opere recenti, l’artista reinterpreta i suoi archivi della memoria: sovrapposizioni di disegni provenienti dal passato e poi incisi, al fine di tratteggiare profili di volti e sagome di oggetti per lui evocativi. Recuperando il pensiero Platonico nell’opera di Manzo, è possibile dire che esso gli restituisce una corporalità: l’elemento fisico – visibile e tangibile – è testimonianza (orma, traccia, cicatrice) di ciò che è avvenuto in passato e, sovrapponendosi agli altri elementi, compone con essi ciò che siamo adesso.
L’imprescindibilità fra corpo e memoria è, nella serie di opere esposte da Trisorio, resa nella sua massima espressione: materiali differenti – vetro, carta, tela, foglia oro – sono sovrapposti e successivamente scavati, strappati, tagliati e rimossi quasi crudelmente. Elementi mutuati dal mondo classico – come volti e corpi di donna provenienti dalla statuaria greca – diventano così citazioni formali dalla forte valenza estetica, ma anche simboli potenti della eterna contemporaneità che, nell’arte, fonde passato, presente e futuro.
Chi ha avuto modo di visitare, oltre a questa, la precedente personale di Umberto Manzo, ospitata dalla stessa galleria Trisorio nel 2018, ha avuto modo di notare un passaggio significativo: mentre nell’esposizione di sette anni fa l’artista enfatizzava la stratificazione con un approccio quasi “architettonico”, oggi ci troviamo al cospetto di un artista più maturo che, sebbene conservando una cifra stilistica da cui si sente ancora rappresentato, colma i diversi materiali di un valore simbolico e concettuale più delicato e ineffabile.
Il pubblico di Manzo ha quindi il compito di crescere con lui, di seguire i passaggi di una narrazione che da un’arte più figurativa – e affermativa – evolve a un’arte più concettuale – e interrogativa – che reinterpreta materiali conosciuti scoprendone un nuovo valore.
Fra tutte le felici collaborazioni che la galleria Trisorio intraprende con numerosi artisti ai vertici del panorama contemporaneo, quella con Umberto Manzo è forse oggi fra le più necessarie. Non solo perché fornisce un esempio di come un linguaggio artistico possa rinnovarsi mantenendo intatta la sua identità, ma anche perché pone un interrogativo importante su cosa forgia il gusto e gli interessi dello spettatore oggi e su quanto questi siano legati ai retaggi estetici e simbolici del passato.
La mostra sarà visitabile fino al 31 gennaio 2026.
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