«Istituito per la prima volta nel 1982 su iniziativa di Philippe Nordmann, il Premio Manor rappresenta uno dei riconoscimenti più prestigiosi e ambiti in Svizzera all’interno della scena artistica contemporanea», e, assegnato ogni due anni, si rivolge ad artisti con meno di quarant’anni, attivi nei diversi ambiti delle arti visive: la vincitrice dell’edizione 2020 è stata Marta Magnetti e fino al 14 febbraio 2021 il MASI Lugano – Museo d’arte della Svizzera italiana ospita la sua personale “e improvvisamente scossa da una forza“, a cura di Francesca Benini, interamente concepita per gli spazi della sede di Palazzo Reali, pensata in cinque ambienti nei quali l’artista, attraverso installazioni, si confronta con il tema dell’abitare.
Marta Margnetti (1989, Mendrisio) vive e lavora a Lugano, «ha conseguito la laurea triennale in Arti Visive presso l’Haute école d’art et de design di Ginevra e il master in Contemporary Arts Practice alla Hochschule der Künste di Berna. Dal 2013 al 2018 è stata co-fondatrice e co-direttrice dello spazio d’arte Sonnenstube di Lugano e dal 2018 è membro attivo del collettivo Spazio Morel Lugano. Le sue opere sono state premiate con il Kiefer Hablitzel Award (2017) ed esposte in numerose mostre collettive, tra le quali Beehave, Kunsthaus Baselland, Basel (2018); CARAVAN, Aargauer Kunsthaus, Aarau (2018); New Swiss Performance Now, Kunsthalle, Basel (2018) e < 30. XIII Giovane arte svizzera, Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano (2017)», ha ricordato il museo.
«In questo particolare anno, ha significato prima di tutto una sicurezza. Quando tutto è incerto, essere sicura di avere una mostra istituzionale mi ha aiutata a guardare avanti, ad avere un luogo da raggiungere, un punto sicuro nel futuro a cui mirare, anche nei momenti in cui stavo sperimentando rabbia, perdita o ansia. Inoltre, questo premio è ovviamente anche un importante segno di riconoscimento e fiducia verso ciò che ho fatto negli ultimi anni e uno stimolo ad andare avanti».
«Lavoro principalmente con la scultura e l’installazione, ma ho un background proveniente dalla pittura e dal disegno. Le mie sculture sono spesso bidimensionali e mi interessa osservare come possono abitare il volume vuoto dello spazio, prendendo il proprio posto, interagendo con le strutture esistenti e il corpo dello spettatore.
Utilizzo principalmente materiali che provengono dal settore edile, che hanno un carattere grezzo e resistente, come cemento, ferro, bronzo, legno, ceramica. Mi piace introdurre piccoli e fragili dettagli per bilanciare la rigidità delle strutture che creo, usando per esempio sapone, cera, fiori secchi, candele tremolanti, magneti, acqueforti, nodi, schegge di vetro, polvere. Cerco un equilibrio tra qualcosa di molto stabile e dettagli inafferrabili.
Cerco di avere una pratica abbastanza aperta da permettermi cambiamenti sia nelle tecniche che nei metodi. I risultati delle ricerche dipendono spesso da fattori esterni: cerco di capire il tipo di spazio espositivo e di pubblico o esigenze particolari nel mio territorio. Quando mi chiamano per esporre da qualche parte è importante visitare personalmente l’istituzione e, se ciò non è possibile, mi immagino lì e osservo come l’architettura influisce sul mio corpo. Mi chiedo se mi sento a mio agio e dove si annidano le tensioni maggiori. Può essere l’atmosfera del luogo stesso, un’insenatura nel muro, il tipo di luce. Recentemente ho iniziato a scrivere brevi scenari per introdurre le opere d’arte».
«Prima di tutto devo sicuramente spostare il mio studio in un posto nuovo, passando da un enorme garage a una stanza di 20 mq. Nei primi mesi del 2021 proseguirò con la stesura di questi scenari, banali ma intensi, che funzionano come un film di 30 secondi. A giugno esporrò ad Art Môtiers, poi probabilmente in un nuovo spazio esterno a Basilea e poi di nuovo all’aperto in un piccolo villaggio sul lago qui nella regione di Lugano. Ho anche intenzione di stampare un libro d’artista con alcuni amici».
Oltre alla personale di Marta Margentti, appena il pubblico potrà tornare al museo, troverà altre sette mostre:
• Beni Bischof, “Intensity Intensifies“, fino al 10 gennaio 2021
• Nora Turato, “That’s the Only Way I Can Come“, fino al 24 gennaio 2021
Si tratta di un’installazione luminosa che si può vedere solo dall’esterno del museo.
• “Hans Josephsohn“, fino al 21 febbraio 2021
• PAM Paolo Mazzuchelli, “Tra le ciglia“, fino al 28 marzo 2021
• Vincenzo Vicari Fotografo, “Il Ticino che cambia“, fino al 10 gennaio 2021, a Palazzo Reali
• La collezione (si consiglia di verficare sul sito del museo le date di apertura di questa sezione)
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