Nelle vedute marine di Carrà, raffiguranti i lidi sabbiosi dove solo i capanni solitari evocano la presenza umana, il pittore attinge al repertorio figurativo della pittura di Giotto e del primo Quattrocento per creare scenari immoti ed essenziali, dominati da forme semplificate che si staccano dalla realtà particolare per assumere un valore universale (Capanni al mare, 1941; Veduta di Coreglia, 1925; Riviera, 1953).
Analoghi valori si riscontrano nei vigorosi paesaggi montani di Mario Sironi, tutti articolati sulla forza delle forme, piuttosto che su quella del colore, e dotati di straordinaria monumentalità, nonostante le piccole dimensioni dei dipinti (Paesaggio dolomitico, 1934; Laghetto di montagna, 1928, Paesaggio). Le tonalità spente delle periferie industriali, soggetti tra i preferiti da Sironi, hanno il sopravvento sulla natura, che sembra porsi al servizio delle moderne esigenze dell’umanità
Accanto a questi dipinti contrastano le vedute dipinte da De Pisis (Veduta di Cannes, 1931; Paesaggio con cigno, 1947) brulicanti di vita, di colori, di luce, in grado di evocare il senso fuggevole del tempo e la labilità del presente.
Il mare è protagonista anche delle vedute di Virgilio Guidi, scoperto quando l’artista si recò a Venezia nel 1927 per insegnare all’Accademia di Belle Arti. Del lungo soggiorno veneziano rimangono struggenti vedute dei canali e dei monumenti veneziani (Ponte dell’Accademia, 1927; Giudecca, 1928), rese con una pittura che col passare degli anni si fa via via più sommaria ed essenziale fino a sfiorare esiti astratti (Marina di Terracina, 1948, Essenzialità del mare, 1952).
Irrorate di luce e colori, appaiono invece le vedute romane di Mario Mafai, cantore dei fasti barocchi e dei quartieri popolari di Roma (Paesaggio di Roma dal Pincio, 1937; Bozzetto di Roma con le cupole, 1935; Angolo di strada a Roma, 1940). La serie di splendide tele nelle quali sono illustrati gli sventramenti dei vecchi quartieri attuati per far posto ai nuovi spazi necessari alla retorica del potere, assumono oggi il valore di un documento storico (Demolizioni, 1937).
Altrettanto incisive e volte a rappresentare con spirito critico la realtà circostante appaiono gli scorci siciliani dipinti da Renato Guttuso, in uno straripare di colori che evocano il calore del sole del sud (Via Verdone a Bagheria, 1939, Poggiolo con tenda; Contadini per strada). Con la stessa violenza cromatica, il pittore passerà a dipingere pochi anni più tardi terribili scene di massacri e di guerra, preannunciando l’impegno politico e culturale degli anni del Fronte Nuovo delle Arti (Il massacro, 1943)..
Più tradizionali appaiono le delicate vedute di Monza e del paesaggio brianzolo raffigurati da Pio Semeghini, contrassegnate da colori chiari, atmosfere rarefatte e da un disegno minuto, che definisce nitidamente i volumi e le superfici (Dalla mia finestra; Paesaggio verde).
La campagna e il mondo agricolo trovano largo spazio nelle opere dei maestri italiani del primo dopoguerra, trovando nel mondo contadino i paesaggi idilliaci dell’infanzia e nei valori della civiltà contadina l’illusione di un mondo eterno, sempre uguale. Suscitano questi sentimenti i paesaggi appenninici di Morandi, articolati su poche variazioni cromatiche, dove la natura e le case si armonizzano e si compenetrano nelle forme e nei colori (Paesaggio, 1936).
La campagna lombarda è la protagonista di molte delle opere eseguite nei primi anni Quaranta da Renato Birolli, dove durante la guerra era sfollato da Milano (Falce sull’aia, 1943; Colli Euganei, 1942; La cava sotto il monte, 1941). Ai soggetti mistico-visionari delle opere dei primi anni Trenta, come ad esempio la nota serie di dipinti dedicata a San Zeno, si sostituiscono le raffigurazioni dei campi coltivati, della vita agreste, del mondo contadino segnando un progressivo avvicinamento alla pittura di realtà che confluirà dopo la fine della guerra nella nascita del movimento “Fronte Nuovo delle Arti”. Del periodo di adesione al movimento di Corrente, fra il 1938 e il 1942, Birolli mantiene la forza espressiva del colore, che ha il sopravvento sul disegno e l’ideazione compositiva.
Analoghi caratteri si riscontrano nei paesaggi dipinti da un altro protagonista di Corrente, Bruno Cassinari. Nel Paesaggio di Gropparello, 1942; in Ruscello verde(1941) il pittore celebra i familiari paesaggi piacentini, caratterizzati da una intensa vitalità e da una stesura materica mossa e vibrante. Il tono neo-romantico di queste opere appare come una risposta polemica all’imperante “ritorno all’ordine”.
Una dimensione paesana e vernacolare domina invece le vedute delle strade e dei paesaggi appena fuori Firenze dipinte da Ottone Rosai (Il gelsomino, 1938; Omino nella strada, Case dietro i campi, 1940); l’incanto e il mistero dei muri altissimi che nascondono campi di ulivi o il giardino di una villa è evocato nelle rappresentazione delle strade silenziose, come per esempio via S.Leonardo, dietro il Forte Belvedere, dove il pittore aveva il suo studio (Via S.Leonardo di giorno; Via S.Leonardo di notte, 1948).
Daniela Parenti
[exibart]
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