Reverso, letteralmente rovesciare, ribaltare: non solo un’immagine, mostrandone il disegno preparatorio, ma anche una vicenda, svelandone protagonisti e percorsi battuti. Sono questi i due estremi entro i quali muove la ricerca artistica di
Angelo Mosca (Chieti, 1961; vive a Milano e Londra) per la sua nuova personale alla galleria Annarumma404. Sette tele in cui la tecnica compositiva si piega a un’etica creatrice, votata alla riflessione sull’arte e sulla storia.
Mosca sembra un artista d’altri tempi, con quella sua granitica quanto lucida determinazione a essere pittore. Fra le innumerevoli modalità di rappresentazione,
sceglie la tradizionale e vecchia pittura, perché gesto artistico originario, carico di ricordi e, in quanto tale, l’unico in grado di “sostenere” e raccontare quelli del mondo e dell’uomo. In quest’ottica vanno letti i suoi
Portali barocchi, già memori delle cattedrali monetiane e simbolo dell’italianità tutta. Il colore, persa volontariamente la densità materica per rivelare il disegno sottostante, sottile e abbozzato, sembra simboleggiare una storia -in questo caso, quella patria- che perde ogni pudore e si dà all’occhio del fruitore nelle sue “nudità” primigenia, mostrando tutte le stratificazioni che l’hanno resa storia, appunto. La figurazione è dunque spoglia di elementi e manchevole di dettagli, perché è la stessa tecnica pittorica a farsi simbolo, significante e significato insieme.
Una verità diversa, ma non per questo dissimile, è quella “pronunciata” in un secondo filone di opere presenti in galleria, realizzate a Londra, la città-musa del pittore abruzzese. Si tratta di dipinti consacrati all’intimità di giovani conversazioni consumate sullo sfondo di tradizionali
Pub vittoriani o d’interni arredati con gusto psichedelico. Ambienti dove ancora una volta è la tecnica a farla da padrona. L’artista rende questi dipinti un’immagine speculare della realtà, mimando con languide atmosfere rarefatte, fatte di pennellate rapide e diluite, e con figure smaterializzate a tal punto da apparire fantasmi, l’incertezza della contemporaneità, sbiadita dalla perdita di punti di riferimento, intimidita dopo aver abbattuto confini e archiviato tabù. Vacillante e spaventata, mentre assiste all’irrefrenabile dispiegarsi della propria potenzialità.
Pittore per vocazione, Angelo Mosca -come suggerisce Alberto Mugnaini-
“è capace di catturare l’oggi attraverso la comprensione di ieri”. La sua idea del mondo e quindi dell’arte, o dell’arte e quindi del mondo, è fatta di trasparenze. Di cose che si possono attraversare.
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Non convince molto quest'ultima produzione di Mosca, specie nei soggetti, un po noiosi, tratti da fotografie fatte qui e la quando si sposta.
Trovo più fresca e di più ampio respiro la pittura di Tom Fabritius, basta guardare le sue immagini.
Caro Siglo nessuna esterofilia scriteriata, anche i soggetti di Fabritius sono casuali ma c'è un legame che coinvolge televiosione-fotografia-pittura, i suoi sono (foto)da frame televisivi non (foto) scattate in giro a Palermo, a Londra o con la fidanzata!
Inoltre la tecnica di Fabritius rende davvero questo senso di immaterialità a tratti gassosa.
E perchè Tom Fabricius che fa ? Non scatta le foto in giro qua e là pure lui ? La solita esterofilia scriteriata degli italiani.