Giovanni Campus, ph. Flavio Pescatori
Si è spento a Milano, il 28 novembre 2025, all’età di 97 anni, Giovanni Campus, maestro della ricerca analitica e spaziale che, nel corso di oltre sei decenni di attività, ha attraversato con coerenza radicale alcune delle trasformazioni più significative della storia dell’arte contemporanea italiana. La sua figura, pur lontana dai circuiti più esposti, ha segnato il dibattito critico in particolare tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, portando avanti una ricerca tanto artistica quanto intellettuale, tra matematica, percezione e logica, per una riflessione costante sul rapporto tra opera, spazio e tempo.
Nato a Olbia nel 1929, Campus mosse i primi passi nel campo dell’arte negli anni Cinquanta, con una pittura che rapidamente superava l’impianto figurativo per orientarsi verso una sintassi più essenziale. È tuttavia negli anni Sessanta che la sua ricerca trovò una prima definizione autonoma, attraverso l’adozione di linguaggi geometrici e costruttivi in dialogo con i modelli della produzione industriale e dell’estetica tecnologica. In questi anni scelse il metacrilato come materiale privilegiato, una superficie sintetica che gli consentiva di spingere la pittura verso una dimensione ambientale, aprendo la ricerca a nuove possibilità spaziali.
Tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta l’artista ottenne un crescente riconoscimento critico. Partecipò a collettive internazionali come Multiple Art alla Whitechapel Art Gallery di Londra, ne 1970, alla II Triennale dell’India, nel 1971, presentato da Palma Bucarelli, alla mostra Luce e materia, nel 1975, promossa dal Centro Industria di Milano. In questi anni si consolidavano i rapporti con critici come Giulio Carlo Argan, Umbro Apollonio, Lara Vinca Masini e con colleghi tra cui Bruno Munari. Brevi soggiorni a New York e Parigi contribuirono a collocare il suo lavoro entro un orizzonte internazionale.
A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, Campus orientò la sua pratica verso un’indagine più spiccatamente relazionale, abbandonando i materiali plastici per recuperare la tradizione pittorico-scultorea attraverso forme strutturali che assumevano lo spazio come luogo di misurazione. Nacquero così interventi nel tessuto urbano e nel paesaggio, come le azioni realizzate in Piazzetta Palazzo Reale a Milano, nel 1977, o le celebri “misurazioni” compiute in Gallura nei primi anni Ottanta con il ciclo Percorso Determinazione, del 1983. È in questa relazione dialettica tra opera e ambiente che la sua ricerca trova una delle articolazioni più originali.
Il sodalizio con il critico Luciano Caramel, iniziato negli anni Ottanta, accompagna molte delle sue principali mostre monografiche: Palazzo dei Diamanti (1987), Galleria Comunale d’Arte di Cagliari (1991), MAN di Nuoro (2000), Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate (2003), Museo Civico Fattori di Livorno (2007). Allo stesso tempo Campus presentò sculture permanenti in spazi aperti, come a Tortolì (2000), Carbonia (2008) e nel Parco della Scultura all’Idroscalo di Milano (2012), a confermare la centralità del rapporto tra forma e contesto.
Negli ultimi decenni Campus aveva un equilibrio tra le varie anime della sua ricerca, tra rigore teorico e sperimentazione tecnica, articolando superfici monocromatiche, tangenti metalliche, strutture lignee e disegni dalla forte intensità progettuale. Proprio il disegno è stato uno dei cardini della sua ricerca, come ha testimoniato il volume Giovanni Campus. Tempo in processo. Rapporti misure connessioni. Percorso di lavoro 1955–2022, pubblicato da BUILDING, che attraverso testi di Francesco Tedeschi e uno scambio epistolare con Placido Cherchi ha messo in luce la dimensione speculativa, quasi rinascimentale, che ha accompagnato il suo lavoro.
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