Categorie: Personaggi

Addio a Paolo Scirpa, morto a 91 anni l’artista che diede luce all’infinito

di - 31 Luglio 2025

In questi ultimi anni, dal periodo della pandemia in poi, numerosi artisti sono scomparsi prematuramente, soprattutto la generazione dei grandi artisti dell’avanguardia fino a quelli che hanno operato tra gli anni 60’-90’. Una disfatta difficilmente sostituibile. Il 29 luglio 2025, anche il grande sperimentatore italiano Paolo Scirpa in silenzio ha lasciato questo mondo. Oggi ci sentiamo di essere tristemente ancora più soli. Un artista internazionale e visionario, conosciuto in tutto il mondo, maestro della luce e da tanti anni anche grande amico. Era nato nel 1934 a Siracusa ed è scomparso a Thiene, in una triste giornata di fine luglio, dopo aver compiuto il 5 di questo mese il suo novantunesimo compleanno. La figlia Margherita addolorata ci confessa: «Oltre il buio, il vuoto, l’abisso e la paura…c’è la Luce, c’è l’Infinito! Ce lo hai sempre indicato, nelle molteplici forme del tuo indagare. Ora continui la tua chiamata alla Luce…e sei lì nella pienezza dell’Infinito!».

Paolo Scirpa. Foto Antonio Dalan

Uno degli ultimi grandi artisti visivi italiani, siciliano di nascita, milanese di adozione, ha insegnato per lunghi anni, fino al 2001, all’Accademia di Belle Arti di Brera. Una presenza fondamentale nella scena artistica milanese e nel panorama internazionale dell’arte contemporanea, conosciuto per la geniale ricerca nel campo della luce e dello spazio. Con i suoi celebri Ludoscopi ideati fra gli anni ’70 e ’80, ha segnato profondamente l’arte contemporanea italiana e internazionale lasciandoci in dono una ricerca artistica e una visione unica di grande qualità.

Paolo Scirpa, Cubo multispaziale, 1987-2007. Legno+neon porpora+specchi, 40x40x40 cm+base

In tanti anni di lavoro ha presentato le sue opere in prestigiosi contesti, come la IX e la XIII Quadriennale di Roma e la Biennale di Parigi e poi le esposizioni al Mart di Rovereto, al Macro di Roma, al Macba di Buenos Aires e alla Neue Galerie di Graz. In Italia alcune sue opere sono conservate al Museo del Novecento di Milano, alle Gallerie d’Italia, al Maga di Gallarate, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, al Museu Ritter e nella collezione Farnesina di Roma.

Cubo multispaziale. 1987-2007. Particolare. Legno+neon porpora+specchi, 40x40x40 cm_2

Era il 2021, una lunga attesa, la mia, durata oltre due lustri prima di scrivere ancora un saggio e un’altra riflessione critica per Paolo Scirpa. Nella sua lunga attività, l’artista siciliano-lombardo ha saputo coniugare l’interesse verso l’ignoto con eventi transitori del “non luogo”. Le opere dei Ludoscopi, nate a partire dal 1972 in poi, non evidenziano il vuoto come “assenza” ma come essenza e presenza insostanziale non ancora definita e pur visibile nella dimensione intima dello spazio. Una visione insostanziale di presenze incorporee che prendono forma grazie all’utilizzo della luce reale. I contenitori virtuali delle ludoteche dalla forma primaria, grazie all’uso di luce al neon e di specchi, trasformano e alterano la forma geometrica moltiplicando a dismisura la funzionalità in un sintetico spazio-luce.

Paolo Scirpa sa come fare per liberarci dal peso del corpo e proiettarci dentro il tunnel dell’infinito, in un flusso continuo di materia lieve che s’insinua dentro il labirinto e ne fa parte attiva. Di colpo, sembra essere risucchiati e assorbiti nel profondo e oscuro pozzo nero, non soltanto a livello percettivo ma anche interiore, ovvero della coscienza e della riflessione.

Chi guarda queste insolite “macchine metascopiche” si illude di fare un ingenuo viaggio e di trovare con certezza un possibile sconfinamento spaziale. In realtà viene assorbito senza alcuna possibilità di trovare una fuga prospettica e un approdo certo, in cui la durata e la successione degli eventi che appaiono non hanno più un conseguente sviluppo logico. Una condizione, si direbbe sospesa, con una temporaneità provvisoria, frantumata e ridotta a pezzi, nata per essere “infinita”. Non semplicemente un viaggio ludico, come certamente avrà fatto qualcuno di noi impugnando un caleidoscopio a percepire le forme occasionali della geometria, dando sfogo alla curiosità e ai sogni.

Nelle opere di Scirpa, la percezione ottica non è fine a se stessa, chi guarda le sue opere, in realtà si ritrova letteralmente assorbito nell’inconsistente mondo dell’energia e del flusso indefinito. Di certo, la motivazione di questi lavori è di ordine essenzialmente morale; riflettere e prendere coscienza dai numerosi condizionamenti che noi involontariamente subiamo ogni giorno.

Cubo multispaziale. Espansione+traslazione, 1983. Particolare. Legno+acciaio inox+neon

Ecco perché nel 1972, in contemporanea ai primi lavori dei “Ludoscopi” nasce la grande Megalopoli consumista, una grande installazione di un contenitore di 2x2x2 metri nata, non occasionalmente, dopo gli anni della contestazione giovanile del ‘68, in cui, attraverso un foro a parete, si può percepire una città illuminata fatta di vuoti a perdere, scatole, involucri da buttare, di oggetti d’uso quotidiano di diversa forma e dimensione assemblati gli uni a fianco agli altri a definire una caotica e “consumistica” megalopoli moderna. Una sorta di strutturazione architettonica a forma di città, con simboli alienanti e un confuso accumularsi di false necessità scadute a falso concetto di benessere. Come scriveva lucidamente nel 1975, in una presentazione, Marco Meneguzzo: «Dove il messaggio è sin troppo chiaro, e la città dell’uomo è diventata la città del consumo, e dove l’uomo stesso si identifica col consumo, anzi, col consumismo, che ne è la degenerazione». Insomma, non solo la poetica della luce ma anche e soprattutto l’indagine riflessiva e pungente d’impronta morale.

Raccordi praticabili.Percorsi comunicanti, 1989-1999. Legno+neon bianco+specchi. 40x270x270 cm. Museum Ritter, Waldenbuch

Il suo percorso si sviluppava a partire dagli anni Sessanta come momento di ricerca percettivo-cinetico, tra astrazione e lirismo. Nel 1965, Composizione è un’opera matura che anticipa già il lavoro e le ricerche svolte qualche anno più tardi. L’opera nasce da una visione in cui il paesaggio rappresentato è caratterizzato da una inconsueta dislocazione e decentramento. Così anche le opere successive del Sole e di Habitat, definiti provvisoriamente tra forma e costruzione artificiale.

Agli inizi degli Settanta risalgono i primi Ludoscopi ormai in linea per originalità e creatività con le diverse tendenze contemporanee svolte in quel periodo in campo internazionale.

In tutti questi anni, la luce metafisica e trascendentale è stata la compagna di viaggio privilegiata con cui Scirpa ha dovuto sempre fare i conti. A tal proposito, Bruno Munari, scriverà: «Nessuno, finora, è andato in fondo a questi buchi per raccontarci che cosa ha visto».

Percorsi comunicanti, 1987. Legno+neon colorati+specchi, 40x120x120 cm cad

Nel panorama dell’arte degli anni Ottanta, l’artista continua a proseguire nel suo viaggio approntando nuovi sviluppi della sua originale e ricercata poetica visiva. In oltre 50 anni di assidua e ossessiva ricerca, Scirpa ha indagato le svariate possibilità del fare ricerca con soluzioni decisamente sorprendenti, usando diverse tecniche e approcci, come l’incisione, la pittura, i progetti utopistici e urbani.

Proprio negli anni Ottanta inizia a realizzare i progetti d’intervento nel territorio utilizzando il fotomontaggio su card di piccolo formato inserendo elementi artificiali nel tessuto consueto e metaforico del reale. Non sono da considerarsi ingenuamente delle anonime “vedute di fantasia” alla maniera settecentesca, bensì parte di una ricerca parallela a quella dei Ludoscopi d’impronta ancora “utopistica”, in cui il reale viene metaforicamente violato da segnali artificiali, interferenze e presenze al neon “dis-equilibranti”. Come nei Ludoscopi, anche in queste nuove ipotesi di ricerca l’elemento visivo proposto in una dimensione più amplificata, nell’apparenza del reale, altera il normale rapporto costitutivo divenendo “interferenza ambientale” per costringerci, ancora una volta, a riflettere e a cercare qualche motivazione morale piuttosto che subirla.

Progetto d’intervento n. 251, 1994. Fotomontaggio. Arco della pace, Milano

Con i Progetti d’intervento nel territorio vi è la lucida esigenza di analizzare, in una nuova chiave d’indagine, la propria visione poetica utilizzando un diverso approccio e rapporto dimensionale a verifica della fattibilità della cosa proposta. Dall’incessante indagine dei progetti d’intervento, proprio nel 2009 nasceranno i progetti del Teatro è il suo doppio, modelli lignei immaginati sulla forma del teatro greco come quello di Siracusa, nati da un oscuro e indefinito moto dell’immaginazione tra forma, invenzione e storia.

Il Teatro, 2019, Neon azzurro su legno. 220 x 110 x 10 cm

Una curiosità: negli ultimi mesi stava lavorando incessantemente, nonostante l’età, a un’opera di grande respiro in forma di teatro – lui che amava il teatro di Siracusa – e che comunque a ottobre verrà ufficialmente presentata al Museo del Novecento di Milano. In questo senso, tutto il lavoro di Scirpa può essere ricondotto criticamente nell’alveo di un progetto ben più ampio e maestoso ai confini delle soglie disciplinari e ancora del tutto attuale e contemporaneo.

Paolo Scirpa

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