Lâimmagine del ponte è da sempre metafora di passaggio, di unione, di cambiamento. Indica lâattraversamento da un luogo a un altro, da un tempo a un altro, da una condizione a unâaltra. Lo sapevano gli espressionisti tedeschi allâinizio del Novecento, quando al loro gruppo dâavanguardia scelsero di dare il nome Die BrĂźcke; lo sapevano Christo e Jeanne Claude quando nel 1985 decisero di impacchettare le Pont Neuf di Parigi, il piĂš antico della cittĂ , facendo âloroâ il ponte degli impressionisti, in unâoperazione concettuale effimera e potentissima; lo sa oggi Fabrizio Bellomo (Bari, 1982), artista pugliese attivo tra Bari e Milano, che ha scelto il ponte per raccontare una storia di tolleranza e concordia, unendo passato e presente. Invitato dallâIstituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione a collaborare al progetto Câè tempo per le nespole. Nuove narrazioni dalla Grande Guerra, Fabrizio Bellomo ha realizzato una performance nel comune di Manduria, cittadina del basso tarantino in cui, il 17 giugno 1916, sono nati due bambini, uno da una coppia di manduriani, lâaltro da due profughi trentini rifugiati in Puglia.
La particolaritĂ della vicenda è che i genitori si sono dichiarati vicendevole solidarietĂ , da italiani e da uomini, chiamando i loro figli rispettivamente Trento Dinoi e Mandurino Waiss. Suggestionato dalla loro storia, lâartista ha scelto di raccontarla attuando una performance. Sotto gli occhi incuriositi del pubblico, il 15 agosto, su tre diversi ponti di Manduria, Fabrizio Bellomo ha retto una targa stradale simulando lâintitolazione di quei luoghi ai due bambini al fine di perpetuarne la memoria quali simboli di concordia, tanto piĂš validi se rapportati ad un contesto generale di odio e risentimento comâera quello della guerra mondiale. Abbiamo incontrato lâartista per porgergli alcune domande.
Il progetto sâinserisce nelle celebrazioni ministeriali per il centenario della Grande Guerra. Una volta ricevuto lâinvito dellâICCD, quali sono stati i primi passi e come sei arrivato alla storia di Mandurino e Trento?
ÂŤIl primo incontro con lâICCD, con gli altri artisti invitati (Moira Ricci, Alessandro Imbriaco, Onorato & Krebs, Stefano Graziani, Claudio Gobbi e Riccardo Cecchetti) e con il gruppo curatoriale (Francesca Fabiani, Francesca Lazzarini, Chiara Capodici, Alessandro Coco e Peter Lang) è avvenuto a Borca di Cadore, proprio per essere vicini ai territori protagonisti della Grande Guerra. Durante le prime giornate di dialogo con il gruppo continuavo a riflettere sul coinvolgimento pugliese (cosĂŹ come su quello africano) nella prima guerra mondiale. Ho iniziato le mie ricerche e mi sono subito incuriosito alla presenza di profughi trentini nelle Murge pugliesi. Approfondendo lâargomento ho ritrovato gli articoli dello studioso Francesco Altamura, che per la Fondazione Gramsci di Puglia ha realizzato un libro su queste tematiche. Leggendo il libro sono venuto a conoscenza della storia di Trento e Mandurino e ho pensato di dedicare a loro il mio interventoÂť.
Nella tua pratica artistica ti muovi costantemente tra reale e digitale. Video, performance e fotografia sono i tuoi mezzi dâespressione privilegiati. Ma come nasce un tuo progetto e con quali obiettivi?
ÂŤOgni volta i progetti prendono forme diverse, dal cinema alla performance, dalla scrittura allâinstallazione alla fotografia e in molti casi, come credo anche in questo, si può percepire che sono una summa, un mix di tutte queste pratiche. Nascono spesso dalla ricerca su storie legate al territorio che sono al tempo stesso locali e globali. Osservo e conosco il micro per narrare il macro. Da storie personali diventano di interesse collettivo. Forse lâunico obiettivo che mi pongo quando lavoro a un progetto è quello di calarmi nella realtĂ , nella vita quotidiana e nelle strade, senza per questo rinunciare al lato visionario della vicendaÂť.
Hai chiesto al Comune di Manduria di intitolare un ponte a Mandurino Waiss e Trento Dinoi. Le targhe stradali sono un efficace strumento per rendere noti personaggi e vicende e perpetuarne la memoria. Al di lĂ della specificitĂ storica, pensi che la vicenda dei due bambini possa essere rapportata al presente?
ÂŤCertamente! Ă una storia di profughi, è una storia universale. Come oggi ci sono i profughi siriani in passato vi sono stati dei profughi trentini accolti in Puglia, molto prima che iniziasse la brutta retorica del ânon si affitta ai terroniâ poi divenuta ânon si affitta agli albanesiâ e via via fino ai nostri giorni. Ad alcuni lâepisodio dei profughi trentini accolti in Puglia può sembrare un paradosso, solo perchĂŠ letto con il filtro della contemporaneitĂ . Ă semplicemente la nostra Storia di esseri umani. Un tempo per i trentini, le Murge pugliesi erano un territorio troppo estremo. Dalle ricerche si evince ad esempio una certa difficoltĂ ad abituarsi alla cucina locale. I trentini allâepoca mal digerivano la cucina e le verdure del Sud. Ma nonostante questo, dai testi si percepisce anche come gli abitanti di Manduria riuscirono comunque a esprimere e a trasmettere del calore umano a quei profughiÂť.
In occasione della 60. Esposizione Internazionale dâArte - La Biennale di Venezia, fino al 24 novembre, Fondazione In Between Art…
Quattro giorni di talk, workshop e mostre, diffusi tra varie sedi: a Napoli torna Desina, il festival di grafica e…
Asia Forum e Asymmetry Art Foundation organizzano âA World of Many Worldsâ, unâassemblea aperta sullâAsia come luogo di globalitĂ e…
Matthieu Blazy e Bottega Veneta collaborano con Cassina e Fondation Le Corbusier in occasione della MDW 2024. Ecco l'installazione allâinterno…
Veuve Clicquot, brand di eccellenza delle bollicine, presenta a Milano un progetto espositivo dedicato alla fotografia dâautore: maestri come Steve…
La settimana di apertura della 60ma Biennale dâArte di Venezia è ricchissima di appuntamenti da non perdere: ecco una selezione…