Categorie: Personaggi

L’intervista/ Monty Cantsin | Sbeffeggiare Jeff Koons | a New York

di - 25 Agosto 2014

New York, 21 agosto 2014. “Monty Cantsin was here”, ha scritto in pochi secondi l’artista ungherese-canadese (Budapest 1959, vive e lavora a Toronto), conosciuto fin dalla fine degli anni ’70 per le sue azioni estreme con il sangue. La sua firma è accompagnata dalla data e dal simbolo della Rivington School (“Six O’Clock” è tatuato anche sul suo braccio sinistro), il gruppo underground di cui ha fatto parte a New York negli anni Ottanta. Monty Cantsin (detto anche Istvan Kantor, come pure Amen!) è arrivato da Toronto il 15 agosto scorso fermandosi nell’East Village, ospite del fotografo giapponese Toyo Tsuchiya suo amico di vecchia data. Due giorni dopo è andato al Whitney Museum of American Art per vedere la retrospettiva dedicata a Jeff Koons. Una visita mirata alla ricerca del luogo più adatto per il suo “regalo a sorpresa” all’artista americano più quotato del momento. Perfetta la lunga parete bianca alle spalle dell’inconfondibile coniglio d’acciaio inossidabile (Rabbit), scintillante e riflettente come i denti dello stesso Monty Cantsin. È lì che il 20 agosto, con estrema disinvoltura – mimetizzandosi ancora una volta tra il pubblico – ha agito indisturbato, tirando fuori la bottiglia di vetro che conteneva il suo sangue e facendolo schizzare sul muro in forma di X. Quando le guardie sono intervenute aveva già firmato e datato la sua opera, fotografato dal pubblico incuriosito e dai due amici fotografi, Antoine S. Lutens e Toyo Tsuchiya, fondatore della Rivington School e direttore negli anni ’80-’90 dei locali newyorkesi d’avanguardia No Se No Social Club, Mars Bar Gallery e Tobe Art International Gallery. Prima di essere portato via dai poliziotti e trascorrere qualche ora nell’ospedale psichiatrico, Monty Cantsin ha consegnato la lettera-manifesto “Supreme Gift for Jeff Koons”, indirizzata alla “celebrità eroico-sacrificale”.

Perché hai scelto proprio Jeff Koons?
«La scelta della mostra di Jeff Koons è stata molto importante, perché rappresenta l’attuale panorama artistico newyorkese in tutto il suo splendore riflettente e, nel suo aspetto politico ed economico, un genere di arte commerciale che viene promossa da autorità come le banche e le corporazioni. Un’arte scintillante che rappresenta tanti soldi e lui – Koons – vende le sue opere per centinaia di milioni di dollari. Per questo è stata lo scenario della mia performance, basata su un’idea artistica completamente diversa, in cui l’uso del mio sangue – per fare una X sul muro – è correlata ad un’arte che non guarda a quel tipo di valore economico».
L’uso del sangue è collegato con i tuoi studi di medicina all’Università di Budapest?
«Assolutamente sì. Ho studiato medicina per alcuni anni, ma sono sempre stato interessato all’arte. A 25 anni sono stato buttato fuori dall’università a causa della mia attività politica e ho lasciato il paese dedicandomi completamente all’arte. Studiare medicina è stato importante per esplorare le possibilità del corpo umano nel mio lavoro. Non uso solo il sangue, ma anche il cervello e altre parti del corpo».

Qualcuno ha definito questa tua ultima azione un atto vandalico…
«Va bene. Anche l’esempio di Marcel Duchamp che ha messo i baffi a Monna Lisa è un atto vandalico. Come pure quando ha preso un orinatoio e l’ha esposto come scultura. Questo ha molto a che fare con l’opera di Jeff Koons che fa parte del gruppo di artisti provocatori che hanno usato il ready-made e si è appropriato di sculture classiche rifacendole enormi. Anche lui, a suo modo, compie un atto vandalico, però accettabile. Per quanto riguarda questo mio lavoro, personalmente, non lo ritengo un atto vandalico, ma la drammatizzazione – o la radicalizzazione – di un muro bianco, vuoto, dietro alle sculture di Jeff Koons che sono cromate come i miei denti. Anche i miei denti, infatti, parte del mio corpo sono opere d’arte. Sono fatti di metallo prezioso e costoso, proprio come le sue sculture».
Anche nel 2004 hai fatto una performance simile su una parete accanto all’opera di Michael Jackson di Paul McCarthy all’Hamburger Bahnhof di Berlino.
«Ho fatto questo tipo di azioni in molti musei in Paesi diversi, nell’ambito di mostre da Marcel Duchamp a Rauschenberg, Paul McCarthy, Oppenheim, Andy Warhol… Sono famoso per questi lavori, ma mi viene anche proibito di entrare in parecchi musei».
Questa è stata anche la prima volta che sei stato portato in un ospedale psichiatrico.
«Meglio l’ospedale psichiatrico piuttosto che in galera. Sono stato portato in ambulanza al Presbyterian Hospital in 68th Street, dove sono rimasto per un paio d’ore. Mi hanno fatto le analisi del sangue, dell’urina e ho avuto dei colloqui con diversi medici che, alla fine, mi hanno diagnosticato un disturbo narcisistico di personalità che hanno ufficializzato con un certificato medico. (Ride). Sono stato dimesso dall’ospedale dopo poche ore, anche se al mio arrivo mi avevano detto che sarei potuto rimanere per un paio di giorni per riprendermi». (Ride)
Quale è la relazione tra “Blood Campaign” e altri artisti che usano il sangue come, ad esempio, Hermann Nitsch?
«La scuola degli Azionisti Viennesi mi ha influenzato molto quando ero un giovane artista, ma il mio uso del sangue è molto più clinico e meno ritualistico. Di base è piuttosto semplice. Il mio gesto di schizzare sangue sul muro è meno drammatico dell’uso del sangue degli animali. È anche meno traumatico e non fa riferimento, come loro, all’aspetto sessuale».
Per te, infatti, è fondamentale l’uso del tuo sangue.
«È importante anche il fatto che lo uso per esprimermi in termini socio-politici».

Toglierti il sangue è la prima fase di un processo artistico in progress?
«Sì è la prima fase ed è anche un gesto molto semplice per fare la X sul muro. Ci vogliono solo 10 secondi, poi cominciano una serie di cose. Un gruppo di ragazzi si fermano a guardare, subito dopo arriva la guardia che chiama la polizia e che, normalmente, mi porta in galera e da là in tribunale. Poi c’è tutto un sistema: l’opinione della gente, la reazione dei media. Anche questo fa parte dell’azione che cresce sempre di più. In questo caso c’era anche la lettera che ho lasciato al museo, intitolata “Supreme Gift for Jeff Koons”. Si basa sull’idea che oggi l’importanza suprema nell’arte è il denaro. Così nel mio “manifesto”, o lettera-omaggio indirizzata a Jeff, ho scritto: “Questo regalo è per te, perché sei un artista eminente. Io sono soltanto un criminale che fa sul serio, ma dal 1979 – quando ho iniziato questo tipo di azioni – il valore del mio sangue è aumentato fino ad arrivare a 1 milione di dollari al millilitro. Per questo lavoro ho usato 6 fiale, ognuna delle quali conteneva circa 10 millilitri. Quindi, la stima di questi 60 millilitri di sangue è di circa 60 milioni di dollari. Anche quest’arte ha un valore, non solo quella tua che è sfavillante!».

Nata a Roma nel 1966, è storica e critica d’arte, giornalista e curatrice indipendente. Con Postcart ha pubblicato A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (2011), A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (2013); A tu per tu – Fotografi a confronto – Vol. IV (2017); Cake. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (2013), progetto a sostegno di Bait al Karama Women Center, Nablus (Palestina). E’ autrice anche Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (ali&no, 2015) e Isernia. L’altra memoria – Dall’archivio privato della famiglia De Leonardis alla Biblioteca comunale “Michele Romano” (Volturnia, 2017).

Visualizza commenti

  • Queste azioni possono generare epigoni a volte costruttivamente ma i rischi che siano distruttivi possono esserci, per cui esserne entusiasti è difficile, troppo autoreferenziali

  • La visione del sangue sparso può' suscitare orrore. Ma il sangue e' vita. Materia irriproducibile ed il suo colore rosso e' pur sempre meraviglioso in tutte le sue declinazioni. Quindi non fermiamoci all'apparenza, l'opera di Monty Cantsin ha insito un duplice significato.

  • GRAZIE! CARO LUCA ROSSI, MI STUPISCE QUESTO TUO COMMENTO VISTO CHE MI ATTACCHI SEMPRE, QUESTO COSA è? PATRIOTTISMO?

  • Anche il tuo situazinismo è troppo autoreferenziale e concentrato sul sistema che ti deve invitare...

    Vorrei dire che il sangue è vita se scorre nelle vene :)

  • Io sono autoreferenziale e me ne vanto

    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove che non sono un ipocrita come la maggior parte di quegli artisti che sfruttano i problemi sociali e del sistema dell'arte a titolo strumentalmente solo per raggiungere i propri obbiettivi.
    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove di come vanno le cose nel mondo dell'arte.
    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove di quello che fanno e sono disposti a fare tanti artisti pur di aver successo.
    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove che quello che faccio è necessario ed utile.
    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove di non essere un terrorista ma un artista che vuole far valere le sue ragioni.
    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove di avere sbagliato a rivolgendomi a tutti coloro a cui era inutile rivolgessi, ed a cui probabilmente continuo a rivolgermi.
    - Io sono autoreferenziale perché io so e ho le prove che a causa di tutto questo ho perso tutto ciò che avevo da perdere.
    - Tutto questo io lo so e ho le prove, ma fino a quando avrò un alito di vita non smetterò di combattere la mia battaglia contro tutto, contro tutti e contro me stesso, non perché sono un vero artista, ma perché sono Uno vero e basta. Uno vero li dove l'ipocrisia è imperante.

  • Quindi l'alternativa a Kons sarebbero questi mattoidi contassegnati da un disturbo narcisistico della personalità?
    Quindi una versione maschile ma meno fortunata e cosmetica di Marina Abramovic? :))
    Mi torna in mente la pur bella Biennale di Gioni che al sistema ufficiale dell'arte ha affiancato matti outsider stregoni ed occultisti demodè pur di non andare a cercare i tanti e nuovi e interessanti artisti che intaccherebbero troppe abitudini e interessi.
    monty, ma che fai, stupidino! Vai da Gioni e coprilo di sangue , lui sì che ti capirebbe! :)))

  • Chi è Kons? Ma gli artisti non sono sempre stati (definiti) narcisisti per antonomasia, perché ora dovrebbero fare finta di non esserlo?

  • Insomma la catena di produzione di feticci è inarrestabile e il produttore ne trae lauti vantaggi economici e un enorme autocompiacimento narcisistico. W il mestiere dei feticcioni addomesticati.

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