Categorie: Personaggi

L’Intervista/ Silvia Lucchesi e Leonardo Bigazzi

di - 15 Novembre 2017
Inaugura oggi la decima edizione de “Lo Schermo dell’arte”, la rassegna fiorentina dedicata alle interazioni tra cinema e arte contemporanea che per cinque giorni animerà la città, e non solo. Si inizia stasera con live set di Hassan Khan, e si continua con un programma fittissimo, che tra proiezioni, mostre, premi e due progetti di formazione e produzione per giovani artisti, guarda inevitabilmente al futuro. Ce la raccontano la direttrice Silvia Lucchesi e Leonardo Bigazzi, curatore dei progetti speciali, a cui abbiamo fatto qualche domanda.
“Lo schermo dell’arte” è diventata una realtà non solo consolidata ma anche blasonata tra gli appuntamenti dedicati al cinema d’arte in Italia. Quali sono state le difficoltà che avete riscontrato maggiormente?
Silvia Lucchesi: «A dire la verità non ne abbiamo incontrate. Certo, quando si lavora gli ostacoli ci sono sempre, ma non sono così insormontabili, quindi direi che è meglio parlare di complessità di tipo organizzativo, ma non di vere e proprie difficoltà. Il nostro oramai è un lavoro avviato da molto tempo, e quest’anno siamo riusciti a dare vita a un’edizione ancora più ampliata per festeggiare questi dieci anni in cui abbiamo costruito un progetto importante e riconosciuto internazionalmente».
Firenze, per certi versi, può essere considerata una città un po’ periferica per il contemporaneo: quanto ne ha risentito “Lo schermo”? Com’è la risposta del pubblico?
S.L. «Paradossalmente è stato questo all’inizio uno dei nostri punti di forza, proprio perché siamo riusciti a intercettare l’interesse di un pubblico che già dieci anni fa era interessato al contemporaneo e che difficilmente riusciva a rimanere aggiornato. Col passare del tempo sono nati anche altri progetti, e c’è stata sempre di più una maggiore attenzione sia da parte degli artisti che delle istituzioni, basta pensare a Palazzo Strozzi, alle iniziative del Comune, alle mostre al Forte Belvedere, e così via. Era inevitabile che succedesse anche qui, per non essere unicamente legati al simbolo, ovviamente importantissimo, di città culla del Rinascimento».

Leonardo Bigazzi

Quest’anno all’interno della rassegna c’è anche un’importante novità: Moving Archive, il progetto che propone film d’archivio in diversi Comuni della Città Metropoltana di Firenze. Quanto è importante il rapporto con le diverse istituzioni culturali di Firenze e come si è evoluto nel corso degli anni?
S.L. «Moving Archive è un progetto che ci ha permesso di portare film d’archivio in nove biblioteche e istituzioni al di fuori dalla città, è un’occasione per raggiungere un pubblico nuovo e ovviamente per dare delle alternative e delle possibilità di visione diverse dal cinema. Ma è solo uno degli esempi di come collaboriamo attivamente con altre realtà, da sempre infatti portiamo avanti progetti in partnership con Palazzo Strozzi, il Museo Novecento, l’Istituto Francese di Firenze, la FST – Mediateca Toscana Film Commission, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, solo per citarne alcuni. Per noi non è una modalità nuova, anzi, ci piace moltissimo scambiare e portare avanti progetti con chi lavora sul nostro territorio».
Avete anche due progetti di formazione, Feature Expanded. Art Film Strategies e VISIO. European Programme on Artists’ Moving Images: quanto sono importanti oggi, nella promozione del giovane cinema? E quali sono le differenze tra i due?
S.L. «Sono entrambi progetti molto importanti per noi, perché riescono a colmare due settori che ci interessano e che non potevano essere affrontati solo con la proiezione. VISIO. European Programme on Artists’ Moving Images è rivolto alla promozione di giovani artisti under 35 che ogni anno vengono selezionati e che hanno così la possibilità di confrontarsi tra loro, partecipare a un programma dedicato con curatori, critici e altre personalità del mondo dell’arte, frequentare workshop e così via. Feature Expanded. Art Film Strategies invece, in collaborazione con HOME e sostenuto da Creative Europe/MEDIA, e più diretto verso la produzione, ed è rivolto ad artisti riconosciuti che vengono scelti per realizzare un lungometraggio. Il progetto è iniziato a Manchester a giugno scorso, con la prima parte della residenza che si è svolta a contatto con diversi professionisti del mondo del cinema per lo sviluppo dei progetti, e si conclude qui a Firenze dove si svolge la fase finale, una seduta a porte chiuse dove una giuria internazionale vedrà i lavori realizzati».

Hassan Khan live in concert at L’éveil du printemps Festival d’art de Toulouse, Toulouse, 2014. Photo by Franck Alix

Quali sono i requisiti in base ai quali sono stati scelti partecipanti e il vincitore della quarta edizione di VISIO European Programme on Artists’ Moving Images?
Leonardo Bigazzi: «Il criterio di selezione dei partecipanti è molto personale. Nel caso specifico di quest’anno ho scelto delle opere pertinenti alla mostra “Directing the Real. Artists’ Film and Video in the 2010s”, più in generale mi rivolgo a quello che a mio avviso è rilevante per le ricerche nel campo del video e del film d’artista. Quest’anno il vincitore della quarta edizione è Basir Mahmood, ma più che di un vincitore parlerei di un premio, dato che è la Seven Gravity Collection che ogni anno seleziona un’opera che entra a far parte della loro collezione privata, interamente dedicata alle opere video di artisti contemporanei. Abbiamo deciso di mettere questo importante riconoscimento sotto forma di premio per rendere sostenibile il lavoro degli artisti e soprattutto perché spesso lavori di questo tipo si inseriscono difficilmente nel mercato».
Negli ultimi anni sono nati diversi festival dedicati alle immagini in movimento legate all’arte. In cosa si distingue ancora “Lo schermo”?
S.L.«A mio parere non ci sono festival come il nostro, in quello che proponiamo, film d’artista insieme a progetti di formazione, siamo unici».
Il fil rouge che unisce molti dei film presentati è la riflessione sull’utilità sociale dell’arte. In che modo è stato affrontato il tema in questa edizione?
S.L. «Siamo da sempre interessati a questi aspetti, sia perché fanno parte del nostro tempo, sia perché prediligendo il documentario entriamo in contatto con artisti che lavorano sul reale, che partono da questo per poi stravolgerlo e ricostruirlo. La cosa che ci interessa di più è collaborare con coloro che sono fortemente legati alle suggestioni del loro tempo. Quest’anno una delle novità è la presenza di alcuni artisti mediorientali, che portano inevitabilmente nella loro vicenda biografica i segni di situazioni sociali e politiche molto difficili. Per questo non amo parlare di fil rouge, preferisco dire che il nostro è più un guardare a quello che ci circonda con occhi aperti, sapendo riconoscere e scegliere le cose in cui ci riconosciamo di più».
Justine Emard, For Co(ai)xistence, 2017. Courtesy: Tretyakov Gallery, Moscow
Un festival ma anche una mostra per celebrare 10 anni. Partiamo da qui: cosa vedremo a Palazzo Medici Ricciardi?
L.B. «”Directing the Real. Artists’ Film and Video in the 2010s” è una mostra ideata per il nostro decennale, ma rappresenta anche le due identità del Festival: da una parte c’è l’impegno nella promozione e nella produzione di opere di giovani artisti, due aspetti fondamentali che negli anni ci hanno portato a fondare diversi progetti, ma è anche un modo per restituire quella molteplicità di codici e di linguaggi a sostegno di una generazione nata negli anni ’80, che è anche la mia, che ha vissuto la transizione tra tecnologia analogica e digitale. In tutto troverete diciannove opere, dodici degli artisti di questa edizione di VISIO, mentre le altre sette sono lavori che abbiamo avuto nelle passate edizioni, e che per la loro rilevanza ci sembrava importante riportare qui a Firenze. Da una parte quindi l’impegno verso i giovani, dall’altra un’attenzione rivolta ad artisti che lavorano indagando il rapporto con le nuove tecnologie, come Graham Kelly, Jonna Kina o Emmanuel Van Der Auwera, o a lavori come quelli di Patrik Thomas e Bianca Baldi, dedicati ai fenomeni legati alla situazione post-coloniale europea e all’immigrazione. Per la terza sezione, proprio perché tutte le nostre mostre sono state occasione per riflettere sulle diverse modalità espositive delle opere video nell’ambiente dell’arte contemporanea, abbiamo ricostruito una piccola sala cinematografica che propone ogni giorno tre diversi spettacoli che i visitatori possono tornare a vedere, ovviamente a ingresso gratuito».
“Directing the Real. Artists’ Film and Video in the 2010s” si presenta come un’occasione per ripercorrere 10 anni di attività, ma è anche un momento per guardare avanti. Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro de “Lo Schermo dell’arte”?
L.B. «La rassegna si apre con il lavoro di Justine Emard, scelto non a caso per la comunicazione dell’intero Festival, che parla proprio di questo: in un laboratorio che si occupa di robotica e intelligenza artificiale un uomo e una macchina capace di rispondere agli stimoli in maniera autonoma dialogano tra loro, facendoci vedere il presente ma anche cosa sarà il futuro. Per il nostro futuro in particolare invece, vi anticipiamo che dopo il 10 dicembre la mostra si trasferirà al Passerelle Centre d’art contemporain, nel nord della Francia, e al Teatrino di Palazzo Grassi, un’altra importante istituzione francese, in Italia».
Un appuntamento da non perdere assolutamente?
S.L. «L’opening night con Hassan Khan, Leone d’argento all’ultima Biennale di Venezia, e 24 Frames, l’ultimo film di Abbas Kiarostami, prima della sua scomparsa. Siamo felicissimi di ospitare la prima italiana dopo Cannes».
L.B. «”Becoming a Feature”, la tavola rotonda che si terrà venerdì pomeriggio a Palazzo Strozzi, dove indagheremo i fattori che negli ultimi anni hanno spinto sempre più artisti a confrontarsi con il cinema. Per l’occasione abbiamo invitato tre artisti, Rä Di Martino, Roee Rosen e Kasia Fudakowksi, che si trovano in tre momenti diversi del loro lavoro cinematografico».
Nicoletta Graziano

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