È morto il 3 ottobre a Montevideo Clemente Padín, poeta visivo, performer, grafico, scrittore, tra i protagonisti della sperimentazione artistica latinoamericana. La notizia della scomparsa è stata condivisa anche dalla Fondazione Bonotto, che in collezione ha diverse sue opere. Nato nella cittadina uruguaiana di Lascano, nel 1939, Padín avrebbe compiuto 86 anni oggi, 8 ottobre 2025.
Figura schiva ma profondamente influente, Padín ha attraversato oltre mezzo secolo di ricerca artistica e politica. Laureato in Letteratura Spagnola all’Università della Repubblica dell’Uruguay, iniziò a sperimentare con la mail art nel 1967, in dialogo con figure come Edgardo Antonio Vigo, Guillermo Deisler e Dámaso Ogaz. Due anni dopo fondò la rivista OVUM, lavorando anche con cartoline e poesie visive che già delineavano una pratica ibrida, fondata sulla comunicazione e sulla circolazione delle idee.
Nel 1974 organizzò alla Galleria U di Montevideo la prima mostra di Mail Art latinoamericana, un evento cruciale che sfidava apertamente la sanguinaria dittatura militare della destra uruguaiana. Con le sue cartoline e i suoi falsi francobolli, Padín denunciava la repressione e le violazioni dei diritti umani. Quell’atto di libertà gli costò due anni di prigione: arrestato nel 1977, fu liberato nel 1979, dopo una mobilitazione internazionale.
Nel 1984, Padín fondò l’Associazione Latinoamericana e Caraibica di Mail Artists e negli anni successivi partecipò a centinaia di mostre in tutto il mondo, restando una figura di riferimento per intere generazioni di artisti indipendenti. Nel 2010 il Museo d’Arte Moderna Weserburg di Brema gli dedicò una mostra personale, riconoscendolo come uno dei pionieri dell’editoria d’artista e della comunicazione alternativa.
Artista multidisciplinare, Clemente Padín si è mosso tra poesia sonora, videoarte, performance e azione pubblica, sempre con una forte attenzione alle implicazioni sociali e politiche del linguaggio. «La Mail Art non è fatta per l’arte che viene pubblicizzata, è lì per essere consumata e comunicata», scriveva. «Il contenuto politico dell’arte è indissolubilmente legato al contenuto artistico. La Mail Art si mostra come una forma di coscienza sociale».
Marxista convinto, definito un artista callejero, “di strada”, Padín preferiva le vie affollate ai musei, convinto che l’arte dovesse rimanere accessibile e collettiva. Negli ultimi decenni aveva ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Pedro Figari (2005), il Premio 400 años dell’Università di Córdoba (2015) e il Premio de Honor Bernard Heidsieck del Centre Pompidou (2019).
In Italia, Clemente Padín ha intrecciato un dialogo costante con la scena della poesia visiva e della Mail Art, partecipando a numerose rassegne e progetti che ne hanno riconosciuto il ruolo di ponte tra le neoavanguardie europee e latinoamericane. È stato presente in diverse edizioni delle mostre curate da Ruggero Maggi, tra cui Arte Postale: omaggio a G.A. Cavellini, e nelle iniziative del Museo d’Arte Moderna di Montecarotto – MAM e del Musinf di Senigallia, dove la sua partecipazione è stata costante per oltre 40 anni.
Le sue opere e documenti sono oggi conservati presso la Fondazione Bonotto di Colceresa, che ne ha esposto i lavori in mostre dedicate alla Poesia concreta e al Fluxus. Negli ultimi anni, Padín è stato inoltre incluso in rassegne italiane sulla comunicazione alternativa e sulla performance, come Mail Art Day e Arte Postale – Network dell’utopia concreta, a testimonianza di un’eredità ancora viva nel panorama dell’arte di ricerca internazionale.
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