Categorie: Personaggi

Tu cosa pensi della scena artistica italiana?

di - 27 Luglio 2015
Per la fine di settembre il Centro Pecci di Prato ha lanciato un Forum per discutere lo stato dell’arte italiana. Lo spunto è dato da una realtà di cui Exibart si è già occupata in occasione della Biennale di Venezia in corso: la progressiva assenza degli artisti italiani dalle grandi manifestazioni internazionali.  Un dato di fatto a cui è necessario agganciare una riflessione più generale. Cominciamo a farlo con questo intervento di Antonia Alampi, una delle tante curatrici italiane emigrata all’estero. Nella fattispecie al Cairo e in giro per il mondo. Ecco quello che pensa.
Ho sempre qualche difficoltà nell’incastonare pratiche artistiche e culturali in definizioni e rappresentazioni geografiche. Lo ammetto, la fatidica domanda sul cosa ne penso della scena artistica italiana mi è sempre apparsa intrinsecamente sciovinista, se non miope rispetto a un mondo non solo culturale che sempre meno si sviluppa e si definisce per aree geografiche. Il turbamento si abbina alla frustrazione per il fatto che a una tale apparente ambizione di identificazione nazionale non corrispondono politiche culturali ed economiche che effettivamente sostengano o incoraggino il coinvolgimento e la produzione di progetti di operatori culturali italiani (mi si passi il termine burocratico, ma si addice) sia a livello locale che internazionale. Non ci sono borse di studio per studiare all’estero, pochissimi sono i finanziamenti a spese di viaggi, progetti di ricerca artistica, nuove produzioni, pubblicazioni. Unico esempio che mi viene in mente è l’Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani, e in particolare il bando di concorso Movin’Up, che comunque copre una percentuale bassissima delle spese e si riceve solo una volta nella vita. In rari casi mi è capitato di trovare la collaborazione di un istituto di cultura italiano per la co-produzione di un progetto o evento che prevedesse la partecipazione di artisti italiani, il che in diversi casi ha reso difficile il loro coinvolgimento.

Un progetto culturale serio e con una visione di lungo termine di promozione, ma soprattutto di sostegno (ed è forse su questa differenza di termini che dovremmo riflettere) all’arte e alla cultura italiana contemporanea mi sembra di fatto inesistente, difficile dunque sorprendersi dell’assenza di artisti italiani in molte manifestazioni internazionali.
Ma tornando al quesito di base, e remore ideali a parte, la scena artistica italiana qualche elemento caratteristico e caratterizzante ce l’ha, sempre più spesso purtroppo in negativo, su cui bisognerebbe discutere collettivamente con urgenza perché troppi sono i problemi irrisolti e ampliatisi col tempo e non c’è dubbio che il Paese si trovi in uno stato di crisi da cui si dovrebbe almeno sperare (e tentare attivamente) di uscire. Ne menziono brevemente una manciata: una fragile e discutibile infrastruttura istituzionale pubblica, ancora e quasi grossolanamente troppo dipendente dagli umori altalenanti della politica e dei suoi rappresentanti; assunzioni istituzionali opache e pochi concorsi aperti; pochi spazi educativi post-laurea di qualità e prestigio internazionali; uno sfruttamento sistematico del lavoro non retribuito o pagato in nero (per la cronaca: questo stesso articolo è azione di volontariato); una frammentazione della scena artistica per centri urbani non necessariamente comunicanti; un cinismo dilagante rispetto alle possibilità offerte dal sistema e una endemica sfiducia nell’applicazione di criteri di meritocrazia e trasparenza; la difficoltà di sopravvivenza di istituzioni indipendenti di piccolo e medio taglio… non voglio naturalmente sottovalutare o negare la presenza di elementi positivi, tra cui le molte riviste di settore di ottima qualità e la forte e dinamica rete di istituzioni private che si affianca al sistema pubblico, spesso colmandone le lacune.
Tra il 25 e il 27 settembre 2015 parteciperò al Forum dell’arte contemporanea italiana al Centro Pecci di Prato, dove spero che molte delle questioni appena elencate verranno affrontate e alcune alternative proposte e costruite, attraverso un dibattito critico e aperto. Mi auguro una vasta partecipazione, non per campanilismo ma per quel senso di nazionalismo sano che incoraggia a trattare bene il territorio e la realtà cui ci si sente legati e a sentirsi responsabili in prima persona del suo benessere e del suo possibile cambiamento.
Antonia Alampi

Coordinatrice di uno dei tavoli del Forum.

Visualizza commenti

  • Come si deduce dall’intervista il problema non sono gli artisti, che sono a uffa, ma il sistema che non è stato capace di variare e di svilupparsi in diverse forme, questo proprio per la miopia di critici, curatori e galleristi che hanno preferito creare una rete di amicizie che però non regge qualitivamente, poi che lo stato debba intervenire in questo sostegno mi pare l’ennesima confusione fra mercato e cultura, lo stato dovrebbe fare cultura il sistema fare mercato, quindi privati a cui i collezionisti (la parte ricca del sistema sociale) gioca a fare questi sviluppi.

    E che dire dell’idea degli spazi educativi post-laure come se un titolo di studio proprio nel settore dell’arte avesse un valore…

    E le riviste di settore sarebbero il lato positivo????

    Ma da quale cilindro è uscita questa qua???

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