Una fredda estate romana |

di - 12 Luglio 2012
Estate Romana: riflessioni  tra arte e calcio. Qual è l’offerta di mostre estive nella città eterna, che il turismo internazionale identifica come una capitale dell’arte mondiale? Cosa offrono le strutture espositive cittadine ad un giovane turista americano, francese, russo, tedesco o anche italiano che voglia abbinare una mostra alla scontata visita ai Fori, al Colosseo o ai Musei Vaticani? Cominciamo dalla top list, che trova al primo posto le Scuderie del Quirinale: aperte nel 2000, avrebbero dovuto portare le grandi rassegne internazionali a Roma. Niente da fare: dodici anni dopo, le porte delle prestigiose Scuderie sono sbarrate fino ad ottobre, quando riapriranno per ospitare una mostra di Vermeer. Forse il turista non lo sa, ma la struttura che avrebbe dovuto fare concorrenza alla Royal Academy di Londra è aperta solo otto mesi l’anno!
Un po’ deluso, il nostro turista ha sentito parlare del MAXXI, il museo d’arte contemporanea del XXI secolo costruito da Zaha Hadid, per dialogare teoricamente con il Pompidou e la Tate Modern. Questa volta il museo è aperto, l’edificio sorprendente e piuttosto affollato, ma di grandi mostre dedicate ad artisti del presente nemmeno l’ombra, nonostante le sale con le collezioni permanenti: chiede al custode chi siano i responsabili e scopre che il museo è commissariato fino a settembre. Che strano! Sarà colpa della crisi? La tappa successiva è il MACRO, ampliato da un altro bel nome dell’architettura internazionale, la francese Odile Decq. Qui tira un respiro di sollievo: può visitare un’interessante mostra dedicata al Neon nell’arte contemporanea, in collaborazione con la Maison Rouge di Parigi, una retrospettiva di Claudio Cintoli, un artista degli anni Sessanta, di cui non aveva mai sentito parlare, e una poetica installazione di un altro artista, Gregorio Botta.
Nella seconda sede del museo, al Testaccio, è aperta una grande ricognizione sull’arte romana delle ultime generazioni, che non conosce ma ne è incuriosito. Prosegue il suo tour alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, un museo di livello internazionale con collezioni ben presentate in sale ampie e spaziose anche se un po’ troppo affollate di opere per i suoi parametri, una suggestiva installazione di specchi nel salone centrale, dell’artista italiano Alfredo Pirri, e un’interessante rassegna dedicata alle Headlines di Warhol, proveniente da Francoforte. Niente male davvero!
Prima di proseguire però da un’occhiata col suo Iphone ai programmi espositivi di Parigi e Madrid. Nella ville lumière c’è l’imbarazzo della scelta: la Triennale al Palais de Tokyo, al Pompidou espone Anri Sala, l’artista albanese che rappresenterà la Francia alla Biennale di Venezia 2013, alla Pinacoteca Nazionale c’è Modigliani e i pittori di Montparnasse, Helmut Newton al Grand Palais, Misia Sert, mecenate di Satie e Ravel, al Museo d’Orsay, Artemisia Gentileschi al museo Maillol, Wim Delvoye al Louvre, Gerhard Richter al Pompidou, Laurent Grasso al Jeu de Paume, Joseph Sert al Petit Palais. A proposito, e il palazzo delle Esposizioni, che dovrebbe essere il corrispettivo del Grand Palais? Ahi ahi, un’altra delusione: anche qui non c’è nulla! Ma come? Ha appena scoperto la mostra “La Tendenza” sull’architettura italiana contemporanea, aperta al Pompidou fino al 13 settembre. Deve andare all’estero per vedere l’Italia in mostra? Sembra di sì, visto che a Madrid c’è l’ultimo Raffaello in mostra al Prado e Piranesi al Caixaforum, mentre al MoMA di New York si è appena inaugurata la retrospettiva di Alighiero Boetti.
Tra rabbia e sconforto, si chiede: che senso ha aver inaugurato musei e spazi espositivi per mostre d’arte e tenerli chiusi o a basso regime nel momento in cui Roma e l’Italia traboccano di turisti che ormai, grazie ad Internet, possono selezionare le proprie mete turistiche anche in base all’offerta culturale? Perché l’Italia non si propone come un Paese culturalmente attivo e aperto alle giovani generazioni? Possibile che un Primo Ministro come Mario Monti, rispettato internazionalmente, possa pensare di non investire sull’arte per produrre crescita e innovazione in un Paese che da secoli ha puntato sugli artisti per realizzare i monumenti che milioni di persone vengono a visitare da tutto il mondo? Perché artisti contemporanei italiani come Boetti o Cattelan non vengono proposti dai grandi musei di Roma, Milano, Venezia e Torino?
Mentre siede sconsolato davanti al portone sbarrato delle Scuderie, il nostro malcapitato che non aveva mai visitato la capitale sfoglia “la Repubblica”, e nelle pagine di sport si imbatte in un fondo di Alessandro Volcanelli, dedicato alla nazionale che l’11 luglio del 1982 vinse il Mundial contro la Germania. «Trent’anni sono passati – scrive Volcanelli – ed è successo che l’Italia del pallone ha perso il suo appeal, la sua predisposizione a fare da guida al movimento […]. Allora la serie A era il campionato più bello del pianeta, con la fantasia ancora al potere, e tutti i calciatori stranieri aspiravano ad una chiamata in Italia».
Dopo queste lucide considerazioni, arriva l’amara conclusione. «Sono passati 30 anni e non abbiamo il tifo e il pubblico della Premier, la managerialità e gli stadi della Germania, non abbiamo i grandi club della Spagna. Una volta i campioni erano tutti qui. Ora ci sono rimasti solo gli stessi dirigenti, manager, procuratori. Anche quelli di trent’anni fa». Non solo nell’arte, ma anche nel calcio – udite, udite, come è possibile? – l’Italia è un Paese in agonia creativa. Ce la farà a riprendersi? In questa desolante estate romana, sembra proprio di no.

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