Artemis, veduta della mostra di Sugamiele e Riboli, Spazio15, Brescia
Artemis è il programma di volo portato avanti dalla NASA, dall’ESA e da altre agenzie spaziali, con l’obiettivo di far sbarcare sulla Luna, precisamente nella regione del polo sud lunare, entro il 2024, la prima donna e il prossimo uomo (l’ultimo fu Gene Cernan, nel 1972). Nella mitologia greca, infatti, Artemide, oltre a essere la sorella gemella di Apollo e dea della caccia, degli animali selvatici e della foresta, veniva anche identificata come la personificazione della Luna crescente. Da queste suggestioni, comprese tra i mondi della mitologia antica e l’universo da scoprire, prende le mosse “Artemis”, progetto espositivo presentato da Spazio15, a Brescia, che mette in dialogo un’installazione site specific di Mattia Sugamiele e le opere di Stefano Riboli.
L’installazione di Mattia Sugamiele si ispira all’evocazione di un paesaggio in un futuro distopico, un portale di una dimensione e un pianeta nuovo, che accompagna tutto il percorso della mostra. Le opere esposte sono di origine digitale: Sugamiele presenta delle sculture e dei rilievi di oggetti tridimensionali elaborati al computer, riproposti come forme fisiche e soffici, mentre Riboli lavora su tele che riproducono tracciati, ambientazioni e dissolvenze virtuali.
«Sono quindi di matrice duplice, tra mondo virtuale e reale, proprio come le nostre vite contemporanee che vivono a metà, tra momenti connessi e fisici. Anche la realtà diventa sempre più complessa da decodificare, con l’avvento delle applicazioni open source dell’intelligenza artificiale e la produzione diffusa di immagini e di testi generativi, che manipolano e danno forma a nuovi paradigmi di percezione, giudizio ed estetica», spiegano da Spazio15. «Nel mondo digitale le forme e gli oggetti tendono a smaterializzarsi, a fondersi, ad archiviarsi per diventare impalpabili, mentre le opere di questi artisti vivono il paradosso di una restituzione fisica, morbida, e ibrida, non puramente virtuale. Artemis riflette questo universo eterogeneo, in un’installazione specchiante che diventa spazio di interrogazione sul rapporto tra l’umanità e la tecnologia, dialogo di creazione, avversità e continua trasformazione».
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