L’analista dell’esistenza

di - 14 Maggio 2018
A partire dagli anni ‘60 Matt Mullican ha iniziato a cercare le risposte ai quesiti che fin da bambino lo spingevano a interrogare i genitori su dove fosse stato prima di nascere e dove sarebbe andato una volta morto.
Il suo pensiero mette al centro una soggettività interposta tra due poli: da un lato la percezione del mondo esterno e il processo con il quale lo rielabora, dall’altro la conoscenza dell’inconscio e le pratiche con le quali palesarlo. Quest’indagine l’ha portato negli anni a sottoporsi alla pratica dell’ipnosi per scoprire l’io interiore, a elaborare una soggettiva cosmologia composta da un alfabeto segnico, a collezionare immagini, elementi naturali e oggetti artificiali.
L’elevato soffitto del Pirelli HangarBicocca fa da cielo al mondo di Matt Mullican e la possente architettura lascia spazio all’intricato percorso che raccoglie quarant’anni di lavoro dell’artista. Accompagnato dalla curatela di Roberta Tenconi, Mullican porta ad una scala inedita la sua tipica struttura che accoglie, come una sezionata matriosca esperienziale, una gamma di opere molto eterogenea. Il visitatore si trova all’interno di un display che sembra seguire una sequenza progressiva di temi, medium, simbologie, supporti dove si alternano lavori di carattere progettuale a raffinate esecuzioni. Il geometrico labirinto, suddiviso simbolicamente in aree colorate, spinge l’osservatore da un settore all’altro secondo un movimento centripeto verso punti in cui le opere si addensano o a prendere le distanze per godere degli scorci che caratterizzano l’allestimento.

Matt Mullican, The Feeling of Things, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto: Agostino Osio

L’impressione è che lo spazio rispecchi l’eclettica personalità e la pratica dell’artista che tende alla rigorosa classificazione scientifica pur mantenendo una spontanea creatività. Non stupisce quindi la sensazione di trovarsi in una wunderkammer che rispecchia l’atteggiamento di Mullican nei confronti del proprio cosmo e di quello esterno: il bisogno di raccogliere e catalogare ciò che lo circonda, l’attenzione nell’archiviare ciò che ha progettato e costruito, il continuo desiderio di produrre e la costante operazione di definire la condizione umana. Addentrandosi nel circuito della mostra e nella carriera di Mullican si percepisce come alterni l’affidamento del proprio pensiero a personaggi fittizi autoconiati o presi in prestito dalla cultura popolare all’appropriazione di materiali presi dal mondo su cui agisce curatorialmente.
All’ingresso dell’esposizione quattro stendardi colorati appesi nella piazza (Untitled, 1990) introducono al campionario iconografico dell’artista, composto di pittogrammi che attinge dal mondo cinematografico e fumettistico, dalle insegne aeroportuali, segnaletiche e da illustrazioni scientifiche. Le navate sono solcate invece da otto banner rossi e uno giallo, che introducono alla cosmologia dei “cinque mondi”.

Matt Mullican, The Feeling of Things, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto: Agostino Osio

La sezione che apre il percorso è quella rossa, colore che rappresenta la soggettività e le idee, e contiene i lavori di That Person, figura che designa l’alter ego di Mullican mentre compiva performance in uno stato di trans, prima autoindotto, successivamente raggiunto tramite l’aiuto di un ipnotista.
L’area nera è dedicata alla comunicazione e al linguaggio. Nelle corsie delimitate dai bullettinboards e su una distesa di tavoli sono esposti lavori su taccuini, fogli, pellicole fotografiche, portfolio, libri e stampe prodotti dagli anni 70 ad oggi. La riflessione sulla rappresentazione oggettiva della realtà e la finzione della sua soggettiva interpretazione è data dalla presenza di opere che riarrangiano la narrazione di personaggi dei fumetti ai quali fornisce loro una vita precedente a quella raccontata nella storia o da foto che affiancano un cadavere a una bambola, entrambi oggettivamente non-vivi ma potenzialmente esistenti nella sfera soggettiva.
L’area gialla, che simboleggia l’arte, la cultura e la scienza, è la sezione geograficamente e concettualmente centrale dell’intera mostra in quanto riprende, per struttura e opere inserite, la forma e il significato dell’intero dispositivo. Costituisce un momento cruciale nell’evoluzione del percorso in quanto segna il passaggio dalla rappresentazione simbolica del mondo all’inserimento organizzato di oggetti veri e proprio del mondo stesso.

Matt Mullican, The Feeling of Things, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto: Agostino Osio

La sezione caratterizzata dal colore blu tratta la vita quotidiana e vede Mullican ragionare sulla trama della struttura che circonda l’uomo: la città. Vista come un intreccio urbano di architetture deputate a svariate funzioni, progetta con l’aiuto di tecniche avanguardistiche dei modelli virtuali di città attraverso monitor (Computer Project, 1986-90) o lightbox (Untitled, 1989).
L’area verde, dedicata alla materia e agli elementi, conclude la struttura con l’operazione più curatoriale dell’artista. Oltre a riflettere sulla percezione dei colori, subordinata alla luce che li illumina, introduce oggetti meccanici ed elementi naturali appartenenti ad altri musei meneghini.
Lo spazio del cubo chiude la mostra attorniando lo spettatore dai rubbings, ottenuti con il processo del frottage, molto caro all’artista. Sia la tecnica che presuppone una matrice e quindi il rapporto tra reale e fittizio, sia i soggetti che spaziano dalla cosmologia alla tecnologia, dalla fumettistica all’architettura e alla simbologia sintetizzano efficacemente la carriera di Matt Mullican.
In questo snodarsi di emicicli e vicoli cechi, la mostra interseca in una carrellata ragionata pratiche e temi del passato e del presente restituendo una visione unitaria dell’attività di Mullican. Un’attività che vede delinearsi la figura dell’artista come un analista dell’esistenza, del vivere e del vedere. Come un alchimista trasforma il tangibile in spirituale e l’inconscio in materiale palpabile.
Matteo Gnata

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