REIMMAGINARE MODENA

di - 28 Febbraio 2011
Un direttore che possa illuminare il futuro”.
Così l’assessore alla cultura Roberto Alperoli ha presentato nel giugno scorso
il neodirettore della Galleria Civica di Modena, Marco Pierini, scelto tra una
rosa di 47 candidati. Oltre a portarsi dietro il suo curriculum – che
comprende, accanto alla formazione accademica di studioso e docente
universitario, la conduzione dell’allora discusso Palazzo delle Papesse di
Siena, divenuto poi Sms Contemporanea nel complesso di Santa Maria della Scala
– ha formulato un progetto per gli anni a seguire che ha conquistato la
commissione, giocato sulla salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio
della galleria, sull’intersezione dei diversi linguaggi della cultura
contemporanea – dal teatro alla musica, alla letteratura – e soprattutto sul
legame col territorio. Exibart l’ha
intervistato per saperne di più sull’attività del 2011 e a seguire.

Nella
presentazione ai giornalisti a giugno aveva detto che si sarebbe trasferito a
Modena per conoscere profondamente la città, confrontarsi e creare un legame
col territorio. Durante i suoi primi mesi di direzione, com’è riuscito a creare
questo legame col territorio e soprattutto con la storia economica, sociale,
culturale della città? Che rapporto ha instaurato con gli artisti locali?

Il legame col
territorio si stabilisce solo vivendoci e lavorandoci, conoscendo le persone e
parlando con loro. Credo che sia necessario, soprattutto per chi come me viene
da fuori, porsi in prima battuta in un atteggiamento d’ascolto curioso e
rispettoso. Sugli artisti locali, di nuovo, credo che la cosa migliore, nei
primi tempi, sia quella di andarli a trovare nei loro studi – in questi mesi ne
ho visitati molti – e poi di portarvi il pubblico, organizzando visite agli
atelier.

La galleria porterà il pubblico negli studi? C’è già
qualcosa in programma in questo senso?

Ci sono le visite
guidate agli studi di Davide Benati, Franco Guerzoni e Giuliano Della Casa,
mentre lo scorso autunno siamo andati a trovare Wainer Vaccari e Andrea Chiesi.

Aveva parlato di
un interesse nello sviluppare l’intersezione dei diversi linguaggi, dalla
musica all’editoria. Il sito in effetti è diventato una piattaforma molto
efficiente e ha fatto uscire anche un magazine freepress legato all’attività
della Galleria Civica. Come si svilupperà in futuro il versante editoriale e
multimediale?

Continueremo le
pubblicazioni del trimestrale Civico 103
che, a partire da gennaio, è anche disponibile come applicazione per iPad. Sarà
poi necessario ristrutturare il sito web della galleria rendendolo più
accattivante e, soprattutto, più funzionale alle nostre esigenze.

Come intende
valorizzare il ricco patrimonio delle collezioni della Galleria Civica? Ci sono
progetti per il prossimo anno?

Vorrei continuare a
studiarlo, finire di catalogarlo, incrementarne la consistenza e, finalmente,
esporlo con regolarità. Dalla primavera prossima, infatti, gli spazi di Palazzo
Santa Margherita saranno dedicati alla collezione di fotografia e alla raccolta
del disegno italiano contemporaneo, mentre la Palazzina dei Giardini resterà il
luogo privilegiato per le mostre temporanee. Ovviamente, data la natura delle
opere in collezione – tutte su carta – ogni allestimento sarà di breve durata,
consentendo una rotazione abbastanza serrata del materiale.

Per quanto
riguarda invece il programma espositivo del 2011?

Alla Palazzina dei
Giardini, dopo Lo spazio del sacro,
allestiremo una mostra personale di Anna Malagrida, al suo debutto assoluto in
Italia. Stiamo poi lavorando a una grande retrospettiva per l’autunno…

Approfondiamo il
discorso sulle opere a km zero.
È già partito il progetto o è in
cantiere per il prossimo anno?

Premesso che la
formula delle opere a km zero è una semplificazione giornalistica che non mi
appartiene più di tanto, si tratta semplicemente di favorire – quando le
condizioni e il budget lo consentano – la produzione piuttosto che il trasporto
delle opere. Quindi, a ogni mostra, personale o collettiva che sia, ci sarà una
percentuale non indifferente di opere nuove, quando possibile realizzate
proprio sul territorio modenese, con l’ausilio delle industrie e degli
artigiani locali. All’interno della mostra Lo
spazio del sacro
, ad esempio, ci sono ben tre opere (su dodici) che
rispondono a questi principi: quella di Roberto Paci Dalò, realizzata in
collaborazione con il laboratorio di scenografia del Teatro Comunale di Modena,
quella di Josep Ginestar, materialmente costruita dall’Accademia di Belle
Lettere di Giorgio Tavernari, e quella di Paolo Cavinato, frutto della
collaborazione dell’artista con una ditta artigiana non troppo distante da
Modena.


Per quanto
riguarda il rapporto con le altre realtà istituzionali e private della Regione,
in particolare con quelle presenti lungo l’asse Parma-Bologna, ci sono progetti
di collaborazione in programma?

Io parto sempre
dalla necessità di avere rapporti (anzi, buoni rapporti) con tutte le
istituzioni, a partire da quelle più vicine territorialmente e affini per
natura. Le collaborazioni, se del caso, vengono di conseguenza. Per quanto
riguarda la realtà modenese, già si sono concretizzate ottime possibilità di
interazione con altri istituti culturali, dal Festivalfilosofia alla Fondazione
Emilia Romagna Teatro, dal Museo Civico al Teatro Comunale. Per progetti extra moenia, invece, è ancora presto.

Passiamo alla
nota dolente: quale budget avrà a disposizione per il 2011 e come intenderà
incentivarlo? Finanziamenti? Eventuali sponsor?

Il bilancio comunale
del 2011 è in fase di elaborazione proprio in questi giorni, quindi non posso
fornire dati troppo precisi. Credo tuttavia che potremo contare su un budget
simile a quello del 2010. Non sono cifre enormi, ma dovrebbero consentire una
programmazione di buona qualità senza troppi affanni. Le idee per incentivarlo
ci sono e andranno messe in pratica di concerto con l’amministrazione comunale.
Ci stiamo già alacremente lavorando e, in qualche caso, siamo già in attesa di
risposte.


Salutiamoci con
una domanda sul suo passato da direttore del Palazzo delle Papesse: com’è stato
quel periodo? A Siena si continuerà a fare arte contemporanea?

L’esperienza del
Palazzo delle Papesse è stata a dir poco straordinaria. Si fosse svolta in una
città non di provincia avrebbe forse avuto anche riscontri maggiori (cito a
memoria: Barbara Kruger, Jenny Holzer, Christian Boltanski, Annette Messager,
Emily Jacir due mesi prima del Leone d’oro alla Biennale, Gordon Matta-Clark, Francesca Woodman, il Gruppo Zero).
La mia stessa presenza a Modena e quella di Lorenzo Fusi alla Biennale di Liverpool credo vadano lette
anche come un riconoscimento del buon lavoro fatto. Quale sarà il futuro di SMS
Contemporanea, invece, andrebbe chiesto all’amministrazione comunale di Siena,
i cui piani in proposito sono avvolti nel più profondo mistero. O forse è solo
totale disinteresse?

articoli correlati

Lo
spazio del sacro a Modena

a cura di francesca
baboni


*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 71. Te l’eri perso? Abbonati!

[exibart]

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