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Frieze NY art week/3. Dal grottesco al Black Power. Tour tra le gallerie della Grande Mela

di - 4 Maggio 2018
New York val più di una fiera. Oltre a Frieze, Tefaf e a tutte le altre delle quali vi abbiamo parlato, la Grande Mela, in questi giorni, propone un ricchissimo calendario di mostre, altrettanto imperdibili. Riuscirete a visitarle tutte?
Da David Zwirner troviamo l’inquietante Jordan Wolfson, vincitore del Cartier Award assegnato dalla Frieze Foundation nel 2009 e che già aveva lasciato il segno alla Biennale del Whitney del 2017 con Real Violence, un film in VR di lunghissimi novanta secondi, durante i quali l’artista calpesta una persona fino a ridurla in poltiglia. Si trattava ovviamente di un robot animatronico, campo nel quale Wolfson eccelle. “Riverboat Song” è la mostra attualmente in esposizione negli sazi newyorchesi di David Zwirner, dove potremo assistere, non tanto tranquillamente, alla sua ultima produzione video, una favola cartoonesca e oscura, dai tratti surreali e shoccanti, tra allegre canzoncine pop ed esplosioni di ultraviolenza. Se preferite qualcosa di più rilassante, basta fare pochi passi, perché Zwirner ci tranquillizza con una bella mostra di nuove opere della sudafricana Marlene Dumas, che ci parla della storia di Venere, con la sua morbida tavolozza colorata.
Ma il grottesco sembra non essere passato mai di moda e così anche da Gagosian troviamo una mostra non semplicissima da digerire, con i dipinti monumentali di Jenny Saville. La Young British Artist torna a New York con una personale dopo sette anni di assenza, ancora con le sue opere ibride tra Willem De Kooning e Lucian Freud, con raffigurazioni di corpi fuori proporzione e costretti in pose schiacciate.
Interessante anche l’operazione del nuovissimo project space di Kurimanzutto, la galleria messicana di José Kuri e Mónica Manzutto che, dopo aver girato il mondo per venti anni, ha appena inaugurato una sede a New York che promette di essere stabile. Un passaggio importante, affidato a un nome sul quale poter fare affidamento, quello di Abraham Cruzvillegas che, per questa occasione, riesce a saturare gli spazi senza costiparli, con le sue sculture leggere e instabili realizzate mettendo in equilibrio oggetti di recupero.
New York è la patria del graffitismo, il padre legittimo della Street Art, e la città non dimentica le sue radici. Dopo un giro obbligato alla Moniker International Art Fair, gli appassionati di urban culture non potranno perdere il grande show dedicato a Rammellzee, al Red Bull Arts New York, lo spazio che il noto brand ha dedicato all’arte più sperimentale e di rottura. E così, ecco i samurai cibernetici e i puppets del pioniere dell’afrofuturismo, campione del Wild Style e delle Fat Cap, leggenda dei treni della metropolitana, scomparso prematuramente nel 2010. Red Bull gli dedica tutti e due i piani, con una retrospettiva che comprende il suo intero corpus, dai graffiti alle sculture, e con una approfondita sezione di archivio e di documenti video, su tutto il movimento del graffitismo.
Black Power al centro della mostra da Gavin Brown Enterprise, che porta nel suo nuovo spazio di New York la prima personale, dal 2000, di Arthur Jafa. In esposizione, una serie eterogenea di opere video, incentrate sul concetto della Blacknuss e su certi stereotipi del mondo occidentale, dalle cerimonie delle comunità cristiane di colore, agli spettacoli deprimenti dei demolition derby e dei monster-truck, fino alla storia di Mary Jones, nata Peter Sewally, sex worker e borseggiatrice a tempo perso della prima metà dell’Ottocento, una figura leggendaria ma reale.

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