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Immagini da un altro continente. L’arte africana protagonista dell’ultima mostra alla Fondation Louis Vuitton

di - 27 Aprile 2017
Dopo l’enorme successo ottenuto con “Icônes de l’Art Moderne-La collection Chtchoukine”, con più di un milione di visitatori, la Fondation Louis Vuitton accoglie “Art Afrique, le nouvel atelier” fino al 28 agosto. Un focus sull’arte africana contemporanea, passando da Dakar a Cotonou, da Città del Capo a Johannesburg, tra artisti affermati ed emergenti, attraversando foto, pittura, opere tessili, video e installazioni, dagli accenti politici e sociali, ai toni poetici e drammatici, dall’autoderisione alla ridefinizione di un’identità culturale e artistica.
La mostra si disloca in tre percorsi che partono da “Les Initiés”, con opere che datano 1989-2009, tutte parte della collezione dell’uomo d’affari Jean Pigozzi e realizzate da artisti subshahariani, tra i quali Seydou Keïta, Body Isek Kingelez, Moké, Chéri Samba, Malick Sidibé e Barthélémy Toguo. Il percorso è preceduto da due opere di Pascale Marthine Tayou, La colonisation, che vede sassi di vario colore sparsi dal soffitto al pavimento, e Les Indépendances Cha-Cha, in cui 53 bandiere dei paesi africani ricoprono parte delle scale mobili.
“Être là” è il titolo del secondo percorso, con un focus sull’arte sudafricana con gli artisti più rappresentativi come William Kentridge, David Goldblatt, Jane Alexandre, Sue Williamson, ma considerando anche le generazioni degli anni 70′ con Zanele Muholi, Nicholas Hlobo e Moshekwa Langa, fino agli anni 80′ con Kudzanai Chiurai, Lawrence Lemaona e Athi-Patra Ruga, chiamati, questi, i “born-free”. E, infine, un excursus su alcune opere africane parte della Fondation Louis Vuitton come quelle di Omar Ba, Omar Victor Diop e Lynette Yiadom-Boakye.
Tra le più giovani artiste dell’esposizione troviamo Jody Brand, classe 1989, che attraverso la fotografia si interroga sulle rappresentazioni attuali delle minoranze con lo scopo di sensibilizzare il pubblico alle aggressioni subite dai queer. Mentre il sudafricano David Koloane, classe 1938, pittore, attivista, scrittore, uno dei fondatori di The Gallery, la prima galleria d’arte gestita da proprietari di colore, presenta, tra l’altro, 3 street dogs, tre cani erranti che incarnano il simbolo della violenza, aprendo un dibattito sull’ambiguità che sussiste tra aggressore e vittima. Presente l’opera multiforme di William Kentridge con Notes Towards a Model Opera, un’installazione video monumentale composta da tre schermi, in cui l’artista si ispira a otto opere proletarie create durante la Rivoluzione culturale cinese tra il 1966 e il 1976, e che vede un susseguirsi di ombre cinesi, performers, bandiere rosse, manoscritti, cartine geografiche e slogan su musiche di Philip Miller. E, oltre all’esposizione, sono previsti concerti, film, dibattiti, incontri di letteratura e poesia. (Livia De Leoni)

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