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Un monumento particolare: gli Stati Uniti designano la taverna Stonewall Inn di New York patrimonio nazionale. Per non dimenticare la lotta per i diritti

di - 29 Giugno 2016
Per conoscere il valore dello Stonewall Inn, storico bar a frequentazione gay di New York, in Christopher Street al Village, bisogna tornare indietro di quasi mezzo secolo, nel 1969. Un’ordinanza della polizia di New York, solita alle retate nei bar omosessuali, vietava venissero serviti alcolici agli invertiti. Ma cosa può fare un bar, ieri come oggi, se non servire qualcosa da bere che non sia acqua fresca?
Il 27 giugno 1969 qualcosa cambiò. Fondamentalmente stanchi delle vessazioni, nonostante pare che le incursioni del New York Police Dept. avvenissero decisamente presto la sera, per far sì che poi le attività dei bar riprendessero normali nel culmine della notte, i frequentanti dello Stonewall si ribellarono a otto gendarmi (di cui solo uno in divisa) che si presentarono all’1.20 della notte con l’ordine di fare pulizia, e rispettare gli ordini.
Le versioni dicono anche che a innescare la rivolta fu tale Sylvia Rivera, transessuale, che gettò per prima una bottiglia contro un poliziotto che l’aveva pungolata con un manganello.
Da lì in poi le rivolte furono non solo frequenti, ma anche le voci contro le discriminazioni, la nascita del Pride, del movimento omosessuale che, da sempre, ha riunito generi e categorie. Perché questa premessa arcobaleno? Perché lo Stonewall Inn è diventato un monumento nazionale, lanciando di nuovo “avanti” gli Stati Uniti che apprezziamo oltre la politica, oltre l’American Way of Life.
E ad annunciare la novità non è stato un Presidente di un’associazione LGBT, ma il Presidete Obama, che ha riconosciuto come “monumento” anche l’adiacento Christopher Park, quello che ospita – per intenderci – le celebri sculture di George Segal.
«Diamo il benvenuto a Stonewall e Christopher Park nella famiglia del Grand Canyon, di Yosemite, della statua della Libertà, dei luoghi più importanti d’America», ha detto John Jarvis, direttore del National Park Service, mentre Sally Jewell, segretaria per il Dipartimento degli Interni, ha spiegato che il Paese ha bisogno di un monumento che serva per la lotta all’uguglianza (LGBT, per noi, può essere messo tra parentesi).
Peccato che tutto si sia mosso (a caso?) dopo la strage di Orlando, anche se il piano di far diventare la taverna del Greenwich Village un monumento nazionale era in cantiere da due anni.
Fatto sta che ora Christopher Park non solo sarà tutelato dalle Guardie Forestali (il che fa decisamente ridere, per una piccola piazzola verde nel cuore della metropoli, ma tant’è), ma avrà anche un ufficio per informare i visitatori circa la storia della zona. Che non fa mai male. Ma la cosa più importante, e intelligente, agli occhi di chi vede monumenti continuamente vilipesi, e a volte completamente inutili, da una parte e dall’altra, è che ora a dover essere tutelato un pezzo della vita di New York e del mondo intero, dove ancora si può bere una Coca Cola o un whiskey. Ed è forse il più bell’omaggio alla memoria che si possa fare: viverla. Oltre a continuare a combattere.

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