Massimo Quaglino (1899-1982) che insegnò all’Accademia Albertina di Torino dal 1955 al 1969, fu anche grande pittore, illustratore, decoratore, personaggio di spicco nel panorama torinese degli anni Cinquanta e Sessanta. Oggi l’Accademia e la Regione Piemonte gli dedicano una retrospettiva dove vengono analizzati i diversi aspetti della sua opera. Entrando nelle sale della Pinacoteca si ha il piacevole impatto con la grafica di Quaglino, con le opere su carta dei reportage – come Cronache di vita di bordo del 1942 – dove il tratto svelto e deciso del carboncino bene si adatta a questa variante dell’illustrazione. Sanguigne, carboncini, acquerelli, inchiostri; cartoline illustrate, fogli litografici per opere teatrali come l’Orlando Furioso o i Promessi Sposi, immagini fluenti che sintetizzano ed incorniciano attimi di vita quotidiana, quasi con l’occhio fotografico del cronista piuttosto che del pittore.
Nella sala dedicata alle opere pittoriche prevalgono le vedute del suo Piemonte, ma anche le nature morte e gli interni familiari con alcune tele particolarmente significative come Ritratto di Pierina (la moglie) del 1929 con un riconoscibile segno anni Trenta. Nella pittura di Quaglino è evidente l’influenza dei chiaristi lombardi nell’uso dei toni chiari e nella pittura smaterializzata che mette in risalto la chiarezza e la leggerezza del dipinto. Fra i “maestri” del pittore che fu un autodidatta, ci sono sicuramente De Pisis e Pierre Bonnard. Da quest’ultimo Quaglino non seppe però tradurre in lessico proprio il sapiente uso degli scorci e dei tagli prospettici, forse ciò è dovuto al suo essere scenografo in qualche modo legato alla centralità della veduta che si ripete nelle nature morte, dove i vasi con pochi fiori troneggiano al centro delle tele. Nell’ultimo periodo della sua attività, che si protrasse fino al 1982, egli diede vita ad una serie di tele dal contenuto quasi ironico, con manichini abbigliati in vario modo, che danno luogo a scene e personaggi che non hanno valenze simboliche, ma vanno letti nella loro semplice e giocosa presenza. Vale la pena citare le uniche due ceramiche presenti nell’esposizione, sono marcate Lenci e presentano una notevole grazia nei colori e nel serrato ritmo dei lineamenti, di sicuro impatto visivo. Ancora una volta consiglio di andare a vedere la mostra che richiamerà l’attenzione sia di chi ha più interesse per la grafica che di chi è più attratto dalla pittura, un’occasione anche per gli studenti dell’Accademia che possono vedere da vicino le opere di un grande insegnante che trascorse molto tempo a contatto diretto con i giovani. Una lezione di arte per tutti.
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