Inizia a novembre una serie di eventi che fa parte dell’iniziativa “Cinema in mostra” curata dall’Overstudio, in cui alcuni artisti nazionali presentano opere incentrate sullo specifico cinematografico, collocate nelle sale del circuito Aiace. Lo scopo della rassegna trascende il semplice aspetto espositivo, cercando di coinvolgere il pubblico in un contatto diretto con gli artisti durante le anteprime di alcuni film.
La prima di queste mostre vede protagonista Anna Comba, la cui ricerca artistica ha spesso incrociato il mondo della celluloide, traendone stimolo e ispirazione, adoperandolo come tramite per esprimere le proprie passioni, le pulsioni, i desideri, gli ideali, reinterpretando il messaggio di locandine e immagini iconografiche con i suoi interventi grafici, i collage, le sovrapposizioni, gli strappi, tramutandole in una personalissima visione artistica, il cui soggetto rimane comunque l’esistenza umana con le sue tematiche spesso dolenti. Si, perché i lavori di Anna Comba non sono semplici collage, puzzle d’immagini in cui predomini l’estetica o la bella forma. La visione del mondo che vi emerge, e quindi il messaggio, è dura e spigolosa, disincantata e attenta ai lati oscuri dell’umanità . Fin dai suoi esordi nel 1963, l’artista non ha mai smesso di esprimere sdegno e dissenso, a partire dall’intervento statunitense in Vietnam, passando per il sessismo, il consumismo, fino al maschilismo imperante, ad esempio, in quella Hollywood che con le sue dive e i suoi stereotipi, le ha fornito tanta ispirazione. Sono degli anni settanta i primi lavori sul mondo del cinema, dedicati a Marilyn Monroe e Rita Hayworth, riportate dall’artista torinese ad una dimensione umana “terrena”, come fragili vittime dello star system, quali in realtà furono.
Con il suo sguardo sempre attento ai fatti della vita e incentrato sull’uomo, in seguito la Comba vede nel Neorealismo la possibilità di narrare a modo suo le vicende legate alla gente comune, alla miseria e alla solitudine, intervenendo sulle immagini di quel filone cinematografico come “Riso amaro”, “Roma citta aperta” e “Umberto D.” e creando una serie di “ritratti” umani, in cui riesce ad ampliare con la propria manipolazione, il messaggio e la valenza a sfondo sociale. Sono a volte semplici e lapidari interventi, come la macchia rosso sangue sull’immagine di Pasolini, in grado d’impregnare di significato, di imprimere una visione personale forte e graffiante.
Fanno parte della lunga e articolata ricerca dell’artista altre forme espressive, non presentate in questa mostra, come i “rotoli” – decine di metri di carta con collage ed interventi grafici – e le performance come “San Sebastiano 2099 ovvero Anima di Carne”, testimoni di una continua evoluzione. Altre sue opere saranno visibili ad Asti, a partire dal 24 novembre presso il Diavolo Rosso, in P.zza San Martino, in occasione del IV Foto in-contro.
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