Tra le stanze della galleria più leggende aleggiano insieme. Intrecciandosi e distorcendosi, si concretizzano nel nuovo lavoro di Giuseppe Spagnulo. Da una parte il fuoco, che Prometeo donò agli uomini suscitando l’ira di Zeus, e che Spagnulo adopera per forgiare la sua opera, dall’altra il più reale ma ugualmente leggendario Cantico dei Cantici, il Libro per eccellenza. Sublime, misterioso, appassionato e appassionante.
Ed ecco all’entrata un imponente blocco di acciaio forgiato con una fiamma ossidrica, a rappresentare la copertina di un libro vuoto, o meglio, svuotato delle sue pagine. Esperienze sensoriali si susseguono e sovrappongono: l’odore del metallo fuso che dal naso scende alla gola, colori espressivi e inaspettati, il rumore impercettibile e grandioso di tanta massa materica insieme e le imperfezioni tattili delle superfici sconnesse dalla fiamma. Ed ecco un’altra pagina, poi una terza e un’altra ancora. Staccate dal taglio cruento del fuoco che li ha separati, i quattro blocchi-pagina si perdono nell’ambiente circostante. E collegati a questi, quattro grandi pagine monocrome, una gialla, una nera, una blu e una magenta, che contengono, finalmente, dei versi dei Cantico. Il libro ci circonda, ci avvolge. Nella sua interpretazione Spagnulo sembra voler ammettere l’impossibilità di rappresentare il celebre libretto lirico immobile come un’opera qualsiasi, ferma nel suo tempo e nella carte dove è stata scritta.
Il Cantico si muove, si sposta intorno a noi, i suoi versi, di sabbia lavica e pigmenti, escono dalle carte dipinte e ci colpiscono violentemente parlando d’amore e di passione. Tonnellate di acciaio che aleggiano a mezz’aria, forti, ma private del loro reale peso corporeo. La solidità della terra è stata nuovamente sconvolta dall’imprevedibilità della fiamma, ma ha finalmente trovato la pace nella leggerezza della parola.
Belle ma simbolicamente meno cariche le opere più piccole al piano inferiore, dove il tema è comunque il contrasto tra la materia e le sue leggiadre forme possibili.
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bell'articolo..mi piace come scrivi. La mostra sembra interessante. good.