“
È Citera, l’isola di Venere”: la nitida immagine della Grecia classica si fa strada nella mente, la Grecia pagana e luminosa, “
i cui sani appetiti hanno tutta intera la nostra indulgenza” (Guido Gozzano). Ma Citera è anche l’isola triste e nera di Baudelaire, dove sull’idillio si stende gelida l’ombra di una forca.
La
Cythère di
Michele Dantini non è solo questo; è citazione del quadro di
Watteau, ma anche ambivalenza espressiva ed enigma della mente. Natura, mito, narrazione di viaggio, incontro e scoperta. Forse solo illusione. Perché demitizzare l’isola di Afrodite serve a svelare il simbolo, a renderlo “segno” carico di molteplici significati e ambiguità.
La comprensione dell’opera di Dantini passa necessariamente attraverso “
l’alto profilo estetico che formalmente le opere mostrano” (Alberto Salvadori), ma in essa va trovato un viatico che serva non solo di augurio al viaggio, bensì sostenga il visitatore nel dedalo della relazione tra immagine e miraggio.
Il lavoro dell’artista denota il piacere dell’enfatizzazione sia nelle dimensioni delle foto, tutte di grande formato, sia nell’accuratezza filologica, che diviene rigore nella ricerca dell’imprevisto e nella compulsa e narcisista solitudine. I suoi scatti volgono lo sguardo verso una natura spesso domata dalla mano dell’uomo, ma la figura umana non si vede mai.
Eppure pesante è l’intervento che modifica il paesaggio, sia esso naturale, architettonico o museale. Così, i giardini sono appannati da vetri che ne intorbidano la visione in
Cythère #14 o da tendaggi semitrasparenti in
Cythère #3. Le foto captano sembianze umane solo nei busti, nelle statue dei musei, o imprigionano animali in imbalsamati trofei zoologici, come in
Cythère #4 e in
Cythère #6. La perdita di fisicità arricchisce le opere di simbologia, diventa pura immagine interiore, dimensione della psiche.
La mostra trova ottima collocazione nel complesso di Villa Bardini, dove il contesto architettonico e il giardino con ampia veduta su Firenze accolgono i molteplici aspetti culturali di anni di storia e arte. Nel piccolo spazio di BardiniContemporanea si articola la rete del Museo Diffuso del contemporaneo e si snoda il sentiero di Dantini, che introduce l’osservatore “
in una tessitura impalpabile di momenti ‘irrealizzati’” (Luigi Fassi).
Il cerchio si chiude, tornando all’immaginario di Watteau, alla desiderata armonia fra mito e realismo.
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Citera,l'isola greca in questione, mi fa pensare molto alla mia Pantelleria...!
Un augurio al Professor Dantini per la sua mostra!
Silvia (Master M.E.C. Università Cattolica,Milano)