La personalità di Giorgio Moiso si palesa al pubblico fin dall’ingresso, che si apre su una tela dipinta in occasione dell’inaugurazione della mostra. Durante il vernissage si è svolto infatti un happening pittorico durante il quale l’artista ha creato un’opera dal titolo Performance painting. Accanto a Moiso c’erano due musicisti, un trombettista e un sassofonista, membri della band con cui l’artista suona abitualmente.
Musica e gesto pittorico si sono alternate, compenetrate, e hanno goduto di spazi di completa improvvisazione. Il gesto di Moiso sulla tela è stato accompagnato dalle note dei musicisti, mai in maniera casuale. Moiso stesso afferma che “ad ogni musicista abbino un colore, ogni strumento ha un colore”. Davanti alla tela bianca non si trova solamente l’artista, dunque, ma ben tre elementi: i musicisti che suonano i propri strumenti, i colori, e il pittore, che dirige e dipinge contemporaneamente. “Il jazz è la musica che più si adatta al mio istinto, alla mia pittura”, dichiara. Non bisogna dimenticare che Moiso stesso ha approfondito in giovane età lo studio della musica evidenziandosi come batterista in alcuni gruppi jazz. E se non fosse jazz? In realtà, “se io suonassi accompagnato da violini dipingerei lo stesso, solo che magari dipingerei qualcosa di ironico”, scherza.
I quadri sembrano costruiti su più piani: gli sfondi intensi sembrano sorreggere schizzi più veloci, fragili, dinamici. Il parallelo con il jazz è automatico. Anche lì, su una base di accordi che si succedono, il solista costruisce il suo fraseggio, libero e autonomo nella sua interpretazione, ma sempre nel rispetto dei tempi delle battute e delle regole armoniche di sottofondo. Si assiste dunque ad una doppia improvvisazione. La prima, di un Moiso-direttore che chiama i suoi musicisti ad improvvisare in un dato momento (ricordiamoci che ai suoni sono accostati dei colori). La seconda di Moiso in prima persona, che, usando le proprie mani in maniera assolutamente istintiva, tuffandole nei colori scelti, inizia ad improvvisare su un materiale, la tela pittorica, che a questo punto assorbe ogni stimolo dettato dalla musica. Musica che continua ad essere eseguita dai solisti, divenendo tappeto sonoro, sostegno, colonna portante del gesto pittorico.
Viene in mente l’immagine di un altro performer del jazz come Miles Davis che negli ultimi periodi della sua carriera dirigeva nei concerti con la sola scelta di una nota i suoi solisti: li lasciava improvvisare e quindi richiudeva e riportava al tema fondamentale del pezzo tutta la band.
Il quadro è stato lasciato negli spazi della galleria esattamente com’è stato dipinto, con un telo di plastica che copre il pavimento impregnato delle colate di colore. Tutti i quadri della mostra testimoniano della qualità pittorica-astratta di Moiso. “La mia pittura è suono e si capisce solamente come suono, se la guardiamo come suono”. La domanda più lecita è questo punto: Senza musica esisterebbe la sua pittura? “Io dipingo anche senza musica, nel silenzio, ma la musica è comunque nella mia testa”.
andrea mello
mostra visitata il 15 giugno 2006
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