Non spegnete la luce, è questo il titolo della mostra di Carolina Antich, un’artista argentina che da alcuni anni vive e lavora a Venezia.
Il titolo dell’esposizione si riferisce direttamente all’infanzia, tema dominante nei quadri della Antich, che dipinge quasi sempre bambini. L’infanzia più che un tempo della vita è piuttosto, in questo caso, un luogo; uno spazio in cui le figure diafane dei bambini rimangono quasi in sospeso. Un’infanzia silenziosa, dai colori pastello dei fondi su cui si stagliano piccole macchie di colore, i tratti del volto sbiaditi da cui emergono spesso solo gli occhi spalancati sul mondo. Bocche minuscole, chiuse, taciturne, di bambini composti che giocano alla guerra. Bambini soli nello spazio, la cui immaginazione emerge da un gesto, come nel gioco delle ombre cinesi, la cui fantasia scaturisce da un semplice oggetto come un prisma (Vedo doppio).
“I bambini sono i miei collaboratori”, afferma la Antich nella lunga conversazione con Chiara Bertola che fa da testo al catalogo, “vicino a loro vengo proiettata verso il loro modo di guardare…”. “Il modo di guardare dei bambini” emerge forse con più evidenza quando l’artista rappresenta altri oggetti, gli animali o i fiori, di cui esalta il loro aspetto inanimato tanto che ci appaiono come peluche, giocattoli o disegni fatti dai bambini stessi.
Nel rappresentare i piccoli protagonisti dei suoi quadri, la Antich ha una cura che tende al minimalismo, spesso appaiono come delle miniature in cui i particolari presenti sono curati ma essenziali. Il silenzio e la delicatezza dei gesti avvolgono lo spettatore, si tratta di un mondo ordinato, di frasi bisbigliate sottovoce, quasi un ossimoro rispetto all’infanzia che è invece il tempo del chiasso e del libero sfogo.
Ciò che emerge in modo più significativo è dunque il vuoto che c’è intorno a uno sguardo, quel vuoto che è il campo da gioco, in cui galleggiano i pensieri, sbiaditi e silenziosi. Un vuoto che lascia qualcosa di non detto, qualcosa forse che emerge solo nel buio, una paura da cui scaturisce una preghiera: non spegnete la luce.
Ecco dunque che appare il lato oscuro e più interessante di queste rappresentazioni che celano un segreto, un mistero sotto il velo di un’apparente compostezza. Bambini disarmati che giocano alla guerra con l’anima ricacciata nel profondo, deboli vittime di un mondo che spesso li dimentica relegandoli al silenzio.
mara sartore
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