Com’è possibile rendere visibile il movimento o, meglio, il concetto di dinamismo? Stefano Riboli (Crema, 1998) è riuscito in questa impresa nel suo ultimo lavoro sviluppato insieme al team di PROGETTO LUDOVICO ed esposto nella mostra appena conclusasi nello spazio di via Giovanni Paisiello 5, a Milano. PROGETTO LUDOVICO, infatti, è un concept e uno spazio, ideato e realizzato dal collezionista toscano Lorenzo Perini Natali con l’obiettivo di supportare iniziative d’arte contemporanea, affiancando gli artisti nella loro ricerca e produzione artistica focalizzandosi, in particolare, sulle sperimentazioni legate al tema della connessione tra arte e industria. Per individuare un’artista che rispondesse a questi criteri è stata lanciata una open call, “TO BE PUBLIC”, in collaborazione con il network di Non Riservato e, tra i vari candidati, è stato scelto il progetto di Stefano Riboli, “Dinamismo digitale”.
Attraverso 35 diapositive analogiche, l’artista cristallizza il movimento di una serie di automobili che, in un preciso momento, stanno percorrendo una strada. Le immagini, dallo stile un po’ pop e surreale, sembrano apparentemente quotidiane. Esse celano in realtà delle distorsioni: i veicoli, infatti, presentano degli elementi anomali, sono allungati o al contrario compattati, sdoppiati, alcuni hanno sei ruote, altri tre portiere per lato.
Questo strano fenomeno visivo è dovuto al fatto che Riboli rappresenta visivamente lo spostamento da un punto a un altro di un oggetto che di per sé è completamente inerte. In questo modo, viene sublimato uno scarto spazio-temporale, un passaggio che normalmente è impercettibile, ma che in questo progetto si manifesta in tutta la sua realtà .
Stefano Riboli ottiene queste immagini estraendole dalla funzionalità di Google Street View, un servizio di Google Maps e Google Earth, che permette agli utenti di visualizzare luoghi in tutto il mondo attraverso immagini panoramiche a 360°. Le immagini vengono registrate da veicoli chiamati Google Cars, sui cui tettucci sono installate delle macchine fotografiche dotate di 11 obiettivi differenti che spesso generano in automatico un’unione simultanea tra i vari scatti. A causa di questa tecnologia le registrazioni fotografiche possono avere delle imprecisioni e approssimazioni.
Riboli cerca proprio queste inesattezze, esplorando e scavando meticolosamente negli archivi di Street View e selezionando queste immagini “distorte”. Dopo aver individuato l’immagine, l’artista esporta il file, che viene poi stampato e fotografato con una fotocamera a pellicola. Le immagini vengono infine riprodotte su vetro per diapositive attraverso un complesso processo tecnico.
Il progetto di Stefano Riboli esplora la dualità insita tra i concetti di digitale e analogico, inerzia e dinamismo, reale e surreale. Attraverso un viaggio distopico che attraversa le strade di tutto il mondo, l’artista ci porta a esplorare luoghi reali che diventano immaginari e disumani, popolati da soggetti alieni e metallizzati. Questo progetto ci invita a interrogare anche la nostra percezione, ciò che vediamo o crediamo di vedere.
Attraverso il lavoro di Stefano abbiamo accesso a un istante invisibile, che in realtà non esiste, ma viene disvelato grazie all’immagine fotografica. Immersivo ed estraniante, il progetto dà luogo a un’esperienza che richiama una dimensione infantile e famigliare: ricorda quando ci si ritrovava in salotto con amici e parenti alla fine delle vacanze per rivedere le fotografie scattate durante il viaggio. In questa dimensione dal gusto un po’ retrò assistiamo alla rappresentazione della nostra società contemporanea.
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