La Legge di Bilancio 2026, per un intervento di circa 22 miliardi di euro, è arrivata al via libera definitivo alla Camera martedì, 30 dicembre 2025, dopo l’approvazione del Senato, con 216 voti a favore, 126 contrari e 3 astenuti: per la cultura e il turismo compaiono interventi molto diversi, da misure strutturali per musei non statali a nuovi strumenti di spesa culturale per i neodiplomati, passando per una serie di contributi mirati e fondi di settore.
Un capitolo riguarda l’assetto del Ministero della Cultura. La manovra introduce una deroga ai limiti percentuali per il conferimento di incarichi dirigenziali (uno di livello generale e uno di livello non generale) oltre le soglie previste dal d.lgs. 165/2001, a valere sulle risorse disponibili. Sul fronte del sistema museale, la novità è l’istituzione del Fondo nazionale per il federalismo museale, pensato come sostegno strutturale ai musei e ai luoghi della cultura non statali, con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2026. Nello stesso perimetro MiC rientra anche lo stanziamento per Matera “Capitale mediterranea della cultura e del dialogo 2026”, con 4 milioni per il 2026.
C’è poi il tema “Consumi culturali” e accesso. La legge istituisce il Bonus Valore Cultura, destinato a sostituire Carta cultura giovani e Carta del merito: entrerà a regime dal 2027 e sarà utilizzabile per biglietti di spettacoli, libri, abbonamenti a periodici, musica, strumenti musicali, ingressi a musei e siti culturali, oltre a corsi (musica, teatro, danza, lingue), entro un tetto di spesa complessivo fissato a 180 milioni annui. Accanto a questo, compaiono misure che intercettano scuola e filiere culturali: il fondo per l’acquisto dei libri di testo per famiglie con ISEE fino a 30mila euro, il contributo alle famiglie per studenti in scuole paritarie (sempre con soglia ISEE), e il rifinanziamento del Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria (60 milioni per il 2026), con effetti attesi sull’ecosistema editoriale e dell’informazione.
Il capitolo “Produzione e creatività” mescola interventi di settore e micro-finanziamenti. Sul versante audiovisivo, il testo segnala una riduzione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, un punto che, in queste ore, viene indicato tra i più controversi dalle opposizioni. Nella stessa logica rientrano anche la proroga del credito d’imposta per attività di design e ideazione estetica – con percentuale ridotta rispetto al passato e plafond complessivo fissato per il 2026 – e l’istituzione di un fondo per la promozione del sistema musicale italiano legato alle imprese di musica popolare contemporanea.
Un’altra linea è quella di cultura come infrastruttura sociale e diplomatica. Da un lato viene istituito il Fondo “Cultura terapeutica e cura sociale”, destinato a sostenere enti locali e terzo settore in progetti che usano arti performative e patrimonio come strumenti di sollievo e inclusione per persone con disabilità o in marginalità. Dall’altro compaiono misure di cooperazione culturale con Africa e Mediterraneo (Premio Mattei per la cooperazione culturale e Premio Olivetti per l’accessibilità culturale, più il contributo al progetto MAXXI Med a Messina), e interventi per la promozione della lingua e cultura italiana all’estero.
Dentro questo quadro, arrivano anche norme che toccano l’industria culturale e mediale in senso lato: dall’1 gennaio 2026 viene introdotto un contributo annuale “di natura tributaria” (2 per mille dei ricavi) per finanziare il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, a carico di soggetti di comunicazioni elettroniche, audiovisivo, piattaforme, editoria e servizi digitali.
Le opposizioni, intanto, leggono la manovra come un segnale di arretramento sui “settori della conoscenza”. In una nota, i componenti PD in Commissione Cultura alla Camera parlano di «Assenza di una visione» e di «Progressivo disinvestimento» su istruzione, università, ricerca e cultura, indicando come particolarmente critici i tagli e le ricadute sul cinema e sulle produzioni già previste, e chiamando in causa la linea dei ministri Alessandro Giuli, Anna Maria Bernini e Giuseppe Valditara.
In sintesi, il Bilancio 2026 mette insieme tre livelli: poche misure strutturali, come il nuovo fondo per i musei non statali, strumenti di domanda, quali il Bonus Valore Cultura, e una costellazione di fondi e finanziamenti mirati. Il risultato è un mosaico in cui la politica culturale si gioca meno su un’unica riforma organica e più su una somma di leve – governance, accesso, filiere creative, diplomazia culturale e welfare culturale – la cui portata sarà tutta da testare sul campo.
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