Superstar del K-Pop e anche mecenate: così RM salva l’arte tradizionale coreana

di - 5 Dicembre 2022

Si scrive 한류, si legge hallyu ed è un’onda. Metaforica ma non troppo. Così, in Corea del Sud, viene definita la portata della cultura popolare nazionale che, portando a un livello di raffinatissima sofisticazione il canonico binomio di tradizione e innovazione, ha letteralmente travolto la parte occidentale del globo terracqueo. Per la piccola nazione confinante con il 38º parallelo, che nella sua storia ne ha passate veramente tante, tra sanguinose guerre civili, colpi di Stato e ingerenze straniere, è un motivo di grandissimo orgoglio. E gli attestati di stima ormai sono veramente molti.

Già abbiamo scritto della grande mostra che il prestigioso Victoria & Albert di Londra ha dedicato alla cultura di massa sudcoreana. E abbiamo anche visto come Vans abbia moltiplicato di incassi grazie al boom delle Slip-On bianche indossate dai personaggi della serie Netflix Squid Game (se non l’avete vista, potete ascoltare il nostro Podcast). Per non parlare delle tante gallerie blue chip, come Perrotin, Pace Gallery e Thaddaeus Ropac che, oltre a riunirsi tra i booth di Frieze Seoul e KIAF, hanno deciso di aprire ambiziose e appariscenti sedi stabili nella capitale.

Più recentemente, la fondatrice e presidente della Kukje Gallery, Lee Hyun-sook, è stata nominata tra le 100 figure più influenti nella scena artistica contemporanea da ArtReview, l’autorevole rivista d’arte britannica che ha inserito, in questa speciale classifica stilata sulla base di un’analisi di attività recenti e del contributo al settore, anche l’italiana Cecilia Alemani (al secondo posto). Lee si è classificata un po’ più giù, al 75mo gradino ma la gallerista è nella lista dal 2015: partita dall’82mo posto, questo è dunque il suo ottavo anno consecutivo nel roster e il suo posizionamento più alto è stato il 60mo, nel 2019. «Lee non solo presenta al pubblico coreano una serie di autori storicamente significativi ma è stata anche determinante nella carriera di artisti tra cui Yang Hae-gue e ha contribuito a consolidare la reputazione di Dansaekhwa (il termine che indica la tendenza monocromatica dell’arte sudcoreana intorno agli anni ’70, ndr)», si legge nelle motivazioni di ArtReview.

Ma in Corea del Sud, le questioni d’arte e cultura riguardano una platea molto ampia, massimamente ampia. Per dire, RM, al secolo Kim Nam-joon, leader del gruppo K-Pop BTS, è stato acclamato pubblicamente per il suo mecenatismo, rivolto in particolare alla conservazione e al restauro di manufatti culturali coreani conservati nei musei esteri. Il rapper, compositore e produttore 28enne, che pochi giorni fa ha pubblicato il suo primo album solista “Indigo”, ha ricevuto una targa celebrativa dalla CHA – Cultural Heritage Administration, una agenzia governativa istituita per salvaguardare l’integrità delle tradizioni culturali della Corea del Sud. «Avete contribuito a preservare e promuovere i manufatti culturali coreani fuori dal Paese con grande affetto per il nostro patrimonio e la nostra storia. Siete degni di molto apprezzamento e gratitudine», è scritto, in stile tipicamente coreano, sulla targa.

La superstar del supergruppo K-Pop – i BTS hanno venduto più di 30 milioni di dischi e hanno contribuito a rivitalizzare l’economia sudcoreana, generando un indotto di oltre 5,5 miliardi di won, lo 0,3% del PIL annuale, grazie a concerti e contratti – è già ben nota per il suo coinvolgimento con la comunità artistica. RM è stato avvistato spesso in musei, fiere e gallerie anche internazionali, prendendosi una pausa durante gli intensi tour musicali. E molte delle sue visite sono raccontate anche sui suoi profili social (un po’ come la Chiara Ferragni nostrana, solo con meno polemiche e un pizzico di sobrietà in più).

Munifiche anche le sue donazioni, tra cui 100 milioni di won, circa 77mila dollari, alla Overseas Korean Cultural Heritage Foundation e altri 100 al National Museum of Modern and Contemporary Art di Seoul. Grazie alle donazioni, la Overseas Foundation ha potuto patrocinare la conservazione e il restauro di un hwarot, il vestito tradizionale da sposa, indossato dalle donne di nobile famiglia durante il periodo Joseon (1392-1910), conservato al LACMA di Los Angeles. In tutto il mondo, di questi abiti ricamati ne sono rimasti circa 40 esemplari, di cui una trentina in Corea. Sempre al LACMA è attualmente in esposizione, fino al 19 febbraio 2023, “The Space Between: The Modern in Korean Art“, mostra che esplora il complesso sviluppo dell’arte moderna in Corea, dal 1897 al 1965, tra memoria e influssi stranieri.

Collection of the Los Angeles County Museum of Art. Courtesy of Lacma

E nelle fotografie di presentazione dell’album “Indigo”, rilasciato il 2 dicembre, RM compare ritratto insieme a un’opera del grande Yun Hyong-keun, maestro dell’arte contemporanea sudcoreana, protagonista talaltro di una bellissima mostra a Palazzo Fortuny di Venezia. Insomma, dalle coste della California alla Laguna, l’onda sudcoreana arriva veramente dappertutto. Riuscirà a sommergere anche la corazzata del Brasile, nella partita valevole per gli ottavi di finale della Coppa del Mondo, nel deserto del Qatar? Sulla carta – hanji – non c’è partita ma il pallone, si sa, è una forma perfettamente sferica.

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