Wolf spider di Kor'sia Ph Veronica Condello
Chiamati, in terra di Puglia, a ideare una nuova creazione per ResExstensa | Porta d’Oriente (Centro Nazionale di Produzione della Danza) diretta da Elisa Barucchieri, i coreografi internazionali, di sede a Madrid, Kor’sia, ovvero Mattia Russo e Antonio De Rosa, di quel sud a loro vicino hanno respirato l’aria, toccato la terra, ascoltato il suono, raccolto le voci, tessuto gesti, per elaborarne una personale visione immaginifica, onirica e terrena contemporaneamente. Nel titolo Wolf spider (debutto al Teatro Kismet di Bari), non c’è solo il richiamo esplicito alla tradizionale taranta, parola e ballo mai così maldestramente abusati e consunti, come negli ultimi anni, da coreografi e non solo. Qui c’è altro e di più.
Mito, tradizione e modernità, nello stile di Kor’sia si intrecciano in un unicum dalla scrittura coreografica stilizzata e cinetica, rarefatta ed esplosiva, minuziosa e aperta, dove i danzatori attingono, nell’idea, all’emblematica “tarantata” – la figura vittima del morso del ragno -, ma restituita in movimenti traslati, astratti, evocativi.
La foschia che accoglie lentamente le silhouette dei performer – tra cui una figura che suona silenziosamente un grande susafono da banda musicale -, svela subito il rantolo gestuale di una donna attorno a un tamburello nero a terra, oggetto-perno che, moltiplicato e posseduto da ciascuno, assumerà altre forme tra cui, oltre a strumento percussivo, anche cappello e cesta per la semina.
Nella coralità delle azioni ritmiche e ossessive – il battito dei piedi -, o degli assestamenti a gruppo – in fila, in cerchio, frontali, di spalle -, si staccano assoli, duetti, quartetti vibranti, un intreccio degli arti fluido, contorto; e poi movimenti convulsi che si placano e riprendono in unisoni di braccia incrociate sulla testa, simboleggiando alberi – allusione agli ulivi morenti di Puglia – le cui radici si rigenerano nello scalpitio di gambe che la danza trasforma in un rito collettivo abbacinante contrastato da luci stroboscopiche.
Nessun richiamo didascalico alla taranta, bensì una rielaborazione altra, di modulata inventiva, un crescente stato di trance catalizzato nell’energia dei corpi dei nove generosi giovanissimi danzatori coi costumi neri firmati da Luca Guarini. Tra tormento e liberazione, tra ombre e luci che disegnano atmosfere chiaroscurali, conta molto la coinvolgente rielaborazione sonora di canti – la voce è di Enza Pagliaro – e percussioni popolari, mixate elettronicamente da Alejandro de Rocha (fedele sound designer di K0r’sia), sulla cui musica la danza diventa rito catartico.
Un diverso, a suo modo, rituale liberatorio, è la performance Hairy, di Dovydas Strimaitis – coreografo lituano attivo tra Francia e Belgio -, presentata nella stessa serata di ResExstensa. Tre performer, due uomini e una donna – Line Losfelt Branchereau, Benoit Couchot, Lucrezia Nardone – dai lunghissimi e folti capelli, attivano un turbinio di movimenti roteanti della testa, iniziando da una posizione del corpo piegato in avanti che nasconde il volto, lasciando ai soli capelli fluttuanti il compito di dare la spinta e trasmettere la libertà del corpo senza controllo.
Al martellante suono techno iniziale – composizione originale di Julijona Biveinyté – e una sequenza eccessivamente lunga, ripetitiva anche nei movimenti sempre uguali, coi performer bloccati nella penombra sul lato destro del palcoscenico, seguono piccoli spostamenti spaziali e variazioni posturali mossi da sprazzi di luce, mantenendo sempre quel ritmo rotatorio o ondivago delle chiome che sembrano prendere il volo, frustano l’aria, ricadono di nuovo in basso o si fissano nella frontalità delle posture.
In Hairy – i capelli, sembra dirci Strimaitis, sono il luogo dove si annidano le tensioni – vige una partitura coreografica rigorosa, ma senza una particolare evoluzione drammaturgica che solo verso il finale, l’improvviso silenzio e stacco sonoro a favore delle note di un violoncello – il Preludio dalla Suite n.4 di Bach -, sembrava introdurre un cambio sostanziale e un nuovo respiro alla coreografia, consumatosi però brevemente.
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