Leica I 35mm SLR camera with carrying case, c 1931 | Science Museum Group Collection Autore: Daniel Vincent | Ringraziamenti: Science Museum Group Copyright: © The Board of Trustees of the Science Museum
Nel 1925, la Leica I rivoluzionò la fotografia: una fotocamera compatta a pellicola da 35 mm, perfetta per l’azione, il reportage, la vita vera, capace di produrre immagini in formato orizzontale Una vera innovazione per l’epoca, che ha fatto da modello per tutte le fotocamere moderne. La portabilità, la rapidità, l’intimità dello scatto: tutto quello che oggi diamo per scontato, è nato lì. A distanza di un secolo, quel piccolo oggetto in metallo resta il simbolo dell’idea che la fotografia sia, prima di tutto, uno sguardo aperto sulle cose. Per celebrare i primi cento anni della famosa macchinetta, Leica ha organizzato una serie di mostre ed eventi in tutto il mondo ma è nella storica sede di Wetzlar, in Germania, che lo spirito Leica ha trovato la sua festa più autentica.
Nel 1925, la Leica I rivoluzionò la fotografia: una fotocamera compatta a pellicola da 35 mm, perfetta per l’azione, il reportage, la vita vera, capace di produrre immagini in formato orizzontale Una vera innovazione per l’epoca, che ha fatto da modello per tutte le fotocamere moderne. La portabilità, la rapidità, l’intimità dello scatto: tutto quello che oggi diamo per scontato, è nato lì. A distanza di un secolo, quel piccolo oggetto in metallo resta il simbolo dell’idea che la fotografia sia, prima di tutto, uno sguardo aperto sulle cose. Per celebrare i primi cento anni della famosa macchinetta, Leica ha organizzato una serie di mostre ed eventi in tutto il mondo ma è nella storica sede di Wetzlar, in Germania, che lo spirito Leica ha trovato la sua festa più autentica.
La Leica I, presentata ufficialmente nel 1925 alla fiera di Lipsia, è una di quelle invenzioni che hanno modificato il nostro modo di guardare il mondo. A pensarla per primo fu Oskar Barnack, un ingegnere della Ernst Leitz GMBH di Wetzlar, che già nel 1913 costruì un prototipo chiamato UR-Leica. La sua idea era tanto semplice quanto radicale: usare la pellicola da 35 mm del cinema per una fotocamera fotografica. Il risultato? Una macchina leggera (appena 350 grammi), maneggevole e pronta all’azione.
La Leica I Modello A montava un obiettivo fisso da 50 mm, la focale normale del cinema, e produceva negativi 24×36 mm, il famoso formato Leica, che sarebbe diventato lo standard universale per decenni e sopravvive ancora oggi nei sensori full-frame. Ma il genio non stava solo nella compattezza o nel formato: la Leica permetteva per la prima volta la fotografia a mano libera, senza treppiede, rendendo possibile cogliere l’istante con una libertà fino ad allora impensabile. Barnack la riassumeva così: «Piccoli negativi, grandi immagini». E aveva ragione: bastava un ingranditore e l’alta qualità dell’obiettivo per ottenere stampe nitide e suggestive.
In soli due anni furono prodotti circa 3mila esemplari e già nel 1930 la Leica I si arricchiva della possibilità di cambiare obiettivo, con un innesto a vite chiamato “passo Leica” – o LTM, Leica Thread Mount, che avrebbe fatto scuola. Con il suo corpo solido e il look essenziale, la Leica I sarebbe diventata il simbolo di un approccio moderno alla fotografia, più dinamico, più democratico.
Nella mostra The Pleasure of Seeing, ospitata all’Ernst Leitz Museum di Wetzlar, Joel Meyerowitz racconta il suo percorso: dagli esordi con la Leica M2 nel 1963 alle iconiche immagini urbane di New York, passando per i silenzi di atelier come quelli di Cézanne e Morandi. Una selezione di 100 scatti, curata con Karin Rehn-Kaufmann e Inas Fayed, che mostra come la Leica sia stata complice discreta di un’intera vita fotografica.
Eyewitness è il titolo della mostra di Édouard Elias, giovane fotoreporter che ha raccontato, con una Leica in mano, le crisi umanitarie in Iraq, i migranti nel Mediterraneo e la guerra civile in Africa Centrale. Le sue immagini, dure e poetiche, restituiscono la dignità a chi troppo spesso è cancellato dalla cronaca. Uno sguardo che chiede allo spettatore di prendere posizione. E in questi tempi, con un genocidio in corso, è una responsabilità che ognuno di noi deve assumersi.
Non solo jazz. Con These Are the Days, il musicista Jamie Cullum sorprende anche come fotografo. La sua mostra raccoglie ritratti, nature morte e paesaggi realizzati in tour, con un occhio intimo e giocoso. Cullum documenta la vita dietro le quinte, tra soundcheck e hotel, regalando al pubblico un taccuino visivo personale dove la Leica si fa strumento di confessione silenziosa.
Durante le celebrazioni è stato presentato in anteprima il documentario Leica, A Century of Vision, diretto da Reiner Holzemer. Tra interviste ad autori come il compianto Sebastião Salgado, Sarah M. Lee e lo stesso Meyerowitz, il film racconta non solo la storia tecnica della Leica ma anche l’impatto filosofico e culturale di uno strumento che ha reinventato il nostro modo di vedere.
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