Marco Gualdoni, The unseen toil, 2023
A pochi passi da Porta Galliera, nel cuore pulsante di Bologna, una nuova realtà si inserisce nel panorama artistico contemporaneo: la Galleria Leòn, diretta da Leonardo Iuffrida. L’inedito spazio espositivo si distingue per una visione curatoriale dinamica che intreccia generi e temi diversi riservando un’attenzione particolare alla fotografia e alle espressioni artistiche che utilizzano il corpo come principale strumento di comunicazione. Il programma espositivo si articola su due direttrici complementari pensate per interagire e arricchirsi a vicenda.
Da un lato, un prezioso archivio fotografico che attraversa il tempo custodendo scatti vernacolari che vanno dall’Ottocento a oggi, insieme a opere vintage di grandi interpreti della fotografia queer come Bob Mizer e Bruce of Los Angeles. Dall’altro, un denso programma di mostre temporanee progettato per offrire una piattaforma di visibilità e confronto ad artisti emergenti. In questo equilibrio, memoria storica e sperimentazione si incontrano nella Galleria Leòn, uno spazio capace di unire epoche e linguaggi diversi.
Ad aprire la prima stagione espositiva è Flemish Flair, una bipersonale che pone in dialogo le opere fotografiche di Camilla Di Bella Vecchi e Marco Gualdoni. I due fotografi, pur seguendo percorsi distinti, convergono nella creazione di atmosfere che richiamano la pittura fiamminga del XV e XVI secolo, ora reinterpretata attraverso la lente della fotografia contemporanea. Non si tratta di una semplice citazione stilistica: entrambi gli artisti riescono a evocare atmosfere sospese, dense di mistero, che sembrano galleggiare in una dimensione indefinita tra passato e presente. Nelle loro fotografie, corpi, oggetti e tessuti vengono rivelati senza alcuna gerarchia da una potente luce epidermica, che non solo illumina, ma trasforma conferendo loro una qualità fisica, quasi palpabile.
Camilla Di Bella Vecchi esplora la figura femminile attraverso un raffinato lavoro di autoscatti in cui rievoca i gesti e le pose delle donne ritratte nei grandi capolavori della storia dell’arte. Il suo corpo diventa lo strumento per costruire una narrazione in cui il gesto si fa portavoce di una storia più ampia, creando un dialogo tra passato e presente. Marco Gualdoni, invece, destruttura il corpo maschile dando vita a composizioni enigmatiche. Attraverso un attento gioco di luce, elementi floreali e dettagli scultorei, le sue opere si trasformano in nature morte contemporanee dove l’uomo non è mai protagonista, ma parte di un equilibrio più ampio. Nei suoi scatti, infatti, il corpo si dissolve nel contesto e si fonde con gli oggetti che lo circondano eliminando ogni gerarchia tra l’essere umano e l’ambiente.
Il mistero che avvolge le opere di entrambi gli artisti richiama la tradizione fiamminga, superando però la mera evocazione estetica. Gualdoni e Di Bella Vecchi non si accontentano infatti di affascinare; le loro fotografie pongono domande, stimolano il pensiero critico e spingono a riflettere sul ruolo dell’arte come strumento di conoscenza. In un’epoca dominata dalla rapidità delle immagini, digitali e non, la mostra in corso presso la Galleria Leòn ci chiede di rallentare, offrendoci uno spazio di riflessione dove non è più possibile accogliere passivamente ciò che vediamo. Con Flemish Flair, Leonardo Iuffrida propone una visione che sfida l’individualismo e il consumo superficiale tipico della cultura visiva contemporanea. Qui, la luce non è solo un elemento estetico, ma simbolo di conoscenza; uno strumento capace di trasformare la galleria in uno spazio di connessione che invita a riscoprire la curiosità come antidoto alle incertezze del presente.
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