Via Lactea. Courtesy and credits Alfio Tommasini
«Ciò che è fragile, esposto, pronto a incrinarsi, è anche ciò che ci porta a riscoprire piano piano la delicatezza di chi siamo, rientrando nel mondo con una sensibilità nuova, più sottile». Al racconto di queste parole, dei direttori artistici Simone Azzoni e Francesca Marra, si apre l’ottava edizione del Festival Grenze-Arsenali Fotografici a Verona, nella doppia sede del Meccanico e all’interno del Bastione delle Maddalene. Guardando la vulnerabilità che attraversa oggetti, persone e gesti quotidiani, dove la vita rivela la sua instabilità, i direttori artistici invitano ad osservare nelle immagini esposte come la fragilità smetta di essere soltanto mancanza e diventi, guardandola meglio, possibilità: un varco che svela la bellezza nascosta nella debolezza.
La fotografia, in questa cornice, diventa documento e mezzo per portare alla luce la precarietà della nostra umanità, la vulnerabilità insita in chi porta con sè disturbi visivi – e allo stesso tempo, per contro, le visioni meravigliose che questi portano – il pericolo della violenza domestica – e l’incredibile forza che ne viene nel denunciarla a voce alta, – l’intimità e la difficoltà della solitudine, la fugacità di un abbraccio, la melanconica distanza tra realtà industriali e locali che inevitabilmente creano le trasformazioni economiche nel corso del tempo. Ad affiancare la direzione artistica quest’anno la curatela di Erik Kessels, artista, designer e curatore olandese, mentre, per la sezione OFF, la curatrice Lisangela Perigozzo presenta una selezione di sei fotografi – Francesco Anderloni, Toby Binder, Federica Carducci, Francisco Macfarlane, Marco Sempreboni e Romina Zanon – in una mostra diffusa nel cuore di Veronetta.
Per la sezione Main, all’interno del Meccanico, le fotografie di un ospite d’eccezione: Pedro Almodóvar, con le sue still life dai colori pop, in cui convivono vitalità e leggerezza da un lato, decadenza e malinconia dall’altro. Immagini che riflettono sul valore della solitudine come catalizzatore del gesto creativo e sull’importanza della quiete, capace di trasformarsi in spazio privilegiato per catturare emozioni e momenti effimeri, fissandoli per sempre. Sempre negli spazi del Meccanico, Alfio Tommasini presenta Via Lactea, un lavoro che diventa testimonianza intima della vita montana negli allevamenti di bestiame destinati alla produzione di latte. Le sue fotografie raccontano il rapporto organico tra uomo e animale, mettendolo in dialogo con le nuove forme di meccanizzazione.
Al Bastione delle Maddalene l’esposizione parte con Icebergs di Nuno Alexandre Serrão in cui immagini dal sapore nordico e colori glaciali ritraggono delicati ma potenti ritratti di solitudine. Una solitudine che a tratti prende parte alla tristezza, alla contemplazione, e alla serenità di poter godere di un momento per ritornare a sé: leggendo, facendo un bagno al lago. L’allestimento in questo senso si configura come una serie di basamenti singoli dispersi nel primo ambiente del bastione, come fossero tanti piccoli iceberg, tante piccole isole che assieme, pur inconsapevolmente, formano un ecosistema di ritratti. Nel secondo ambiente Katarina Marković con In Passing sfrutta magistralmente la scissione di immagini nei loro colori primari, dal forte carattere connotativo, dove da una prima fotografia non rimangono altro che i colori, sorgenti del nostro vedere. Nel raccontare le fasi della vita, le immagini appaiono spesso sfocate, i volti nascosti da fiori o da corpi di altre persone, con una resa cinematografica che alterna realismo a visioni oniriche.
Nella terza sala, Tianyu Wang con Hiding and Seeking utilizza la performance art per riflettere sulla violenza domestica. Le immagini, messe in scena e realizzate in bianco e nero, evocano con ironia – talvolta grottesca e sadica – l’orrore di questa realtà, trasformando la rappresentazione in una denuncia tanto estetica quanto emotiva. Con EIDOLONS, Frédérique Dimarco propone una riflessione inclusiva in dialogo con i disturbi visivi dove la fotografia sviluppa una tensione tra apparizione e scomparsa. Utilizzando diapositive scadute, il risultato della sua ricerca visiva si avvicina al limite della visione: immagini sovraesposte, cancellate, annebbiate, caratterizzate da mancanze e “buchi” di luce, che amplificano il senso di precarietà e fragilità percepita.
A concludere il percorso espositivo al piano terra i progetti di Florine Thiebaud con COMING BACK, in cui l’artista dà voce ad un periodo personale difficile ormai passato, raccontando il suo resiliente viaggio di ritorno verso il benessere tramite autoritratti nella sua stanza da letto, e di Emanuela Cherchi con Tumbarino. Qui, nello splendido parco dell’Asinara, il progetto racconta il sorprendente e armonico connubio tra uomo e natura: ogni anno, infatti, ornitologi e ricercatori si dedicano all’attività di inanellamento di diverse specie di uccelli, un gesto di studio e tutela che diventa anche simbolo di cura e rispetto per gli ecosistemi più fragili.
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