Guy Bourdin Vogue Maggio (1970) Crediti: Copyright Guy Bourdin, 2025, Courtesy of Louise Alexander Gallery
«Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace»: è da qui che vogliamo partire per raccontare la mostra Deep Beauty, visitabile al MUDEC – Museo delle Culture di Milano fino al 25 maggio 2025. Cosa sia veramente la bellezza e quale sia stata la sua evoluzione nel corso del tempo è un quesito su cui si è soffermato il curatore Denis Curti.
Sessanta opere d’arte raccontano il modo in cui ci si è approcciati al grande tema della bellezza e, soprattutto, le trasformazioni che la rappresentazione della forma ha subito dall’inizio del XIX secolo fino ai giorni nostri. Le opere sono inserite in sei sezioni: Trasfigurazioni, Incanti, Vertigini, Labirinti, Nuovi Mondi, Artifici. Definire il canone estetico di bellezza è argomento assai arduo, per di più declinabile in diversi modi a seconda della variabile tempo, luogo, latitudine, punti di vista. Non è possibile fissare un unico ideale per tutti: la bellezza è qualcosa che si prova, che ci appartiene, che spesso fatichiamo a raggiungere.
La costante ricerca della perfezione formale può sfociare talvolta in frustrazione e conduce a soluzioni non ottimali. Da qui, la mente genera mostri con cui siamo costantemente chiamati a confrontarci.
«Nonostante le politiche di sensibilizzazione verso bellezze non convenzionali, restiamo soggiogati dalla dittatura della perfezione, alla continua ricerca di una versione migliore di noi stessi, in balìa di un’omologazione estetica che condiziona la nostra esistenza. Questo porta a nuovi stereotipi e ci spinge a chiederci quanto il miglioramento forzato influisca sul nostro benessere, rendendoci incapaci di vivere la nostra unicità», afferma il curatore. Questo vuol dire che la riflessione è direzionata a tutte quelle donne e uomini che abbiano fatto della bellezza un cruccio esistenziale, lo “specchio di Biancaneve” da interrogare quotidianamente. La bellezza ancora oggi rappresenta il bisogno di rappresentarsi secondo canoni convenzionali, riconoscibili da tutti.
«Siamo proprio sicuri che la bellezza universale esista davvero?» È la domanda che la mostra Deep Beauty rivolge al pubblico, per interrogarsi nuovamente su cosa rappresenti per ogni persona questo ideale. E soprattutto, è davvero importante la bellezza? E qual è lo spazio in cui deve essere confinata? È riconducibile alla sfera interiore o esteriore?
Il percorso, tuttavia, include anche l’altra faccia della medaglia: la mancanza di consapevolezza sulle tematiche del corpo e l’assenza di rispetto verso l’altro possono sfociare in atteggiamenti di violenza sociale quali il body shaming. In un’epoca così complessa, però, è fondamentale riscoprire pratiche rigenerative come la body positivity, che consiste nell’accettarsi di più e amarsi, contro ogni ragionevole mancanza di allineamento agli standard imposti dalla società.
Nella sezione Trasfigurazione, spicca l’immagine di Marylin Monroe, immortalata nella foto di Bert Stern, accanto agli scatti di Man Ray, Nino Migliori, Weegee, Irving Penn, Giovanni Gastel, Cindy Sherman, Michel Comte, ORLAN, Andres Serrano, Rankin, David LaChapelle. L’allestimento invita a riflettere su immagini alterate e chiede al visitatore di abbandonare i suoi riferimenti estetici per lasciarsi ammaliare dalla manipolazione della forma, in questo caso avvenuta attraverso la mano sapiente dell’artista. Nella sezione Incanti, opere di Julia Margaret Cameron, André Kertész, Florence Henri, Elliott Erwitt, Willy Rizzo, Frank Horvat, Ugo Mulas, Sandy Skoglund, William Klein, Thomas Struth, Alex Prager, Miles Aldridge mostrano come l’uso sapiente della luce sia capace di generare immagini di forte impatto che emergono dal fondo, soluzioni isolate di una componente umana in cui il fascino è garantito da sguardi magnetici e figure sinuose.
Vertigini, con opere di Horst P. Horst, Bill Ray, Tazio Secchiaroli, Gian Paolo Barbieri, Guy Bourdin, Jan Saudek, Robert Mapplethorpe, Peter Beard, Bettina Rheims, Ferdinando Scianna, Helmut Newton, Martin Schoeller e Mario Testino riflettono sul concetto di seduzione: come ricorda il significato etimologico, sedurre deriva da un latino, e significa condurre a sé. In questa sezione l’osservatore è ammaliato da immagini seducenti. Ma è più importante sedurre o essere sedotti? Magistrale lo scatto di Robert Mapplethorpe che raffigura Lisa Lyon (1981) in cui le forme leggiadre della modella accompagnano il visitatore verso la ricerca di un desiderio da attraversare. Nella sezione Labirinti sono esposte opere di Bill Brandt, Seydou Keïta, Miroslav Tichy, David Hockney, Lord Snowdon, Herb Ritts, Peter Hujar, Nan Goldin, Steven Meisel, Arno Rafae Minkkinen, Irina Ionesco, Erwin Olaf, Ren Hang, Toiletpaper. Ma la nostra attenzione si concentra su Nuovi Mondi in cui le opere di Juno Calypso, Maisie Cousins, Bodhi Shola, Weronika Gęsicka, Agata Wieczorek, Angelo Formato, Paolo Ventura, Carolyn Drake si pongono l’obiettivo di superare i limiti costituiti dalla forma, per esplorare mete e frontiere inattese su cui ridefinire nuovi confini.
L’allestimento si conclude con Artifici. Straordinario il video di Marina Abramović, in cui l’artista si pettina in maniera ossessiva, fino a dare prova di resistenza fisica al limite del masochismo. Presente anche la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, in cui la bellezza di una statua classica si confronta con il dramma contemporaneo della sovrapproduzione di abiti dismessi, precedentemente usati per produrre bellezza consumata e poi scartata. Opere di Alberto Maria Colombo e David Szauder concludono il percorso.
Deep Beauty ci mette in relazione con la nostra sfera interiore, quella che interroghiamo costantemente e che si insinua nel nostro pensiero, richiamando, in modo persistente, il desiderio profondo di accettazione. Invita a riflettere su temi esistenziali, a non soffermarsi sulla bellezza come mero dato estetico. La mostra cerca di comprendere quanto la forma possa rappresentare un concetto interiore di benessere e strumento per coltivare una vita più consapevole, piena e autenticamente appagante.
Scruta intimamente l’animo umano, ci mette di fronte alle nostre paure di sentirsi, o non sentirsi, la più bella del reame, piuttosto che Cenerentola. È un percorso interiore, da vivere in silenzio, poiché apre interrogativi esistenziali a cui possiamo dare risposte solo dentro di noi. La mostra è stata ideata dal team creativo di Ogilvy Italia sotto la direzione artistica di Giuseppe Mastromatteo, Presidente e CCO, realizzata grazie al sostegno di KIKO Milano e in collaborazione con Mudec, Comune di Milano, e 24 ORE Cultura.
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