Guido Guidi, Ronta, 2019 courtesy Guido Guidi e Viasaterna
Nel 1667 lo storico e critico d’arte francese André Félibien formulò in modo chiaro e conciso con un celebre discorso presso l’Accademia Reale di Pittura e di Scultura di Parigi un sistema di classificazione delle opere d’arte. Prima di lui, numerosi intellettuali, come il marchese Vincenzo Giustiniani e Giulio Mancini, avevano già delineato una gerarchia dei generi pittorici, che si sviluppò a partire dal Seicento e si diffuse in tutta Europa. Si trattava di un vero e proprio tentativo di categorizzare i generi pittorici in base alla loro importanza: al vertice vi era la pittura storica, mentre alla base di questa piramide ideale erano relegati il paesaggio e, infine, la natura morta, soggetti considerati privi di implicazioni morali o intellettuali.
Nel corso dell’Ottocento, tuttavia, questa rigida classificazione iniziò a perdere valore, anche a causa della sempre più diffusa fotografia. I grandi eventi storici non venivano più rappresentati sulle tele dalle abili pennellate dei pittori, ma immortalati direttamente dalla macchina fotografica, che divenne il principale strumento con cui raccontare la cronaca. Eppure, accanto a questo utilizzo documentaristico, la fotografia d’autore cominciò a rivalutare proprio quei generi bistrattati, considerati per molti secoli marginali. Queste premesse hanno guidato Luca Fiore nella costruzione di The Subject Matters, un’interessante esposizione che raccoglie 47 scatti realizzati tra il 1992 e il 2023. La mostra, concepita per gli spazi di Viasaterna, indaga, attraverso il lavoro di cinque autori internazionali, come questa forma d’arte si sia progressivamente appropriata di quei generi che, per lungo tempo, furono considerati secondari.
La prima artista in mostra è Terri Weifenbach, il cui lavoro è interamente incentrato sulla natura e si distingue per un approccio marcatamente non documentaristico. La fotografa statunitense non ritrae vasti paesaggi incontaminati, né animali rari e selvaggi; al contrario, predilige soggetti più intimi, come ciò che circonda la propria abitazione. Per la mostra sono stati selezionati quattro lavori inediti: le fotografie ritraggono frammenti del Jardin des Plantes e del Parc des Buttes-Chaumont di Parigi. Queste immagini sono contraddistinte dall’uso di una ridotta profondità di campo che genera ampie porzioni sfocate, quasi astratte. In mostra anche Untitled #10, una piccola foto in bianco e nero che raffigura il corpo contorto di un uccello in volo.
Si prosegue con l’anglosassone Vanessa Winship, nota per i suoi reportage realizzati in diverse aree del mondo, dal Regno Unito ai Balcani, dalla Turchia fino alle regioni del Mar Nero, approfondendo temi legati all’identità , all’appartenenza e alla memoria collettiva. Per questa occasione, la scelta del curatore si concentra su alcuni lavori che ritraggono il paesaggio nordamericano. Le sue fotografie immortalano scorci delle regioni rurali del Midwest, tratte dal libro Snow, pubblicato nel 2022. Le immagini restituiscono le atmosfere silenti dei territori innevati, gelidi e semiabbandonati. Tali sensazioni sono ampliate dalle tonalità tenui che dominano il suo lavoro, come è possibile osservare in Nodding Donkey (Oil pump).
La marina è, invece, il fulcro della produzione di Takashi Homma. Il fotografo giapponese, infatti, dal 2000 cattura ogni anno, nello stesso luogo, immagini delle onde che si infrangono sulla Costa Nord di Oahu, nell’arcipelago statunitense delle Hawaii. Un progetto concettuale, che si focalizza esclusivamente sul paesaggio marino, reinterpretando un tema tradizionale, ampiamente esplorato sia dall’arte occidentale, come nel caso del romanticismo tedesco, sia dall’arte orientale, di cui l’esempio più significativo è La grande onda di Kanagawa del connazionale Hokusai. Il lavoro di Homma, tuttavia, non ha nessun intento di celebrare la bellezza paesaggistica o le sensazioni sublimi che essa può evocare, quanto piuttosto il desiderio di catturare momenti apparentemente insignificanti, il singolo istante che rende ogni scatto irripetibile.
Il paesaggio torna protagonista anche nelle opere di Gerry Johansson. Tra il 1992 e il 2021, il fotografo svedese realizza una serie di scatti nel nord della Spagna, successivamente raccolti nella pubblicazione Spanish Summer. Un muro scrostato, le strade deserte di un piccolo villaggio, le ombre che si allungano sui casolari: Johansson riesce a cogliere la poeticitĂ di scene quotidiane, lontane dalle tradizionali concezioni di bellezza paesaggistica. Tutte le fotografie, realizzate con una macchina fotografica biottica medio formato 6Ă—6, sono in bianco e nero, accentuando il carattere intimo e atemporale delle sue composizioni.
Concludono la mostra, al piano inferiore, i lavori di Guido Guidi, artista cesenate attualmente protagonista di un’imponente retrospettiva al MAXXI di Roma, curata da Simona Antonacci, Pippo Ciorra e Antonello Frongia. Presso la galleria meneghina sono esposte 18 fotografie, tra cui una sequenza inedita realizzata nel 2016 a Chiesuola, una frazione di Russi, in provincia di Ravenna. In queste opere emergono alcuni elementi distintivi del lavoro di Guidi, come l’interesse per lo scorrere del tempo, la luce e le ombre, e la rappresentazione degli spazi abbandonati. Un’altra sequenza, realizzata nel 2001 a Venezia presso i Magazzini Ligabue e alle Zattere, riflette il medesimo interesse per luoghi dismessi e per le rovine industriali, privi di un valore estetico tradizionale, ma trasformati attraverso la fotografia che ne esalta la poesia nascosta.
L’esposizione The Subject Matters potrà essere ammirata presso gli ambienti di Viasaterna, a Milano in via Leopardi 32, fino al 4 aprile.
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