Categorie: Libri ed editoria

Economia dell’arte, arte del collezionismo, dal 2013 al 2021

di - 5 Dicembre 2021

Budget, crowdfunding, trend, sono termini caldi dell’economia, ormai assimilati nel nostro vocabolario quotidiano a prescindere dagli anglismi e che, sempre più spesso, si incrociano anche quando si parla di creatività e di estetica. Sicuramente sarà capitato di leggerle, sfogliando le nostre pagine dedicate al vasto mondo del mercato dell’arte, e avrete modo di approfondirle in “Economia dell’arte, arte del collezionismo”, ultimo libro pubblicato da Marianna Agliottone per Prinp Editore. Una agile pubblicazione che raccoglie una selezione di articoli pubblicati per Il Sole 24 Ore, dal 2013 a oggi, incentrati sugli aspetti gestionali, economici, finanziari dell’arte. Ma non solo, perché quando si parla di collezionismo è impossibile non riferirsi a qualcosa di decisamente più sfumato rispetto alla pur gassosa economia, cioè la passione. Quello stesso sentimento in alcuni casi azzardato – ma che qualche volta può rivelarsi un ottimo investimento – che porta alla creazione di associazioni, spazi, società, gallerie. Di questo sistema dalle ampie maglie si racconta negli articoli e oggi ce ne parla l’autrice, che abbiamo raggiunto per una intervista.

Iniziamo dalla copertina, una rielaborazione come sketch di In Art We Trust, opera del 2008 di Stefano Cagol dalla connotazione visiva di forte impatto e di sfuggente interpretazione. Puoi parlarci di questa scelta?

«Stefano Cagol, noto artista e caro amico, è entrato perfettamente nello spirito del progetto editoriale. L’immagine che ha ideato per la cover del libro mira a innescare, in maniera emblematica e controversa, una meditazione sul ruolo del denaro, e sui meccanismi dell’economia dell’arte. L’immagine è una rappresentazione della banconota da un dollaro, che richiama una sua opera del 2008 ma rielaborandola come schizzo, proprio per il mio libro, cancellando alcuni riferimenti e valorizzandone altri. Tre lettere sono state sostituite con perizia, senza dare troppo nell’occhio, ma modificando completamente il senso della frase, così invece che “In God We Trust” (crediamo in Dio), si legge “In Art We Trust” (crediamo nell’arte). Il risultato è un’opera abbastanza semplice, minimale ma molto potente».

In “Economia dell’arte, arte del collezionismo” sono raccolti articoli dedicati a diversi argomenti, pubblicati per il Sole 24 ore, quotidiano economico-finanziario. Questa particolare esperienza di scrittura ti ha portato a osservare e considerare i fenomeni dell’arte da un punto di vista specifico?

«Il taglio è molto economico e dunque rispecchia molto me come autrice, come operatore del mondo dell’arte e del mondo accademico. L’economia e il mercato sono tematiche di cui mi occupo da sempre, in particolar modo di collezionismo, dunque di patrimoni artistici nati da iniziative private, e quando ne scrivo il mio obiettivo è rendere la visione economica della loro pratica».

L’arco temporale degli articoli raccolti va dal 2013 al 2021 e non saprei se definirlo lungo o breve. Quali sono stati i cambiamenti più evidenti e significativi, nel settore dell’economia dell’arte?

«Direi le attività connesse con l’amministrazione della propria collezione ed il passaggio generazionale dei patrimoni privati dell’arte. Insieme alla sintesi avvocati e collezionisti che è sempre più frequente oggi nel mondo dell’arte».

Andando qualche pagina oltre al libro, quale posto potranno occupare la criptoarte e gli NFT al tavolo del collezionismo?

«Posso dirti ciò che auspico. Che ci si continui a concentrare sulla qualità dell’opera e non solo sul suo valore di scambio».

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