Quante volte abbiamo sentito fare uso, nel mondo dell’arte, della parola trasgressione, rispetto ad un artista o ad un’opera. Ormai questa parola circola nel nostro linguaggio come una riferimento normale per parlare di un’opera d’arte visiva o letteraria. Tutto è trasgressivo ma forse oggi niente è più trasgressivo. Per cui c’è una sorta di trasgressione forzata degli artisti e degli scrittori che ne ha annullato la capacità distruttiva e costruttiva della società. Si arriva al punto, dice Anselm Kiefer, in una delle pagine del libro, che essere rivoluzionari nel senso attribuitogli dal dadaismo, sarebbe reazionario, perché adesso sarebbe l’atteggiamento dello studente modello. Anthony Julius, critico, teorico e docente universitario, autore del libro, fa la storia della trasgressione nelle arti visive dell’Occidente e delimita questo complesso meccanismo, che ha prodotto conoscenza, proprio superando sempre i limiti che la società, attraverso leggi politiche e morali, ha imposto, per tutelare la propria esistenza. La molla che ha spinto Julius a scrivere questo libro è stata la famosa mostra del 1997, Sensation, che si tenne presso la Royal Academy di Londra, in cui, racconta in seguito, si aggirava turbato e infelice, questa esperienza visiva probabilmente lo sconvolse tanto da costringerlo a esaminare ed indagare le istanze che portano l’arte e gli artisti a produrre opere trasgressive.
Trasgressioni è quindi il primo tentativo sistematico di indagare un atteggiamento che fa parte della creatività artistica e che da 150 anni accompagna la storia delle arti visive. L’autore ne esamina l’inizio e la sua fine raccontando ciò che accade tra gli estremi: nel passato individua, come primo momento di trasgressione, sia formale che di contenuto, l’Olympia di É. Manet e nel finire dello scorso secolo, invece, Andrés Serrano con il suo Piss Christ, anche se una delle ultime opere che prende in esame è quella di Mike Bidlo Not Andy Warhol (Brillo Boxes) (1995), dove l’atto trasgressivo consiste nella trasgressione di una trasgressione precedente, quella operata da Andy Warhol in Brillo Boxes del 1964 e 1968. I supporti teorici fondamentali del libro e i criteri concettuali per la scelta delle opere esaminate partono dalle considerazioni fatte G.W.F. Hegel, sull’estetica, definendo le opere il regno sconfinato delle opere d’arte individuali, mentre l’altro fondamentale spunto è Georges Bataille, filosofo della trasgressione per eccellenza. La trasgressione per lui rappresenta l’aspetto utopico di ogni opera d’arte, quello che ci offre barlumi di un’esistenza non confinata da regole e costrizioni. Inoltre afferma che la trasgressione erotica è la trasgressione per eccellenza. Tutta l’analisi e l’apparato iconografico del libro, per altro molto ricco, oscilla tra questi ed altri spunti teorici e arriva a concludere che oggi la trasgressione, in quanto norma, ha concluso il suo cammino teorico. Ma credere questo forse è azzardato, l’Arte, infatti, non può fare a meno di esprimere la tensione che esiste da sempre con la Legge che governa la società.
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