La pelle è superficie, esteriorità, mancanza di profondità; ‘epidermico’ è sinonimo di superficiale, vago, esteriore. Eppure, la pelle porta i segni del tempo, rivela (con i suoi tatuaggi e le sue cicatrici) la storia di un individuo, i suoi drammi e le sue gioie; ne tradisce, sbiancando o accendendosi, accapponandosi o corrugandosi, le emozioni più profonde. Una pelle abbronzata o incartapecorita, vellutata o opalescente, screpolata o sepolta sotto uno spesso strato di fard dice spesso ciò che altri dettagli nascondono; ed è la pelle, percepita col tatto o con la vista, a ritornare spesso nei ricordi: il ricamo di capillari sul naso del nonno, la superficie ispida della guancia di papà, le mani profumate della mamma. Infine, la pelle è linguaggio: linguaggio del corpo, comunicazione chimica e gestuale, e, perché no, verbale: “Il verbo si fece carne e venne in mezzo a noi”.
Citando all’inverso questo passo di Giovanni, Dario Neira propone, nell’opera centrale della project room allestita negli spazi della Fabio Paris Art Gallery (John I, 14), una suggestiva dichiarazione di poetica: la pelle, fotografata nelle più diverse condizioni di luce, ingrandita e ricomposta in un collage che riempie il corpo del testo, si fa linguaggio, espressione, racconto; e la parola arriva a gridare ciò che la pelle può dire solo in maniera silenziosa, ne trasforma l’autismo in espressione libera, quasi gioiosa.
La paura raramente riesce a trasformarsi in un grido, a liberarsi in un flusso di parole: per lo più è sudori freddi, battito accelerato, pelle sbiancata e brividi. Con Fear, la paura immagazzinata in decine di epidermidi diventa un urlo colorato, che esplode al centro della parete e si ramifica sul pavimento nelle diverse Phobiae (2003): le ansie che condizionano la nostra vita quotidiana, incastonate al centro di minacciose spranghe di ferro che alludono alla violenza di cui spesso la pelle diventa testimone involontario, nella forma di escoriazioni ed ematomi, lesioni e cicatrici.
In tutte queste opere, la pelle testimonia di una moltitudine, ma non di un corpo collettivo: ogni frammento, diventato oggetto di indagine, dichiara con fierezza la propria individualità, la propria appartenenza ad un organismo non ripetibile. Un
domenico quaranta
mostra visitata il 28 febbraio 2004
Si intitola “I piaceri di Dagoberto”, era esposto a Venezia e adesso punta dritto al record, con una stima di…
Quale sia il destino di migranti, viaggiatori e poeti Ernest Pignon-Ernest lo esplora - ancora una volta - nell’Espace Louis…
Antonio Ligabue ha saputo coniugare le proprie inquietudini interiori con una forza inedita che si rivela nei suoi dipinti. Alcune…
Situata nello storico Palazzo Leonetti, la sede della Zurich Bank di Napoli si apre all’arte contemporanea: in esposizione una serie…
Si tratta di una mostra-evento dedicata a uno dei più importanti artisti tra XX e XXI secolo: un percorso fra…
Frieze, Tefaf, Independent, Nada, Future Fair, Esther e 1-54. Sguardo agli appuntamenti imperdibili nella Grande Mela, tra stand, debutti e…