L’idea comune è quella di fare interagire, mettendole a confronto diretto, realtà artistiche diverse fra loro, creando così feconde contaminazioni che stimolino il pubblico ad entrare nella macchina pulsante, contenitore ”fuori dal tempo” per ascoltare l’arte e vedere la musica. Il criterio dell’allestimento, che vede affiancate le esperienze artistiche di alcuni dei personaggi illustri del mondo della musica (Franco Battiato, Jovanotti, Luca Carboni, Andy dei Bluvertigo e Davide Toffolo dei Tre Allegri ragazzi Morti) a quelle di una nutrita schiera di artisti visivi (Laura Masserdotti, Karin Andersen, Cuorghi+Corsello, Giuseppe Tubi, Alessandro Gianvenuti, Mala Arti Visive, Chiara, Edoardo Stramacchia, Elenoire Casalegno, Charles Webster, Michael Houston, Pino Campanelli) e videoartisti (Brigata ES, Nina Otto, Interzone, Premiata Ditta, Marco Samorè, Interno Tre, Giovanni Surace, Miltos Manetas, Pieralli & Favi, Patrizia Giambi, Sandrine Nicoletta, Fabrizio Rivola, Oninopantsu, Francesca Semeria, Roberta Piccioni, Renato Bettinardi, Luciana Livi, Ottonella Mocellin, Sabrina Muzi, Annalisa Cattani, Alessandra Tortarolo, Andrea Contin), segue l’esigenza espressa dalla curatrice di offrire adeguato spazio di comunicazione a ciascuna opera, presentata come prodotto della ricerca delle personalità ritenute più interessanti nella scena contemporanea.
Gli autoritratti e i gadgets autobiografici di Chiara, gli ologrammi e il video della cyber-cartoon-performer Francesca Semeria, gli autoscatti-polaroid e i light-boxes di Laura Masserdotti, le auto-scansioni di Alessandro Gianvenuti, sembrano tentare di rispondere alla domanda “Does your body represent you?” che aleggia inquietante su un video all’inizio del percorso espositivo, come se la risposta alla provocazione della contaminazione non potesse che risiedere nell’artista stesso e non più nella sua opera, se non intesa come necessaria estensione del sé.
Isola alla deriva è invece la stanza dedicata a Stramacchia e Campanelli, vati di altra sensibilità o forse d’altra generazione apparentemente incuranti delle questioni proposte.
Spiace considerare il festival, pur conoscendone la ridotta disponibilità di bilancio , come un’occasione mancata; anziché una semplice vetrina dello stato dell’arte dell’eterogeneo mondo contemporaneo (o perlomeno del mondo di Flash Art) potrebbe costituire infatti un costante punto di riferimento da un lato per verificare le possibilità effettive di contaminazione tra le arti, commissionando ad artisti e musicisti ogni anno lavori ad hoc, dall’altro presentandosi così nel panorama dell’offerte spesso indifferenziate nel campo come una manifestazione in grado di distinguersi e di riferire le tendenze in atto ad una città finora sonnacchiosa che proprio in questi giorni sta tentando di dare un nome ai progettisti del suo nuovo museo d’arte contemporanea.
Alessandra Dosselli
[exibart]
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