Hanno esordito nel 2006, sottoscrivendo il manifesto del movimento post-futurista denominato Realismo Cubonauta: “
La realtà cubonauta è tutto quello che sta al di fuori della vostra realtà. Antidoto del veleno surrealista, rigore, centralità, matematica, freddezza sono la struttura della realtà cubonauta”, scrivono
Filippo Piantanida (Varese, 1979; vive a Milano) e
Roberto Prosdocimo (Pordenone, 1979; vive a Milano). E proprio da questi presupposti origina l’evoluzione della poetica del duo, ribattezzato
FRP2, che a Corsoveneziaotto presenta una selezione di tre diverse serie fotografiche, realizzate nel 2008:
Untitled,
Principe di Savoia e
La Scala.
L’analisi di una realtà simmetrica e il rigore della ricerca spaziale sono alla base del linguaggio estetico del collettivo, che ricostruisce scenari con minuzia fiamminga, metafora di una realtà poliedrica. Ambienti immersi nel lusso più sfrenato di stanze d’albergo, teatri e immensi saloni da cerimonia – ma anche paesaggi lacustri e marini -, nella loro rigorosa centralità suscitano un senso di spaesamento, rafforzato dalla presenza di bambini immobili nei loro gesti.
Scenografie di luoghi caotici e affollati, svuotati da ogni tipo di presenza, rimpiazzata solo dalle figure dei bimbi, che s’impongono al centro della monumentale rappresentazione con posture rigide e uniformi, a esorcizzare il caos della quotidianità. Bambini che diventano icone di una realtà patinata, ossessivamente perfetta, fuori del tempo e dello spazio, a rimarcare quello stato d’apparenza che cela l’essenza delle cose. In una società che spesso non ci appartiene e dalla quale FRP2 prende le distanze, per sfuggire all’omologazione che inevitabilmente imperversa.
L’impostazione rigidamente centrale e asettica d’ogni immagine è talvolta tradita da piccoli particolari imprevisti, come striature del legno o venature sul marmo o, ancora, calzini abbassati sulle caviglie, che s’insinuano a creare una condizione di disagio nell’osservatore. E che ritroviamo nell’espressione degli occhi dei piccoli protagonisti, unico barlume di vita in scenografie congelate nel tempo.
Poiché, come sostiene il curatore, “
anomalia e normalità suscitano un’antitetica fruizione dell’immagine insinuando il dubbio che, in particolari circostanze, un essere apparentemente inanimato possa emanare pulsioni vitali e, viceversa, che un essere vivente possa sembrarne privo”.