Sono 32 le opere di Fabio Bellotti, che resteranno esposte presso la Galleria Jannone di corso Garibaldi 125 fino al 18 marzo. Ritratti di donne realizzati negli ultimi tre anni, complice anche il Covid. Fabio Bellotti è stato un imprenditore tessile, fondatore della ditta “Rainbow”, e designer esperto nella creazione dei disegni su tessuti, conteso dai brand più importanti del mondo della moda (Armani, Valentino, Chanel, ecc.).
I suoi lavori sono apprezzati a tal punto che si trovano esposti in diversi importanti musei del mondo. Uomo curioso, affascinato dalla natura e dalla creatività ovunque essa si manifesti, dall’arte aborigena agli artisti delle diverse avanguardie, ha girato il mondo insieme alla moglie Daniela Morera, conoscendo e frequentando ambienti e personaggi, artisti, stilisti, fotografi, architetti, spesso fuori dagli schemi, fonte per lui di continua ispirazione.
Il titolo della mostra For your eyes only, che ricorda quello di un vecchio film dell’Agente 007, è in effetti un omaggio alla donna, più in particolare agli occhi delle donne, spalancati sul mistero che nascondono, siano esse principesse, zingare, ballerine, geishe, veneziane, giapponesi. O, addirittura, rifiutino di palesare il loro volto, come nei ritratti di spalle.
In realtà, si tratta di donne vere anche se «di fatto atemporali perché la vita l’hanno sempre vissuta, nel bene e nel male, in qualunque epoca», come suggerisce Daniela Morera nella sua puntuale presentazione.
Nelle opere di Bellotti emerge con chiarezza la sua esperienza di designer di tessuti. Il tratto netto e deciso, carico di senso, quasi apodittico, è quello di chi valuta con un colpo d’occhio proporzioni ed effetti di un’opera che occupa uno spazio preciso (usa tele che misurano tutte un metro per un metro), che in qualche modo deve fare emergere da campiture di colore uniformi (dorate, giallo, azzurro, nero, ecc.), un soggetto, il volto di donna, sempre semplice, elementare, di facile decifrabilità, quasi immaginando che la tela non resti sempre tesa come quella di un quadro ma possa essere mossa, agitata come quella di un abito o di un foulard indossato.
Che ci sia in Bellotti qualche influsso dell’espressionismo tedesco, inoltre, è innegabile. Lo ha ammesso lui stesso quando glielo abbiamo chiesto. Un quadro in particolare, intitolato Madame Helene von Jawlensky, è il suo omaggio ai ritratti dell’artista russo, naturalizzato tedesco, Alexej von Jawlensky. In Bellotti, è vero, manca quella carica di pathos mistico- spiritualista presente nel pittore del secolo scorso, ma la forza espressiva di una femminilità superba e austera non viene minimamente inficiata. Ecco, il motivo della definizione che mi sono permesso di dare delle sue opere: «icone laiche».
I titoli delle opere di Bellotti non sono banali, svolgono una loro funzione importante e sarebbe opportuno che i visitatori potessero conoscerli, ammirando le sue opere. Forniscono, infatti, coordinate utili e spesso imprevedibili per andare a fondo alla sua visione della realtà, decisamente più complessa di quanto può apparire a uno sguardo superficiale. Ecco perché ci pare riduttivo parlare di arte brut o naïve per le opere di Bellotti.
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