Categorie: Mostre

L’enigma delle mani: Pinturicchio e la Fondazione Giordano, Perugia

di - 12 Dicembre 2022

La parte per il tutto. Il Bambin Gesù delle Mani del Pinturicchio è un dipinto che raffigura un Gesù Bambino benedicente tra mani sconosciute: le persone non compaiono nell’opera. Per questo è sempre stata avvolta dal mistero: di chi sono le mani che lo sostengono? Di chi è quella che tocca il piede? Molti storici dell’arte e non solo si sono interrogati su questo dipinto. Un enigma che è stato svelato molti secoli dopo: il quadro è una parte di un affresco vaticano del Pinturicchio raffigurante la Madonna con il Bambino con le fattezze di Giulia Farnese, giovanissima favorita del papa Alessandro VI Borgia, qui in ginocchio a pregare, che era stato dipinto negli appartamenti Borgia e in seguito misteriosamente scomparso. La Fondazione Guglielmo Giordano a Perugia, che ora conserva questa parte dell’affresco di Bernardino di Betto (Pinturicchio), Il Bambin Gesù delle Mani ha contribuito allo studio, al restauro e alla conservazione. Un’opera che era stata trovata da un antiquario e che sì è arrivati a conoscerne a fondo dopo circa venti anni di studi, ricerche, grazie al professor Ivan Nucciarelli, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, e ad Andrea Margaritelli, e presidente della Fondazione Guglielmo Giordano e brand manager di Listone Giordano. Ora si può vedere in mostre organizzate in giro per il mondo e anche nella sede della Fondazione a Perugia, a Villa Spinola, insieme ad altri tesori. D’altra parte, l’intento dalla sua nascita è quella di «promuovere la diffusione dell’arte e della cultura in ogni sua forma rifiutando il concetto di arte come qualcosa di privato e spingendo perché il sapere sia alla portata di tutti», spiegano alla Fondazione.

La sede della Fondazione Guglielmo Giordano a Perugia

Cerchiamo ora di fare la storia dell’enigma. L’opera completa era un affresco nell’appartamento di uno dei papi più controversi della storia, Alessandro VI Borgia negli immediatamente successivi al 1492. La donna protagonista è Giulia, malignamente soprannominata “sponsa Christi” di cui il papa si innamorò quando lei era giovanissima e a cui lei si concesse. Ma come si è arrivati a capire che Il Bambin Gesù delle Mani era parte di quell’affresco che è poi misteriosamente scomparso? È una storia che attraversa i secoli. La prima voce che racconta dell’esistenza dell’opera completa è quella di Giorgio Vasari che nelle sue Vite, a proposito degli impegni vaticani del Pinturicchio (Bernardino di Betto), ricorda: «ritrasse sopra la porta di una camera [degli Appartamenti Borgia in Vaticano] la signora Giulia Farnese per il volto di una Nostra Donna e, nel medesimo quadro la testa d’esso papa Alessandro che l’adora». Era una affermazione “trasgressiva” tanto che senza oggettivi elementi di riscontro, per secoli fu ritenuta inattendibile. Oggi sappiamo invece che la testimonianza di Vasari, non è l’unica ed è confermata da documenti. A partire dalla cronaca cinquecentesca di Stefano Infessura, e dal carteggio ai primi del Seicento dal duca di Mantova, Francesco IV Gonzaga con il suo legato a Roma, che svela una parte di mistero. Francesco Gonzaga, infatti, avendo saputo del dipinto dove Giulia Farnese compariva vicino al papa Alessandro VI Borgia in ginocchio e ritratta nei panni della Vergine Maria, lo trovò un buon modo per mettere in discredito la famiglia Farnese sua avversaria. (Grazie all’intercessione di Giulia, suo fratello Alessandro Farnese poté essere nominato cardinale, e poi papa con il nome di Paolo III. E da qui l’ascesa e affermazione del casato presso le più importanti corti europee).

Il Bambin Gesù delle amni di Pinturicchio conservato alla Fondazione Guglielmo Giordano di Perugia

Così Francesco IV Gonzaga, incaricò il pittore mantovano Pietro Facchetti di realizzarne una copia che si introdusse negli appartamenti vaticani, e riuscì a riprodurlo su una tela, che rimarrà per secoli la prima e unica testimonianza che il dipinto ci fosse stato. Ma fino al 1655, anno in cui sale al soglio pontificio Fabio Chigi assumendo il titolo di Alessandro VII, l’affresco c’era ancora ed era intero. Ma fu una delle prime vittime illustri delle “damnatio memoriae” del Papa Borgia, che Alessandro VII viene distaccato e frammentato. Così nei secoli successivi dell’opera non si ebbe più notizia. «Nel 1940, la principessa Eleonora Chigi Albani della Rovere e suo figlio Giovanni Incisa della Rocchetta, appassionato storico dell’arte, invitati a visitare il palazzo di una famiglia patrizia mantovana, improvvisamente si trovano di fronte alla favoleggiata tela di Facchetti», conclude Andrea Margaritelli. «Solo grazie all’irripetibile coincidenza di aver riunite in una sola persona memoria storica familiare e specifiche competenze artistiche, Giovanni Incisa della Rocchetta si ritrova improvvisamente in mano le chiavi per risolvere questo intricato giallo storico. Ai suoi occhi appare finalmente chiaro che i due dipinti raffiguranti un Gesù bambino benedicente e un volto di Madonna da secoli in possesso della sua famiglia, ma di provenienza mai individuata – sono proprio le parti superstiti del leggendario affresco realizzato dal Pinturicchio per le stanze vaticane: la stessa scena segnalata, senza essere creduti, da Vasari ed altre fonti antiche!».

Il Bambin Gesù delle amni di Pinturicchio conservato alla Fondazione Guglielmo Giordano di Perugia

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