Categorie: Mostre

La penultima parola di Claudia De Luca in mostra a Venezia

di - 16 Gennaio 2024

«Sdraiarsi non è mai la fine, l’ultima parola, è la penultima, e si rischia di essere abbastanza riposati, se non per alzarsi, almeno per girarsi o strisciare. […] Ma la sfinitezza non si lascia sdraiare e, a notte fatta, resta seduta al suo tavolo, testa svuotata su mani prigioniere» (Gilles Deleuze)

La penultima parola, curata da Lucrezia Caliani da artespaziotempo, è un’esplorazione delle connessioni tra il pensiero filosofico e l’arte di Claudia De Luca. La citazione di Gilles Deleuze, tratta da L’esausto del 1992, anticipa la riflessione dell’artista, introducendo il concetto di penultimità e constatando che ciò che sembra definitivo è, in realtà, la penultima parola. Attraverso una ventina di opere, l’artista sfida le convenzioni predefinite, invitando gli osservatori a indagare tracce e cicatrici intrinseche nella materia e nella percezione umana per riconnettersi con la propria essenza autentica.

Claudia De Luca, Stratificare

La pratica multidisciplinare di Claudia De Luca, artista e docente di storia e filosofia, si articola secondo i concetti di stratificazione e sottrazione, distinguendosi per la convergenza nell’arte di una filosofia in divenire con un uso sapiente di materiali naturali, tra cui cera, pigmenti, tessuti e legno. Nell’occasione di questa mostra, il percorso espositivo è concepito dall’artista e dalla curatrice come un processo di scoperta di sé, che, attraverso fulminei squarci di luce e colore nelle opere, suggerisce di andare oltre alla superficie pittorica per rompere gli schemi e aprirsi a un ascolto emotivo più profondo.

Quale verità è assoluta? La realtà non è piuttosto un fatto di prospettive? Le domande che innescano un effetto domino rivelando il sistema “sotterraneo” dell’artista poliedrica, dove i segnali, diramandosi come radici secondo un andamento rizomatico, collegano verità invisibili in un piano orizzontale. Si tratta di una realtà in cui il confine tra ciò che crediamo di vedere e ciò che invece sentiamo si assottiglia fino a diventare labile e soffuso, e dove osservare implica accogliere la propria percezione.

Claudia De Luca, Sulla soglia

L’animo anticonformista che esorta alla ricerca dell’io trova la sua origine nell’imperfezione della natura umana. Le opere di Claudia De Luca, infatti, alimentano un’inesauribile catarsi antropica e materica di consapevolezza, proiettando l’osservatore in un vortice in cui esso si genera e rigenera continuamente. Il percorso della mostra, studiato secondo un ordine tematico e cronologico, fonde i sintomi pittorici alle pareti della galleria, assorbendo l’energia della dimensione terrena in cui l’artista dà non solo corpo al pensiero, ma anche pensiero al corpo.

Il significato implicito alle opere provoca la soglia tra verità e finzione, sogno e veglia, dilatando il volume antropico in un presente ibrido e proteiforme. Il limite tra l’essere umano e la sua identità, così come tra materia e segno pittorico, si dissolve, annullando ogni riferimento spaziale e temporale. I confini delle opere adagiate sulle pareti più antiche si identificano con lo sfondo, stimolando una riflessione sul concetto di identità, la cui indole illusoria viene rivelata dalla pratica artistica di Claudia De Luca.

Claudia De Luca, Vortici

La concezione tradizionale di unitarietà e stabilità viene messa in discussione alla luce di un’assuefazione alla convulsione che rende gli individui “alienati e frammentati”. In opere come Female blues, i tratti identitari sfumano, suggerendo una ricerca personale della bellezza interiore e riconsiderando il concetto di persona e maschera. Inoltre, con le opere Siparium 1 e Siparium 2, l’artista apre una finestra sul mondo onirico del teatro, utilizzando il simbolo di un velo che copre gli occhi, nascondendo la realtà dietro la finzione. Un mondo “altro”, eterotopico, in cui l’osservatore è indotto a superare il sipario, considerato un concetto in divenire come la materia stessa.

La serie di sfondi nero pece, Ouverture, Costellazione, Carsico e Vortici, rivela l’illusione di monotonia attraverso lacerazioni della superficie, rompendo lo schema nero monocromatico. Queste opere, attraverso piccole rotture e fondi di colore, suggeriscono una ricerca continua di nuove visioni, evidenziando la capacità dei vortici di sradicare, deformare e alterare l’apparenza delle cose.

Claudia De Luca, Female blues

Claudia De Luca, tramite opere come la serie Stratificare con l’utilizzo della tarlatana senza cornice, promuove la totale mancanza di definizione e sfida i concetti di limite e soglia, riflettendo sulla natura instabile e indefinibile dell’essere umano in costante mutamento. La tarlatana, modellata con acqua e cera, diventa un simbolo organico e materico del corpo nel suo rapporto con l’alterità. Le imperfezioni e le discontinuità nella trama di questo tessuto rappresentano l’esistenza fratturata, segnata dall’alternarsi di dolori e cure in cui l’uomo oscilla. Per l’artista, la tarlatana diventa un elemento di cura e conforto, avvolgendo il supporto come una benda delicata.

L’uso di questo materiale trasforma il percorso espositivo in un processo di guarigione e scoperta di sé, culminando nell’opera finale, La penultima parola, un luogo senza confini che invita a riconsiderare ciò che diamo per scontato. Questa “anatomia geografica onirica e visionaria” rappresenta “un corpo metamorfico che, nella quiete, respira e riposa”, simboleggiando la calma dopo la tempesta e la possibilità di sedersi dopo la fatica, ma rimanendo sempre e instancabilmente il penultimo gesto, la penultima parola.

Claudia De Luca, Siparium. Arte Spazio Tempo, Venezia

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