Maurizio Bertinetti, Pop (The Chapel) Up, installation view at Galleria Tommaso Calabro, Venezia, 2025. Photo Silvia Longhi. Courtesy Tommaso Calabro
Alla vigilia del cinquantesimo anniversario della morte dell’artista, Tommaso Calabro Gallery celebra, in una mostra dal sapore museale, l’opera sorprendente e variegata di Man Ray (Philadelphia, 1890 – Parigi, 1976), figura anomala e al tempo stesso centrale del modernismo, della fotografia e del Surrealismo.
Sono più di quaranta le opere qui presentate, tra dipinti, assemblages, gouaches, grafiche e le sue celebri rayografie, che vengono così descritte nel dizionario del Surrealismo del 1938: «Fotografia ottenuta per semplice interposizione dell’oggetto fra la carta sensibile e la fonte luminosa. Colte nei momenti di distacco visivo, durante periodi di contatto emozionale, queste immagini sono ossidazioni di desideri fissati dalla luce e dalla chimica, organismi viventi».
In quest’ampia selezione si notano opere storiche di grande rilievo: la Venus restaurée, ad esempio —un busto in gesso, avvolto in corde che richiamano la pratica del bondage— e Cadeau, il ferro da stiro impossibile da utilizzare perché chiodato. Ma è già all’inizio del percorso che si impone una chiave di lettura trasversale, con il Monument au peintre inconnu, ovvero il monumento al pittore sconosciuto, costituito da un lungo bastone da croupier in bronzo, a sottolineare come siano in primo luogo la fortuna e il destino a imporre lo scarto tra celebrità e invisibilità.
E poi ancora, i giochi di parole e gli enigmi mentali sono innumerevoli: pesche che diventano paesaggi, scacchiere dalle enormi pedine, la fotografia di un occhio sul pendolo del metronomo… Per Man Ray tutto può essere decostruito, diventare un rebus, ma non c’è superficialità in questo: nel suo lavoro si legge una comprensione del desiderio —carnale, intellettuale e di permanenza— a cui pochi altri artisti sono giunti nel corso della loro carriera.
In ogni caso, è la sua caratteristica iconoclastia —intesa non solo come distruzione, ma anche come reinvenzione dell’immagine— che può essere interpretata come punto in comune e filo d’unione tra questa sofisticata retrospettiva e la piccola e intima esposizione che la galleria presenta al piano terra, nella cappella del palazzo e nel suo ingresso esterno. Parte del programma Pop (The Chapel) Up, la mostra presenta un ristretto numero di opere di Maurizio Bertinetti (Torino, 1955).
Bertinetti attinge al passato e ai tratti distintivi delle grandi correnti artistiche e delle celebri personalità delle storia dell’arte per costruire quella che potremo definire un’anti-grammatica, che con ironia mette in luce i limiti della vita contemporanea. Un topolino che sembra aver ben pocansimpatia per Cattelan, uno specchio che che ci restituisce il narcisismo della nostra epoca, un neon che recita «I collezionisti sono persone felici»: sono queste alcune delle opere qui presentate, a dimostrare come Bertinetti ami produrre enigmi e sovvertire codici.
Come Jan Fabre che danza sulle lapidi dei suoi autori preferiti, Bertinetti danza tra i relitti simbolici della storia dell’arte. Si potrebbe definire un situazionista postmoderno, che con le se opere mette in crisi le retoriche dominanti del sistema dell’arte: ogni oggetto si pone sulla linea di confine tra reliquia e sabotaggio, tra esorcismo e commento ironico.
Così, il dialogo tra Man Ray e Bertinetti diventa più di un confronto tra generazioni: è una riflessione sul destino dell’immagine, sul valore della trasgressione come gesto costruttivo, e sull’arte come pratica capace di mettere in discussione la grammatica del mondo.
A Roma, da FOROF, la performance inedita "TUTTO STUCCO" idata dal collettivo viennese Gelitin/Gelatin ha chiuso la IV Stagione Nimbus…
Stromboli si accende con la prima edizione di Vulcana: quattro giorni di linguaggi contemporanei diffusi in vari luoghi dell’isola, tra…
Tra corpi che resistono e storie che interrogano, la 55esima edizione del festival trasforma la scena in uno spazio politico,…
Liminal, la personale di Filippo Berta curata da Lu Zhao e Angel Moya Garcia, arriva in Cina, alla WU SPACE…
In un tempo sospeso tra l’atmosfera rilassata delle vacanze e la frenesia delle grandi fiere autunnali, c’è un luogo in…
L’estate di Centrale Fies inizia con una mostra collettiva sulla resistenza all’addomesticamento e un ricco programma di performance, concerti, workshop…