Categorie: Mostre

Narrazioni postumane e percezioni distorte alla Lusvardi Gallery di Milano

di - 20 Marzo 2024

Nuovi mondi che cercano una poetica precisa, in cui organico ed inorganico si intrecciano nella ricerca di un tempo futuro che aleggia costantemente attorno ai nostri occhi increduli. Percezioni visive raccolte in narratologie inesperte, acerbità di significato che mostrano uno sforzo immenso nella ricerca della forma. Perché l’arte è immediata, mentre il sistema di significato da cui è corroborata è tremendamente complesso.

Di fatto, ci si potrebbe chiedere cosa affronta un giovane artista quando cerca di vivere alla ricerca del significato. Forse cerca nella realtà di unire i tasselli di un mosaico intricato, forse di definire nuove architetture di significato sulla base di ciò che è esistente. Alla Lusvardi Gallery di Milano, un esperimento incuriosisce e suscita diverse aperture e altrettante cesure rispetto ad un pensiero, forse desueto, precedente. Visitabile fino al 14 marzo, Uroboros, ił titolo della mostra curata da Giovanni Lo Castro, membro, insieme a Francesco Canali e Silvio Giammaerco, di Etere. Un progetto articolato che ritrova la sua matrice, e forse qui non c’è niente di nuovo, nell’immaginario postumano i cui confini sono stati marcati da David Cronenberg.

Veduta della mostra Uroboros alla Lusvardy Gallery con le opere di Lorenzo Conforti, Il varco dei capricci (2023), 190x140cm, olio e vernice spray su tela, e Il nostro bisogno di consolazione (2024), 30x24cm, olio e vernice spray su tela. Giuseppe Salis, Natura morta con spine (2023), 40x30cm, acrilico su tela. Crediti: Lusvardi Gallery

Il regista canadese crea ibridazioni inaspettate, riflette sulle emergenze paradigmatiche di un presente costellato da discronie, disarmonie, disordini e cataclismi concettuali. I luoghi della galleria, in Corso Buenos Aires 45, vengono popolati da forme inquietanti, riflessioni sulla natura di un cambiamento chiaramente percepibile ma di cui forse non vogliamo renderci completamente conto. Le forme mutano, i confini si dissolvono labili; la stabilità appare una professione pre-post-umanista, in cui gli ideali e le certezze perdono la loro ragion d’essere nella ricerca di un significato profondo che ineffabile, appena sondato.

Katya Ohii e Etere, Nerea (2024), Uroboros Capsule, argento 925

Katya Ohii, Lorenzo Conforti, Giuseppe Salis e Gregorio Vignola dialogano con un contesto importante, forse sbagliato, in cui sono accolte nuove forme di vita nell’eco di un’indistinzione che appare eco dell’Illusione dell’immortalità di Jean Baudrillard. Forme metamorfiche accolgono una subcultura a cui gli artisti fanno un riferimento scrupoloso: grottesco e fiabesco, organicità ed inorganicità, pittura e graffissimo, arcaicità e dimensioni futuribili. Infine, il collettivo Etere, un progetto artistico che fonda la sua ricerca sull’alchimia: dall’argento inorganico all’esplorazione di pratiche differenti.

L’esposizione costruisce una narrazione transmediale in cui scultura, pittura, grafica e design cercano vicendevolmente un sostegno. Oltre il tempo, oltre lo spazio, oltre i canoni estetici della nostra contemporaneità declinante, questi esperimenti non si improvvisano in alcun modo ma riflettono sulla natura mutevole degli oggetti che creano. Gli anelli di Etere strutturano forme volubili, che si immergono nel flusso del tempo, attraversando epoche, cercando di appropriarsi di uno spazio difficile come il mercato dell’arte contemporanea.

Lorenzo Conforti, Il varco dei capricci (2023), 190x140cm, olio e vernice spray su tela. Crediti: Lusvardi Gallery

Far emergere una ricerca di questo genere senza apparire didascalici, e quanto certi artisti della New Media Art sono didascalici è di per sé evidente, è un’impresa forse prometeica, demiurgica: dare una forma oltre l’apparenza; donare una prospettiva trascendente in un universo di tecnica. L’uroboro, il faro lontano che cercano di raggiungere per poter approdare nella vastissima pianura del significato: un’immagine già di per sé conchiusa, che si arricchisce dell’iperinformatività del contemporaneo e dell’iperproduzione di immagini.

Veduta della mostra Uroboros alla Lusvardy Gallery con le opere di Gregorio Vignola, Unidentified Floating OBJ (2024), dimensioni variabili, Pla, acciaio e spago, e Unidentified Suspended OBJ (2022), 20x40x25cm, Pla e acciaio

Se la nostra società è dominata dalla diffusione di informazioni attraverso le immagini, che raramente possiedono la valenza poetica che potremmo aspettarci, questa collettiva ci permette di approfondire una ricerca che non è, in alcun modo, storicizzata, ma figlia di un paradigma.  Se, in qualche modo, l’utopia del significato è l’unica prassi virtuosa nell’atopia del presente, gli artisti coinvolti cercano il crollo, la caduta. La visione della scomparsa delle certezze effimere nell’informe, nel discreto. Un’incoerenza di fondo in cui questi artisti, ancora acerbi, buttano le loro radici. Un nuovo proto-movimento, che necessita dell’organizzazione metodica e scientifica di una figura che possa guidarli. Un comandante che possa spingere le potenzialità di giovani anarchici, negli spazi inesplorati della scomparsa della forma. E possiamo solo sperare che trovino lo spazio che meritano, in un universo di personalismi vari senza alcuna fondatezza.

Katya Ohii e Etere, Aetere (2024), Uroboros Capsule, argento 925

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