Piotr Uklanski, Faux Amis, Pinacoteca Agnelli Ph. Sebastiano Pellion di Persano
La collezione della Pinacoteca Agnelli di Torino è uno scrigno di opere significative della storia dell’arte antica e moderna. Dai paesaggi veneziani di Canaletto alle armoniose statue neoclassiche di Canova, dal post-impressionismo di Édouard Manet e l’estetica fauvista di Matisse all’impressionismo di Pierre-Auguste Renoir. Non mancano alcuni capolavori di Picasso, Modigliani, Gino Severini e Giacomo Balla.
Una collezione raffinata ed elegante che negli ultimi anni è stata letta e interpretata da alcuni dei più influenti artisti contemporanei attraverso il progetto Beyond the Collection. Nel corso delle sue edizioni, dal 2022 ad oggi, sono stati realizzati dialoghi tra Pablo Picasso e Dora Maar, Tiepolo e Simon Starling, Lucy McKenzie e Antonio Canova. Con Piotr Uklański (Varsavia, Polonia, 1968) il discorso si estende a più interlocutori, coinvolgendo le opere di Canova, Renoir, Manet, Matisse e Bellotto. Inoltre, a differenza delle precedenti, la mostra si diffonde al di fuori della pinacoteca, raggiungendo il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti” e il Museo di Anatomia Umana “Luigi Rolando”. Untitled (Dance Floor, 1996) è l’opera centrale della mostra Piotr Uklański. Faux Amis. Una delle sale espositive dell’ultimo piano della Pinacoteca è trasformata in una pista da ballo. Al centro, le ballerine di Canova sono avvolte in un turbinio psichedelico di luci, colori e musica trap. Il pavimento luminoso geometrico e i bagliori intermittenti della sala contribuiscono a rendere l’atmosfera pop surreale. I brani da palazzetto si alternano con la musica classica, e le danzatrici sembrano animare gioiosamente lo spazio. Fondendo i confini tra classico e contemporaneo, tra cultura d’èlite e popolare, Piotr Uklański è in grado di spettacolarizzare le sculture, in un dialogo continuo con la storia dell’arte.
Gli spettatori sono invitati nella pista, completando l’opera. Il progetto segue l’approccio artistico di estetica relazionale teorizzato da Nicolas Bourriaud (1965) negli anni Novanta. L’installazione è partecipativa e le danzatrici di Canova si relazionano con lo spettatore, tête-à-tête. L’esperienza si trasforma in un momento di intimità condivisa, quasi rievocando una festa dove l’arte diventa una celebrazione corale.
Piotr Uklański definisce la sua pratica una sorta di cannibalismo storico-artistico, dimostrando come tutta l’arte sia in qualche modo connessa. Le nuove idee sono frutto dell’assimilazione di quelle vecchie, in un continuo rinnovamento ed evoluzione della pratica artistica, perennemente influenzata dal passato. Attraverso pittura, fotografia e installazione, in una stratificazione storica e concettuale, Piotr Uklański valorizza la memoria storica con la visione contemporanea, in una pratica di rinnovamento che offre un’audace interpretazione della collezione rivalorizzandone l’importanza storica senza sminuirne l’aura aulica.
La mostra continua, rivelando la fervida visione critica dell’artista polacco secondo il quale ogni opera d’arte viene interpretata in chiave politica e culturale attraverso il momento storico in cui vive l’osservatore. Così contrappone la sua opera Untitled (Eastern Promises X) alla tela Méditation – Après le bain (1920) di Henri Matisse, riflettendo sulla simbologia del turbante e del suo stereotipo. Se per Matisse la donna con il turbante rifletteva un momento intimo di cura personale, lo stesso dipinto, una volta contrapposto al quadro di Uklański, diventa testimone di duecento anni di conflitti tra il Regno di Polonia e Impero Ottomano.
Sempre con sguardo indagatore, Uklański confronta il suo dipinto dedicato alla modella giamaicana Fanny Eaton a La Négresse (1862) di Édouard Manet. Con questa scelta artistica quanto curatoriale, affronta la questione del colonialismo, utilizzando la pratica contemporanea per “smascherare” la realtà della storia. La sua opera, parte della serie Suicide Stunners (2020) dedicata alle donne, muse e modelle dei Preraffaelliti del XIX secolo, è ispirata al disegno preparatorio di Frederick Sandys, realizzato anch’esso nel 1862, così come il quadro di Manet. Nel quadro definitivo, Fanny Eaton è mistificata nel ruolo mitologico di una Fata Morgana caucasica, alterata dai suoi connotati caratteristici. Uklański afferma la sua vera identità, smascherando la storia e ridandole giustizia.
La pratica di Piotr Uklański offre un’interpretazione libera dalla rigidità spesso imposta dalla storia. La sua visione apre nuove possibilità di lettura ed esplorazione della collezione da un punto di vista contemporaneo, sfidando la consueta concezione aulica. Scavando nella Storia, l’artista crea intrecci con la nostra epoca e dona alle opere un valore aggiunto.
Il suo particolare e acuto modo di osservare trova piena espressione simbolica nell’organo dell’occhio. Per l’artista, questa parte del corpo è unione del fisico con il metafisico. Uno studio approfondito dell’occhio, decontestualizzato dalla sua normale e fisiologica funzione, lo trasporta in una dimensione surreale. Seguendo le suggestioni di Bataille, Man Ray e Luis Buñuel, Uklański realizza delle sculture con tessuti tinti a mano, riportando la sua pratica alla neo-avanguardia polacca. Le opere, collocate all’interno del Museo di Anatomia Umana “Luigi Rolando” sono anche una critica alla sensazione di controllo. Con questi lavori, Piotr Uklański si fa portavoce di un pensiero articolato, che si sviluppa in maniera concettuale attraverso la pratica visiva, sfidando la stessa definizione di arte.
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