Dâestate le istituzioni di cittĂ chiudono bottega. Ă questo il momento in cui lâofferta musicale si trasferisce altrove, in provincia o nei luoghi di vacanza. Festival importanti piuttosto che rassegne a tema in contesti dâinteresse storico o naturalistico, iniziative molto belle magari realizzate in economia: si può trovare di tutto. Emulando gli scrittori-viaggiatori dâun tempo (senza tirare in ballo Charles Burney, e tantomeno Goethe e Stendhal, penso solo a Piovene o Soldati), mi son messo a girare un poco quella provincia, soprattutto quella padana, che sembra a volte sonnecchiare e invece si sforza a modo suo di combattere una crisi (economica e di valori insieme) che pare infinita. Ne ho acchiappate, di queste rassegne, un paio anche in tarda primavera: momenti liminari di un calendario âurbanoâ o, se si preferisce, anteprima di torride summernight. Eccoci allora il 27 maggio allâultimo concerto di Cremona Jazz, protagonista Carla Bley (nella foto in alto), pianista, icona vivente nellâessenzialitĂ del suo trio con il sax di Andy Sheppard e il basso di Steve Swallow, ospiti delle sensuali curve architettoniche con promessa di acustica impeccabile dellâAuditorium Giovanni Arvedi. Si sa, il Jazz un poâ di amplificazione ce la mette, quindi la seduzione del corpo ligneo da ascoltare in purezza la si vivrĂ unâaltra volta. Ciò che invece non si dimentica di quella serata è lâincontro con una personalitĂ musicale capace di manifestare con la lingua del Jazz un pensiero compositivo di alta fattura, attraverso il suo strumento e le dita nodose di una filiforme figurina di ottantâanni che non producono virtuosismi ma echi, prosciugati dâogni retorica, di cupe habanere, di passi da Porgy & Bess, di danze nuziali e barcarole di Mendelssohn. Un incontro con la parte piĂš bella dellâumanitĂ statunitense ferita dalla volgaritĂ , ma non per questo umiliata. Ad esempio Beautiful telephones, âdedicatoâ a Donald Trump, è un pezzo tremendamente politico: acre sentore di disincanto mischiato a raffinata ironia di citazioni âStars & Stripesâ. Straordinario.
Grigory Sokolov a Brescia
Da Cremona a Bergamo, ovvero da una grande compositrice jazz che suona il pianoforte a un grande pianista che incanta con i sacri testi del repertorio classico. Il russo Grigory Sokolov è inarrivabile per precisione di tocco, ricchezza di timbri e poesia: temi sufficienti per tentare di accostarne il magistero a quello di Arturo Benedetti Michelangeli. Al Festival Pianistico Internazionale un tempo intitolato al leggendario pianista bresciano Sokolov è passato il 29 maggio, confermando le sue prerogative artistiche con un programma che usava con intelligenza il do maggiore e le sue tonalitĂ vicine come passepartout di un percorso fra sonate e fantasie mozartiane e beethoveniane. Il buio quasi assoluto del Teatro Donizetti riportava la memoria alle magiche atmosfere create da un altro grandissimo russo, Sviatoslav Richter, e il pubblico, soggiogato dalla magia di quellâambiente dâascolto, ha mantenuto unâattenzione tesa e costante, giunta al massimo nel momento del gioco perlato, reso magistralmente con parco uso del pedale, delle ultime variazioni dellâArietta dalla Sonata op. 111, testamento sonatistico beethoveniano e ultimo brano di un programma cui Sokolov ha aggiunto un copioso numero di encores, da Schumann a Brahms, Chopin e Scriabin.
Serate Musicali, Teatro Olimpico
Il 3 giugno a Vicenza il caldo ti spreme come un limone, ma quando varchi la soglia di un luogo incantato te ne dimentichi. Quando poi dopo aver accarezzato lâocchio, la musica incomincia a vellicare anche lâorecchio, allora in quel luogo ci vorresti stare per sempre.  Quella sera le Settimane Musicali al Teatro Olimpico, che avevano giĂ aperto con la farsa rossiniana La cambiale di matrimonio curata dal Direttore artistico Giovan Battista Rigon, inauguravano il cartellone cameristico con un concerto costruito sul tema âmusica-e-misteroâ. Molta Armenia, fra autori e interpreti, esperienza dâascolto âspiritualeâ, laica o religiosa che sia: nella prima parte John Taverner e Sofia Gubajdulina, questâultima con la cantata Sonnengesang su testo del Cantico di S. Francesco, brano fascinoso che richiede una particolare disposizione allâascolto. Guest star il grande violoncellista Mario Brunello, che lo ha presentato con la voce di Karina Oganjan e il Coro del Friuli diretto da Paolo Paroni. Ma ciò che quella sera ha mosso corpo e anima è stato in chiusura il consumarsi di un vero rito musicale: la versione della celebre Ciaccona di Bach per violino solo immersa nellâintonazione di passaggi da corali composti dallo stesso Bach per cantate ispirate alla morte, passaggi la cui sovrapposizione con il capolavoro violinistico è stata individuata anni fa dalla musicologa tedesca Helga Thoene. Il violino, straordinario per calore del suono e maestria interpretativa, era quello di Sonig Tchakerian. Musica di grande pregio e forte emozione, per un festival da seguire.
Vittoria sul Sole, Silvia Lelli
Lâestate 2017 è una belva feroce, e se vai a Ravenna, magari fra il 14 e il 15 giugno, allora hai deciso di finir dritto nelle sue fauci. Il vasto programma di
Ravenna Festival (della mostra âVuoto con memoriaâ al Mar sâè giĂ detto in un precedente passaggio
di questa rubrica) ha acceso un duplice focus sulla cultura russa. Il primo un omaggio ad Andrej Tarkovskij, con lâeccellente
Duo Gazzana â Natascia violino, Raffaella pianoforte â che ne ha evocato la figura e lâopera in un prezioso gioco di specchi: non a caso
Spiegel im Spiegel era il titolo di uno dei brani in programma, autore Arvo Pärt, estone e contemporaneo come Tþnu Kþrvits, del quale il duo ha presentato in prima assoluta la
Stalker Suite, ispirata proprio allâEstonia, location di quel film. E ancora Bach, musicista dâelezione di Tarkovskij, a far da filo rosso. Nel concerto del giorno successivo,
Nostalghia â In memoria Andrej Tarkovskij del giapponese Toru Takemitsu ripensa a un altro titolo del grande regista. Solista la celebrata violinista
Anne-Sophie Mutter, che ha reso con pathos ben calibrato questa pagina di forma impeccabile, accompagnata dallâOrchestre National de Lyon diretta da Leonard Slatkin.
Di nuovo a Ravenna il 21, per scoprire il secondo focus russo: Vittoria sul sole, esperimento di teatro cubofuturista in due Agimenti, sintesi artistica su testo gioiosamente nonsense di Aleksej Krucenych, musica âcacofonicaâ di Michail Matjusin, scene e costumi âalogiciâ di Kazimir Malevic che anticipano di due anni il capolavoro suprematista Quadrato nero (1915). Spettacolo singolare, che riesce solo in parte a proiettare unâimmagine nitida di quel che avvenne a Mosca quella sera del 1913. NĂŠ forse voleva essere nelle intenzioni del Teatro Stas Namin di Mosca che ha lavorato alla ricostruzione e allâattualizzazione, e a Ravenna ha presentato per la prima volta la piĂŠce fuori dalla Russia. Merito dellâeditore cosentino La mongolfiera aver pubblicato il testo originale con traduzione.
America music, Rebaudengo, Senese, Armocida, foto di Camilla Mastaglio
Primo week-end di luglio: la âbella stagioneâ ormai domina incontrastata. Noi intanto si prende il treno e si va a Colico, versante lecchese del Lago di Como, dove da tredici anni esiste il Festival Musica sullâacqua. Una splendida realtĂ , si può ben dire, fatta in casa. Direttore artistico è Francesco Senese, giovane violinista di talento coltivato con grandi maestri e grandi orchestre, anzitutto la âMozartâ fondata da Claudio Abbado. Giovanissima la sorella Benedetta, pianista, ma lâanima antica, musicista, didatta, fondatore della locale Scuola sperimentale di musica Roberto Goitre, è il loro padre Giorgio. Quando parlo con lui trovo una volta di piĂš conferma che se il presente è nei concerti, anche qui a Colico il futuro della musica passa dalla formazione e nella consapevolezza che la musica è parte sostanziale della vita, non optional per pochi eletti. Idee espresse con pacatezza e luciditĂ , senza la disperazione degli apocalittici, per un progetto perseguito (da trentâanni con la moglie Maria Chiara) con caparbietĂ , magari invitando da New York il mimo Tony Lopresti a montare ogni anno una produzione con i ragazzi, questâanno la versione originale della Suite The Planets di Gustav Holst, con un duo pianistico dâeccezione, Enrico Pace e Igor Roma. Suonano intanto Francesco e i suoi amici e colleghi, nomi di prestigio come Anton Dressler, Sara Mingardo, il disponibilissimo pianista Michail Lifits che pur essendo una stella internazionale (nel 2009 ha vinto il âBusoniâ di Bolzano), non si tira indietro quando gli si chiede di far musica su un âpianinoâ e nel brusio di una piazzetta. Lo fa con gli occhiali da sole sul naso, sfogliando la parte dal suo tablet poggiato sul leggĂŹo. Magnificamente, come aveva fatto la sera prima, nel concerto dâapertura presso il chiostro dellâAbbazia di Piona, una delle incantevoli location del festival, in unâesecuzione governata con sapienza e gusto del far musica insieme, dello schumanniano Quintetto op. 44, in compagnia di Verena-Maria Fitz, Simone Briatore, Christoph Morin, e naturalmente di Francesco Senese. Presente il grande direttore dâorchestra Bernard Haitink, 88 anni, a far da nume tutelare.
Restan da scrivere ancora due parole su un piccolo festival seguito a inizio agosto. Il Sesto Rocchi a San Polo dâEnza, sul confine fra le province di Parma e di Reggio Emilia, esiste da dieci anni e prima del terremoto del 2012 si teneva in una deliziosa pieve fuori paese. In attesa che torni presto agibile, la chiesa parrocchiale accoglie giovani musicisti che suonano e ascoltano i docenti con cui danno il senso della vita attraverso ciò che la vita offre loro di meraviglioso, la musica da camera. Il tutto sotto la cura appassionata del violista Antonello Farulli.
Lâestate ormai vede lo striscione dâarrivo. Fra condizionatori a palla, siccitĂ e incendi dolosi, didimi di grandine a distruggere coltivazioni e terremoti dâagosto a seminare dolore e mettere a nudo le magagne del Belpaese si fa il bilancio di un piccolo viaggio musicale in Padania nel frattempo intrapreso. ParrĂ straordinario, ma nonostante i tagli criminali e rigorosamente bipartisan degli italici governi alla cultura e a formazione e produzione musicale, quel che sâè visto e soprattutto ascoltato dimostra che con poche forze ma con competenza, passione e piena consapevolezza della necessitĂ di alimentare certi valori si riescono a fare gran belle cose.
E â a qualcuno sembrerĂ ancor piĂš straordinario â non solo in Padania ma anche nel Centro-Sud. Magari ne riparliamo la prossima estateâŚ
 Â
Luigi Abbate