Categorie: Opening

Gagosian a Roma compie dieci anni

di - 14 Dicembre 2017
Era il 15 dicembre 2007 quando Larry Gagosian, il gallerista californiano (di origine armena) che ha rivoluzionato il mercato dell’arte contemporanea con le sue scelte in un rapporto inscindibile di senso estetico e finanziario, apriva a Roma la sua settima galleria. Portando, così, nella Città Eterna un pezzetto di New York. Un accadimento per la capitale del Bel Paese, tradizionalmente ancorata sull’arte antica, sull’antiquariato, che ha contribuito non da poco alla sua s-provincializzazione, al rilancio del suo sistema privato dell’arte contemporanea, nonché alla catalizzazione di altre gallerie internazionali, che sono poi sopraggiunte. Al timone di questo spazio nel cuore di Roma, tra via Veneto e piazza di Spagna, di circa 750 metri quadrati all’interno di un palazzo del 1921, fin dall’apertura c’è Pepi Marchetti Franchi. Con un bilancio attivo alle spalle di ormai oltre 40 mostre, sempre ben ponderate, di alto profilo e sulle tendenze globali più rilevanti dell’arte di oggi. Nel “mitico” spazio ovale della galleria si sono alternati, infatti, da Cy Twombly a Cindy Sherman, da Anselm Kiefer a Damien Hirst, da Richard Serra a Giuseppe Penone, fino ai più giovani, come Davide Balula. E oggi, al compimento del decimo anno d’età dello spazio romano, di aggiunge Andreas Gursky. Classe 1955, nato a Leipzig, ex Germania Est. Esponente della Scuola di Düsseldorf. Salito agli onori della ribalta internazionale per un vero e proprio caso di mercato. Quando, un martedì notte del 2011, Christie’s aggiudicava a 4,3 milioni di dollari “Rhein II”, una monumentale fotografia del fiume Reno impressa su tre metri di lunghezza (decretandogli il podio delle foto più costose della storia, all’epoca la più cara in assoluto).
Già da allora (lo scatto era del 1999), quando fu convertito in digitale Gursky ha dimostrato che un fotografo può ideare e costruire, piuttosto che semplicemente fare foto del mondo contemporaneo, in questo caso rimuovendo gli elementi “di disturbo” (edifici e passanti), e realizzandola con la stessa scala della pittura monumentale. Dando, così, il proprio apporto, tutt’altro che residuale, all’affermazione della fotografia come compiuto linguaggio artistico, dai non trascurabili riflessi economici.
Un lungo e sottile fil rouge ci conduce fino al progetto espositivo che si inaugura oggi da Gagosian.
Con la serie dal titolo “Bangkok” (2011). Il fiume Reno, con il suo alveo orizzontale tra i prati verdi e sotto un cielo coperto, un angolo dove il fotografo tedesco spesso andava a correre, cede il passo al fiume Chao Phraya, che attraversa la capitale della Thailandia sfociando nel Golfo del Siam. Anche nelle fotografie di questa serie, l’artista immortala da vicino la superficie tremolante di un corso d’acqua, con le sue luminose increspature catturate in un’estesa struttura verticale, a suggerire gli effetti cromatici di una tela. Dove lo scatto diviene pittura. Anche nella sua stessa processualità ideativa. D’altronde «con l’introduzione del digitale – ha dichiarato lo stesso Gursky – non si può più dare una definizione univoca del termine “fotografia”. Quando ho iniziato il mio lavoro, sentivo che sarei stato sempre dipendente dal mondo materiale. Sembrava più interessante essere un pittore nel proprio studio, libero di decidere cosa fare, come sviluppare la composizione. Non sono un pittore, ma ora ho la stessa libertà».Tuttavia, questa bellezza formale evocata dall’artista conduce alla realtà tossica odierna, agli allarmi ambientali a cui molti (compresi gli italiani), infastiditi rivolgono altrove l’orecchio. Come i corsi d’acqua urbani in tutto il mondo, tra i quali anche il Tevere a Roma, il Chao Phraya attraverso l’obiettivo di Gursky rivela, infatti, le sue diverse nature: discarica per ogni tipo di rifiuto (preservativi usati, bottigliette, lattine, materassi, copertoni d’auto); crogiolo di squilibri naturali (pesci morti e la bella, ma devastante alga conosciuta come giacinto d’acqua); riflesso della città moderna in uno stato di flusso costante tra le più laceranti sperequazioni sociali. Nella monumentale serie “Ocean VI” (2010), che completa il percorso espositivo della personale romana, ancora una volta è protagonista l’acqua: questa volta attraverso una sua immagine satellitare, nella quale diventa un sublime e imperscrutabile vuoto. Forse una profezia, che ci auguriamo rimanga solo sulle superfici di Gursky. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Andreas Gursky, Bangkok II, 2011, Stampa a getto d’inchiostro Edizione 5/6, 307 x 227 x 6 cm (incorniciato), © Andreas Gursky / SIAE, Italia. Courtesy Gagosian
In homepage: Andreas Gursky, Bangkok IV, 2011, Stampa a getto d’inchiostro Edizione 5/6, 307 x 227 x 6 cm (incorniciato), © Andreas Gursky / SIAE, Italia. Courtesy Gagosian
INFO
Opening: ore 18.00
ANDREAS GURSKY. BANGKOK
dal 14 dicembre 2017 al 3 marzo 2018
Gagosian
via Francesco Crispi 16, Roma
www.gagosian.com

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