Categorie: opera

Antonietta Raphäel Mafai | Autoritratto con violino

di - 9 Febbraio 2004

Lo sfondo è invaso di verde screziato; il volto copre un’ampia superficie, coronato dai capelli compatti; il violino si fa spazio incuneandosi nel volto, senza essere rappresentato completamente.
Un incastro di linee curve e sinuose si riempie di toni verdi e bruni, il cui gioco di rimandi cromatici crea coerenza visiva. La bocca sottile fa da perno, al centro dell’opera. La composizione è costruita su uno spazio senza appigli prospettici, con lo sfondo privo di descrizioni d’ambiente. Gli oggetti si contorcono: il violino sembra piegarsi sotto la mano sinistra di Antonietta Raphäel (1895 – 1975).
L’artista si racconta tramite l’autoritratto, pur rinunciando ad ogni inflessione narrativa. Si rappresenta, infatti, mentre impugna un violino, strumento tanto significativo per la vita passata. Richiama la passione per la musica, che guida il suo percorso nel momento della formazione. Durante gli anni dieci è a Londra con la famiglia, trasferitasi qui dalla Lituania dopo la morte del padre, il rabbino Simone. In quel periodo “tutto mio tempo era dedicato a musica, io cantavo anche perché avevo bella voce e non potevo pensare a pittura”. Raphäel si diploma in pianoforte e dà lezioni di solfeggio. Quando decide di trasferirsi a Parigi, nel 1919, vende tutto ma conserva un violino.
Nella capitale francese si lascia affascinare dalla pittura degli artisti ebrei e dalle magie di Chagall, con i quali condivide le radici culturali. Quando Antonietta Raphäel approda a Roma, nel 1925, per frequentare la Scuola libera del nudo all’Accademia, non ha una preparazione pittorica; ma ha respirato le atmosfere di Russia, Inghilterra e Francia, tenendosi sempre in contatto con gli artisti e frequentando i musei. La sua irruenza autodidatta e la cultura figurativa appresa in modo non scolastico imprimono alle prime pitture una forza spesso invidiata dai compagni di strada, Mario Mafai (1902- 1965) e Scipione (1904 – 1933). Con loro Raphäel forma la Scuola di via Cavour, così battezzata da Roberto Longhi. Un sodalizio che vive tra il 1928 ed il 1929 e prende il nome dalla via in cui abitano Mafai e Raphäel, uniti da una lunga e travagliata relazione. L’autoritratto con violino appartiene a questi anni.
Leggiamo tra le pennellate i riferimenti culturali europei che abbiamo citato: il tono fiabesco di Marc Chagall, i colori dei Fauves, le linee sfatte di Chaïm Soutine. Ma soprattutto, come nota Fabrizio D’Amico, “la pienezza plastica saldissima e insieme allarmata” del Derain degli anni Venti. Questa piccola tavola, firmata e datata, ci racconta un’ Antonietta Raphäel immersa nella sfida della pittura, da cui sgorga una fonte spontanea, poco sottomessa alle regole accademiche ma intrisa di esperienze visive. Il linguaggio quasi espressionista non trova troppo riscontro nel clima novecentista che impera alla fine degli anni Venti. Raphäel infatti ha le prime occasioni espositive solo nel 1929, quando partecipa a tre collettive. Alla Mostra Sindacale Fascista di quell’anno l’artista cattura l’attenzione di Roberto Longhi, che scrive: “la pittura di Antoniette Raphäel (…) potrebbe rivelare i vagiti o la rapida crescenza di una sorellina di latte dello Chagall”. “Un’arte eccentrica e anarcoide che difficilmente potrebbe attecchire tra noi”.


biografia
Antonietta Raphäel nasce in Lituania nel 1885, anche se tenta spesso di post-datare la data: arriva a ritoccarla sul propria passaporto. La morte del padre, il rabbino Simone, sgretola la numerosa famiglia, che si trasferisce con la madre a Londra. Qui Antonietta coltiva la passione per la musica ed apre una scuola di solfeggio. Nel 1919, quando scompare la madre, si sposta a Parigi, dove incontra il mondo degli artisti. Si trasferisce a Roma nel 1925 per frequentare la scuola libera del nudo all’Accademia di Belle Arti. Qui conosce Mario Mafai e Scipione, con i quali inizia il sodalizio della Scuola di via Cavour. Dal 1930 al 1933 è di nuovo tra Londra e Parigi e si iscrive a corsi di scultura. Mentre in pittura i suoi tratti sono quasi espressionisti, i gessi e i bronzi si fanno più classici; suo modello è Aristide Maillol.
Nel 1933 si stabilisce definitivamente a Roma e si dedica intensamente alla scultura. Durante le persecuzioni antisemite, si trasferisce a Genova presso il collezionista Alberto della Ragione. Nel 1948 (e poi nel 1954) espone alla Biennale di Venezia, ma ottiene i primi importanti riconoscimenti nel 1952, anno in cui riceve un premio alla VI Quadriennale Romana ed ottiene una personale alla Galleria dello Zodiaco di Roma. Nella seconda metà degli anni Sessanta si dedica sempre di più alla scultura, realizzando la fusione in bronzo delle sue opere più impegnative. In questo periodo, inizia ad esporre all’estero. Muore nel 1975, all’età di ottant’anni.

bibliografia essenziale
R. LONGHI, Recensione della Prima Mostra del Sindacato Laziale Fascista degli Artisti, in “L’Italia letteraria”, 7 e 14 aprile 1929
Raphäel, scultura lingua viva, a cura di M. FAGIOLO, E. COEN, Roma, 1978
Antonietta Raphäel, cat mostra a cura di F. D’AMICO, Bologna, 1991
E.BROWN, Antonietta Raphäel, sculpture and painting, New York, 1995
La scuola romana nel Novecento, cat. mostra a cura di M. FAGIOLO DELL’ARCO, M. RIVOSECCHI, Milano, 2003

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La retrospettiva a Matera

link correlati
Il sito della Scuola Romana

Antonietta Raphäel Mafai
Autoritratto con violino , 1928
Olio su tavola, cm.52,3 x 53,5
Collezione privata

silvia bottinelli

progetto editoriale a cura di daniela bruni

[exibart]


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